Nella società etrusca la donna, diversamente dalla donna greca e in parte dalla donna romana, aveva una posizione privilegiata e quasi paritaria rispetto all’uomo. Lungi dall’essere relegata alle attività domestiche, godeva di notevole considerazione e libertà, soprattutto nelle famiglie più agiate.
Aveva diritto a un proprio nome completo, manteneva il suo patronimico (cioè il nome paterno) una volta sposata e poteva trasmettere il proprio cognome ai figli.
Sapeva inoltre leggere e scrivere, poteva avere schiavi ed essere titolare di attività produttive.
La donna, specialmente tra i ceti più elevati, prendeva parte ai banchetti sdraiata su confortevoli divani accanto al marito o seduta su un trono a fianco della kline (il letto), e brindava assieme agli ospiti.
Presenziava inoltre alle cerimonie pubbliche, assisteva agli spettacoli, alle danze e alle gare sportive.
All’interno delle mura domestiche la donna si dedicava ad attività di tessitura e filatura e, nel periodo più antico della civiltà etrusca, alla fabbricazione dei vasi da usare in casa – attività poi passata, dall’VIII sec. a.C. in poi, ad artigiani specializzati.
Nella vita di tutti i giorni prendeva parte insieme al marito alla gestione della casa e all’amministrazione delle questioni familiari.
Le donne, specialmente quelle delle classi più abbienti, vestivano con eleganza e ricercatezza.
Il caratteristico abito femminile era la cosiddetta tebenna, un’ampia tunica in lino leggero con due lembi ricadenti in avanti, talvolta rifiniti con un raffinato drappeggio. Sulla tunica era poi solitamente posto un mantello lavorato in vari tessuti.
Completavano l’abbigliamento dei nastri, che trattenevano la veste ai fianchi, e delle fibule, utilizzate per fermare gli indumenti sulle spalle.
Il ruolo privilegiato delle donne etrusche è testimoniato anche dalla cura che esse avevano per la propria bellezza. Potevano disporre di oli e profumi per il corpo, prevalentemente importati dall’Oriente e dal bacino egeo, acconciavano i capelli con fermacapelli e altri oggetti di ornamento, avevano un nutrito corredo da toeletta composto da specchi, pettini, spilloni, nettaunghie.
Si agghindavano con fermagli, collane e orecchini in oro di raffinata fattura.