Negli ultimi anni le tele stampate o Indiennes costituiscono per alcuni stilisti un interessante fonte di ispirazione e reinterpretazione di un gusto e di una antica produzione tessile: incorporate nelle loro collezioni, le tele stampate sono utilizzate per creare capi iconici e apprezzate per la loro capacità di aggiungere un tocco di eleganza e romanticismo a qualsiasi outfit o ambiente.
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Un creativo sguardo al passato e precisamente al XVII secolo quando le tele di cotone stampate e dipinte provenienti dall’India conquistano il mercato europeo attraverso le importazioni da parte delle compagnie commerciali privilegiate. I modelli acquistati dagli europei in un primo tempo sono relativamente semplici, a volte persino monocromatici; vengono destinati principalmente ad essere scambiati con altri prodotti nei Paesi che non conoscevano la moneta, e da qui la loro importanza nel commercio degli schiavi, poiché i mercanti di schiavi africani li apprezzano particolarmente. Di seguito, in particolare nei porti della costa atlantica che, come Nantes in Francia, fino al 1733 sono importanti centri di vendita della Compagnia delle Indie, arrivano anche stoffe indiane più elaborate che cominciano a conquistare il favore delle classi privilegiate europee: il pubblico ne apprezza la leggerezza del cotone – una fibra vegetale esotica ancora poco diffusa – i motivi estrosi e insoliti, lo splendore dei colori, la facilità di lavaggio. Il successo è immediato: arrivano dalle Indie, quindi vengono chiamate indiennes. |
In Francia, alcuni ingegnosi imprenditori, noti come indienneurs, iniziano a ricreare queste stoffe, il cui utilizzo è estremamente variegato: vengono impiegate per realizzare abiti, tende, carte da parati o rivestimenti per poltrone e divani delle abitazioni dell’alta società.
Il successo è tale da costringere la Francia nel 1686 a chiudere le frontiere per proteggere la produzione della seta nazionale, dei tessuti di lana e di lino; alte sono le multe per chi trasgredisce, con l’obbligo di confisca dei prodotti incriminati. Tuttavia, gli ugonotti francesi rifugiati in Svizzera impiantano manifatture di tessuti indiani, fornendo così nuove opportunità per le aziende elvetiche di conquistare un ruolo importante nel settore dei tessuti di cotone. Da quel momento in Francia entrano solo tele di cotone bianche e mussoline, che piacciono particolarmente perché possono essere decorate con intarsi di fili d’oro e d’argento. Soltanto l’Olanda, che non ha una fiorente manifattura tessile di sete operate, continua a importarle e a diffonderle.
Bisogna aspettare il 1759 allorché viene autorizzata la produzione di tele dipinte e in Francia si creano tutte le condizioni per tessere il cotone e realizzare le tinture, dette “bon teint”; i metodi di stampa utilizzati sono diversi rispetto a quelli orientali: in India i disegni più raffinati venivano tracciati direttamente col pennello sulla stoffa, mentre in Europa per la stampa si utilizzano matrici di legno incise.
| Ed è a Nantes che nascono le grandi manifatture di indiennes, su iniziativa delle famiglie protestanti originarie della Svizzera che si erano stabilite nel porto: le famiglie Gorgerat, Petitpierre, Favre, poi Jean-Ulrich Pelloutier, André-Gottlieb Kuster, Benoît Bourcard, Henri Roques, Augustin Simon, sono iprincipali protagonisti di questa fiorente industria.
Le Toiles de Nantes diventano famose nel XVIII secolo per complessità delle composizioni, per la diversità dei piani nelle scene, la qualità e i dettagli dei disegni e delle incisioni, sia su tavola di legno, rame o cilindro. La maggior parte delle scene sono spesso in relazione diretta con l’attualità letteraria, artistica o politica dell’epoca. I colori sono monocromi, raramente a più colori, e quelli più comuni sono sicuramente il rosso acceso (rouge garance), il blu bisquit e il viola. Nelle fabbriche il lavoro è molto duro e la gerarchia è rigida. I disegnatori delle tavole e gli incisori godono di uno status particolare, anche se non sono sempre considerati artisti e pochi sono quelli autorizzati a firmare i propri disegni. Particolare l’apporto delle operaie, soprattutto le pinceauteuses, il cui lavoro consiste nel valorizzare le tele stampate aggiungendo colori a mano. |
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Sempre in Francia, nel 1759, il tedesco Cristoph Philippe Oberkampf avvia una fabbrica di tele stampate a Jouy-en-Josas, nei pressi di Versailles, divenendo ben presto il produttore cui si rivolse la nobiltà francese.
Il repertorio decorativo delle indiennes di Jouy riproduce scene pastorali come paesaggi idilliaci o coppie in atteggiamenti amorosi, che si ripetono, ma anche fiori, farfalle, piccoli animali, frutti esotici interpretati in chiave fantastica, piccoli motivi geometriche stampati in un unico colore, su uno sfondo bianco, panna o ecrù; le nuance preferite sono il rosso e il blu, ma sono presenti anche il viola e il verde. Oltre ai motivi indiani, a Jouy-en-Josas si stampano tessuti solitamente realizzati a telaio quali chiné e pékin. |
Se le manifatture di Nantes e di Jouy producono ancora bellissime indiane intorno al 1810-1815, a partire dagli anni 1820-1830 conoscono un declino irreversibile, a causa del cambiamento del gusto avviato dalla moda neoclassica nell’ultimo scorcio del Settecento. Alle tele stampate subentrano gli scialli cachemire, imitati a stampa anche negli effetti di tessitura.
Ma ecco che nel 1947 Christian Dior decide di decorare il suo Atelier in Avenue Montaigne numero 30 con una riproduzione del tessuto “Toile de Jouy”, battezzata Colifichets e realizzata dal decoratore Victor Grandpierre. Traendo ispirazione da quella occasione, la Maison Dior sotto la direzione creativa di Maria Grazia Chiuri, nella collezione autunno/inverno 2019-2020 presenta “Toile de jouy”, sia in capi di vestiario sia nella collezione Dior Maison: l’impianto decorativo è rimodernato sostituendo le scene pastorali con illustrazioni di animali selvatici, più vicine all’immaginario occidentale contemporaneo.
Nel 1987, Cristian Lacroix dà prova di virtuosismo stilistico e di una personale declinazione delle indiennes creando per Jean Patou uno scenografico cocktail-dress.
[Jean PATOU haute couture by Christian Lacroix, Primavera-Estate 1987.
Abito da sera in taffetà stampato ispirato alla “toile de Jouy” multicolore su fondo écru, scollo asimmetrico con una manica, gonna con effetto allacciatura nera su un lato sottolineata da un grande fiocco, gonna a palloncino.]
Toile de Jouy ritorna con Vivienne Westwood nella collezione SS/1996 con la sua interpretazione anticonformista del corsetto e panier settecentesco e nel top Hebo in morbido cotone che si rinnova con le romantiche scene pastorali mantenendo gli iconici tratti distintivi della stilista inglese: i drappeggi, l’originale linea di scollo e l’effetto attorcigliato sulla schiena.
[Vivienne Westwood – Toile de Jouy corseted dress with pannier SS/1996]
[Vivienne Westwood – Il top Hebo]


