Architettura ai tempi di Augusto: dai mattoni al marmo
Durante il suo principato (31 a.C.-14 d.C.), Ottaviano Augusto si adoperò in un’opera di totale rinnovamento dell’assetto urbano; lavori pubblici che impegnarono per decenni masse di artisti e operai.
Alla costruzione di nuovi edifici si affiancò un restauro estetico della città: furono ristrutturati interi quartieri e un piano regolatore stabilì l’altezza degli edifici privati, per dare un senso di ordine e armonia all’intera Urbe.
Inoltre, perché il potere del principe si manifestasse in tutta la sua magnificenza, anche altre città dell’impero furono abbellite con monumenti e dotate di edifici di pubblica utilità, come cinta di mura, vie porticate in cui si svolgevano attività commerciali, teatri e anfiteatri, terme e acquedotti.
Sul colle Palatino, dove Romolo aveva costruito il primo nucleo della città, proprio sul luogo dove sorgeva un’antica capanna che si diceva fosse l’abitazione di Romolo, Augusto edificò la propria dimora, un palazzo modesto ma adibito in parte a funzione pubblica: ospitava infatti al suo interno un tempio di Vesta con il sacro fuoco sempre acceso. Era il segno che Augusto intendeva presentarsi come il nuovo fondatore di Roma, restauratore di quella semplicità primitiva che si manifestava nella modestia della sua casa e del suo modo di vivere, come nella capanna di Romolo. Il popolo di Roma finì con l’identificare il Palatino, Palatium in latino, con la dimora del principe, che fu chiamata appunto “palazzo” e divenne il primo dei palazzi imperiali.
Accanto al palazzo, Augusto fece costruire un tempio ad Apollo e accanto a questo due biblioteche, una greca e l’altra romana, perché Roma potesse finalmente competere con le grandi città della cultura famose per le loro biblioteche, Alessandria e Pergamo.
Nell’ampia pianura semiperiferica del Campo Marzio, presso la riva del Tevere, dove un tempo si passava in rassegna l’esercito e ora si esercitavano i giovani nello sport, il principe edificò il grandioso Mausoleo destinato ad accogliere le sue ceneri e quelle dei suoi familiari e amici. Il monumento riprendeva la tradizione dei tumuli etruschi.
Poco lontano dal Campo Marzio sorse la famosa Ara Pacis; il monumento venne costruito con lo stile più idoneo a rappresentare l’equilibrio e l’ordine raggiunti, ma anche l’antica sobrietà romana cui aspirava la restaurazione augustea, di contro all’arte ellenistica – all’epoca dominante – carica di dramma e di intense passioni.
Per celebrare anche personaggi della propria famiglia, Augusto fece costruire il Teatro di Marcello, per l’amato nipote-genero morto precocemente, e molti altri monumenti, tra cui il portico di Livia e Ottavia.
Al piano edilizio augusteo collaborò l’amico e genero di Augusto, Agrippa, che fece costruire un nuovo ponte sul Tevere, due nuovi acquedotti, le prime terme pubbliche a Roma e, soprattutto, nello stesso Campo Marzio, il Pantheon, che oggi ammiriamo nel rifacimento voluto dall’imperatore Adriano nel II secolo d.C.