Nella loro complessa e affascinante mitologia gli antichi Egizi, contrariamente alla maggior parte delle altre tradizioni, concepivano la terra come principio maschile e il cielo come principio femminile.
Il dio della terra era per gli Egizi Geb; la dea del cielo era Nut.
Nella cosmogonia eliopolitana (quella più diffusa) Geb e Nut erano entrambi figli di Shu, il dio dell’Aria, e di Tefnut, dea del caldo umido, e avevano dato origine a quattro figli: Osiride, Iside, Seth e Nefti.
Secondo la leggenda in origine Geb e Nut erano uniti, fino a quando il dio sole Ra, contrariato da questa unione, ordinò a Shu di dividerli, creando lo spazio tra cielo e terra. In quella circostanza Nut formò la volta celeste, sostenuta da Shu, il quale fu costretto a conservare per sempre quella posizione.
Nut è solitamente raffigurata come una donna nuda, spesso ricoperta di stelle, con le mani e i piedi a terra, inarcata su Geb, dal quale è tenuta lontana da Shu, che la sostiene; a volte si presenta anche come una vacca il cui grande corpo forma il cielo.
Nei dipinti è spesso rappresentata con un vaso sulla testa, presente anche nel geroglifico del suo nome.
Secondo la tradizione il dio Sole compiva durante il giorno il suo viaggio sotto il corpo della dea, per essere da lei inghiottito al tramonto, attraversarne il corpo durante la notte e quindi rinascere all’alba.
Per gli Egizi questo principio della rinascita quotidiana della vita dal corpo di una dea madre, identificata nel cielo, riproduceva il ciclo vita-morte-rinascita osservabile in natura.
Geb è generalmente raffigurato sdraiato sul dorso, con il corpo nudo.
La sua pelle è spesso verde, a indicare il suo ruolo di dio della fertilità e della vegetazione, o nera, come il colore della terra fertile del Nilo.
Geb viene anche rappresentato come uomo barbuto, con l’emblema di un’oca sulla testa, presente anche nel geroglifico del suo nome.
Gli Egizi, infatti, lo chiamavano anche “il grande starnazzatore” e ritenevano che fosse la sua risata a provocare i terremoti.