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La miniera di Ytterby: il luogo più chimico del mondo

di  Eva Munter

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Immaginate di trovarvi su una piccola isola rocciosa della Svezia, circondata da fitte foreste di conifere e affacciata sulle acque placide dell’arcipelago di Stoccolma. Qui, tra sentieri silenziosi e case di legno, sorge il villaggio di Ytterby, un luogo che a prima vista sembrerebbe del tutto insignificante, se non fosse per una delle miniere più straordinarie della storia della chimica.

Oggi, le sue gallerie abbandonate sono poco più di un ricordo, un’anonimo ingresso per il sottosuolo come ce ne sono tanti, ma nel passato questa miniera ha rivelato più elementi chimici di qualsiasi altro luogo al mondo. Eppure, in questo piccolo angolo di Svezia, tra il rumore dei picconi che scavavano la pietra e il freddo vento del Nord, è andata in scena una delle più straordinarie cacce agli elementi mai avvenute.

Per lungo tempo, Ytterby è stato un vero e proprio “luogo di culto” per i chimici, un nome che attirava studiosi da tutto il mondo. 

La vicenda iniziò nel 1787, quando Carl Axel Arrhenius, tenente dell’artiglieria svedese e appassionato di chimica, trovò un minerale nero sconosciuto in una cava locale. Arrhenius (che non va confuso con Svante Arrhenius, premio Nobel per la chimica) , convinto che la roccia contenesse tungsteno – un elemento appena scoperto – decise di inviarla al suo amico Johan Gadolin, un chimico di talento. L’analisi di Gadolin rivelò che il 38% del minerale era composto da un elemento mai identificato prima. Fu scoperto così l’ittrio, il primo di una lunga serie di elementi legati al nome della miniera di Ytterby.

Un nome, quattro elementi

Il minerale nero trovato da Arrhenius si rivelò un vero enigma per gli scienziati dell’epoca. Una volta inviato a Johan Gadolin, fu identificata una nuova sostanza mai vista prima. Per onorare il lavoro del chimico finlandese, il mineralogista Martin Heinrich Klaproth battezzò il minerale con il nome di gadolinite. Questo minerale, apparentemente senza valore per i minatori che lo scartavano come inutile, si rivelò una vera miniera di elementi chimici straordinari, dando il via a una serie di scoperte scientifiche senza precedenti.

Tra il 1794 e il 1878, in campioni di gadolinite e altri minerali estratti dalla cava di Ytterby, furono identificati diversi elementi chimici, oggi conosciuti come terre rare. In quel periodo, i chimici europei erano impegnati in una vera e propria corsa alla scoperta degli elementi, e la miniera di Ytterby divenne un punto di riferimento cruciale. Da queste rocce furono isolati erbio, terbio e itterbio, tutti derivati da analisi meticolose di minerali apparentemente indistinguibili tra loro.

Ma la storia non finì qui. Negli anni successivi, altri ricercatori continuarono a studiare i campioni di Ytterby, identificando lo scandio, l’olmio, il tullio e il gadolinio. Ogni elemento portava con sé proprietà uniche e contribuiva a espandere la nostra comprensione del mondo microscopico. Per esempio, lo scandio, isolato nel 1879 dal chimico svedese Lars Fredrik Nilson, dimostrò un comportamento chimico che colmava una lacuna importante nella tavola periodica proposta da Mendeleev.

Ciò che rende queste scoperte ancora più straordinarie è il fatto che i minerali di Ytterby fossero considerati di poco interesse commerciale dai minatori dell’epoca. Per loro, la priorità era estrarre quarzo e feldspato, materiali richiesti per la produzione di ceramica e vetro. Tuttavia, per i chimici, queste rocce contenevano tesori nascosti che richiedevano metodi di analisi sempre più sofisticati per essere portati alla luce.

 

Un problema di nomi

Oltre alla ricchezza scientifica, la miniera di Ytterby ha lasciato in eredità alla chimica un problema curioso: la confusione dei nomi. Tutto ebbe inizio quando Friedrich Wöhler riuscì a isolare l’ossido di ittrio, confermando il nome dato da Gadolin. Ma la vera confusione iniziò nel 1843, quando il chimico svedese Carl Mosander, analizzando campioni della cava, identificò due nuovi elementi. Invece di scegliere nomi legati a miti, pianeti o figure storiche, decise di rendere omaggio a Ytterby. Nacquero così il terbio e l’erbio.

Qualche decennio più tardi, il chimico francese Jean Charles Galissard de Marignac isolò un ulteriore elemento dai minerali della miniera e scelse di chiamarlo itterbio. In totale, ben quattro elementi della tavola periodica devono il loro nome a questo piccolo villaggio svedese, il cui nome, tradotto, significa semplicemente “villaggio esterno”.

Questa scelta stilistica creò già all’epoca un’enorme confusione tra gli scienziati. La somiglianza tra i nomi – ittrio, itterbio, erbio e terbio – portò a una serie infinita di errori e scambi. Per anni, campioni di un elemento vennero scambiati per un altro, e perfino chimici esperti faticavano a distinguere le loro proprietà con certezza. Una sorta di rompicapo linguistico che ancora oggi può confondere chi si avvicina alla chimica delle terre rare.

Il lascito di Ytterby

La miniera di Ytterby non è solo un luogo di scoperte passate: le terre rare che vi furono individuate sono oggi più importanti che mai. Questi elementi sono alla base della tecnologia moderna, utilizzati in tutto, dai magneti superconduttori agli smartphone, dalle turbine eoliche alle batterie per veicoli elettrici. 

Oggi, gli elementi scoperti a Ytterby e in altre miniere di terre rare sono diventati fondamentali per la tecnologia moderna. L’ittrio è impiegato nei laser e nei fosfòri delle luci a LED e degli schermi LCD. L’erbio trova applicazione nelle fibre ottiche, mentre il terbio e l’itterbio vengono utilizzati nei magneti ad alte prestazioni, fondamentali per le auto elettriche, le turbine eoliche e i dischi rigidi. Senza le terre rare, molte delle tecnologie che usiamo quotidianamente, dagli smartphone ai satelliti, non esisterebbero. La loro crescente domanda ha portato a una vera e propria “corsa alle terre rare”, con implicazioni geopolitiche e ambientali significative. Il piccolo villaggio di Ytterby, un tempo sconosciuto, ha lasciato un’eredità che oggi è al centro dell’innovazione globale.

Oggi, la miniera di Ytterby non è più in attività, ma è diventata un simbolo della chimica. Un luogo apparentemente insignificante, in un piccolo villaggio svedese, si è rivelato una chiave di volta per la scienza, cambiando la nostra comprensione degli elementi e il nostro modo di vivere. Un minerale scuro e insignificante, scartato dai minatori perché privo di valore commerciale, si è trasformato in un tesoro di conoscenza, rivelando i segreti nascosti della materia. La chimica, dopotutto, è proprio questo: l’arte di svelare l’invisibile, di trasformare il banale in straordinario. 

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Gli elementi scoperti nella miniera di Ytterby e tutti quelli che sono seguiti, dopo aver scoperto che la caccia agli elementi era tutt’altro che finita, risultano fondamentali quindi in molte innovazioni tecnologiche. Scoprite di più sul libro “Materia, energia e trasformazioni”, un corso di Chimica per licei scientifici che coniuga rigore scientifico e innovazione didattica.