News Secondaria di secondo grado Scienze integrate Scienze naturali

L’erosione costiera: cause e possibili soluzioni

di  Ilaria Falconi

Scarica l'articolo in PDF

Il dissesto idrogeologico è un potente modificatore del paesaggio. Nella loro virulenta forma presente, fenomeni come le frane, le inondazioni e l’erosione costiera sono stati definiti come malattia della civilizzazione, perché è la stessa evoluzione umana o meglio ancora il progresso tecnologico che hanno accelerato il lento decorso dei fenomeni naturali in maniera travolgente e preoccupante.

Nell’ultimo cinquantennio, purtroppo, la dissipazione di risorse primarie e il non corretto uso del suolo hanno dato luogo ad una situazione di diffuso degrado che contribuisce ad amplificare gli effetti dei fenomeni distruttivi di origine naturale quali alluvioni, frane ed erosione della costa. L’erosione della costa è, pertanto, il risultato diretto ed indiretto delle alterazioni del ciclo dei sedimenti determinate da cause naturali e antropiche. 

I fenomeni erosivi possono essere suddivisi in due categorie: l’erosione a breve termine, di tipo reversibile, prodotta in genere dal trasporto di sedimenti verso il largo, associata alle mareggiate (con periodicità stagionale), e l’erosione a lungo termine dovuta normalmente a squilibri nel bilancio sedimentario originati dal trasporto solido litoraneo.

Per l’erosione a lungo termine i fattori naturali hanno un ruolo di gran lunga predominante, soprattutto nel lungo periodo, e quelli più importanti sono: i venti e le tempeste, le correnti vicine alle spiagge, l’innalzamento del livello del mare, la subsidenza del suolo e l’apporto liquido e solido dei fiumi al mare. Tuttavia, attualmente, l’erosione è determinata principalmente dall’intervento dell’uomo sull’ambiente.

Tra i fattori antropici si evidenziano quelli inerenti l’utilizzazione della fascia costiera con la realizzazione di infrastrutture ed opere per insediamenti abitativi, industriali e ricreativi; l’uso del suolo e l’alterazione della vegetazione; l’estrazione di acqua dal sottosuolo; la pulizia della spiaggia con mezzi meccanici o pesanti; lo scalzamento e la distruzione della duna; la regimazione dei corsi d’acqua, sia per la difesa del suolo che per il prelievo della stessa risorsa idrica per uso potabile, irriguo ed industriale e l’estrazione di inerti dai fiumi da utilizzare nelle costruzioni. Le azioni antropiche destabilizzano i complicati e delicati equilibri che presiedono alla costituzione delle spiagge ed alla loro evoluzione.

Nel dettaglio, tali fattori includono:

  • l’intensa antropizzazione delle coste a causa della costruzione di porti, abitazioni, strutture ed infrastrutture. In particolare, la costruzione di porti e moli determina la duplice azione di congelamento del tratto di spiaggia interessato e di ostacolo alla normale direzione delle correnti marine e del nastro trasportatore lungo riva che sposta i sedimenti dalla foce. Infatti, tutto ciò che viene deposto sopraflutto viene sottratto al bilancio dell’intera unità e di conseguenza le zone sottoflutto sono soggette a forte erosione e all’approfondimento del fondale marino.  Anche la demolizione delle dune costiere per la progettazione e la realizzazione di infrastrutture determina fenomeni erosivi. Le dune sono un capiente serbatoio in grado di rifornire di sabbia i tratti di costa durante le fasi erosive ed hanno la funzione di assorbimento dell’energia delle mareggiate. Esse, pertanto, rappresentano una vera e propria opera di difesa naturale. La loro formazione è il risultato diretto e normale dei processi costieri quando il litorale è in equilibrio o in avanzamento, mentre è assai difficile, se non improbabile, che le dune si sviluppino quando la costa è in erosione. Occorre, quindi, conservare la struttura della duna anche e soprattutto nelle sue parti meno appariscenti ma più esposte, come ad esempio la zona erbacea (caratterizzata da vegetazione colonizzatrice, in genere l’Ammophila arenaria), che fissa le sabbie, e quella cespugliosa retrostante (caratterizzata da vegetazione schermante, come il ginepro);
  • l’impoverimento dell’apporto di materiale solido dei fiumi;
  • i lavori di manutenzione eseguiti sulle spiagge: gli interventi effettuati con mezzi meccanici che giungono in profondità incrementano l’erosione costiera delle spiagge sabbiose in quanto provocano la rottura degli aggregati di sabbia libera e delle singole particelle di sedimento. Tali particelle, trasportate dal vento, vengono disperse e non si accumulano più sulla spiaggia a meno che non siano trattenute dalla vegetazione, dai tronchi, dalle barriere frangivento e, ove possibile, dalla presenza della vegetazione sulle dune. Inoltre, l’uso di detti mezzi meccanici determina l’alterazione del naturale profilo morfologico della spiaggia, rendendola più vulnerabile alle mareggiate, la variazione dei caratteri morfo-topografici e l’usura della spiaggia stessa tale da modificarne la granulometria. Infine l’utilizzo degli stessi mezzi meccanici potrebbe determinare la torbidità delle acque prossime alla battigia in quanto, in un’area soggetta alle onde di risacca, il rimescolamento dei sedimenti, dei rifiuti e della sostanza organica liberata dai residui (quali resti di vegetali o di bivalvi) determina la formazione di schiuma;
  • la rimozione dei materiali spiaggiati: i materiali accumulati sulle spiagge come, ad esempio, la Posidonia oceanica, i tronchi, i pezzetti di legno, le canne, il materiale sminuzzato e le conchiglie rappresentano un importante elemento di ripascimento naturale dell’arenile ed esercitano un’azione di sostegno per la sabbia in quanto ostacolano l’erosione eolica e marina. Sarebbe auspicabile, quindi, la non rimozione di tali materiali durante i mesi autunnali – invernali in quanto essi garantiscono la resilienza della spiaggia durante le mareggiate. Gli arenili andrebbero puliti solamente dai veri rifiuti di origine antropica quali oggetti in plastica, copertoni, polistirolo, materiale di risulta proveniente dalle strutture presenti in loco, ecc.;
  • l’attività edilizia sul demanio marittimo in concessione: si rileva la necessità di mantenere una sufficiente resilienza della spiaggia, così come richiesto da tutte le indicazioni europee, tra cui il Protocollo di Gestione Integrata della Zona Costiera (GIZC). Si evidenzia che la superficie della spiaggia occupata dalle strutture balneari non amovibili espone i litorali ad una elevata sensibilità alle naturali fluttuazioni della linea di riva e contribuisce a diminuire il margine di sicurezza da danni da mareggiata e di conseguenza l’effetto dei ripascimenti morbidi effettuati durante l’anno;
  • gli stessi interventi di difesa: in fase di pianificazione e progettazione di un’opera di difesa costiera, sarebbe necessario tenere conto non solo dell’efficacia della stessa opera nel contrastare l’erosione, ma anche degli effetti che la sua presenza può generare sull’ambiente emerso e sommerso circostante. Qualunque manufatto realizzato a mare costituisce un ostacolo al libero propagarsi delle correnti e delle onde e pertanto interagisce con esse, dando luogo ad effetti di vario genere che possono produrre conseguenze anche a grandi distanze aggravando i fenomeni erosivi in atto o addirittura innescandone di nuovi sulle rive adiacenti non protette. Le opere di difesa, quindi, devono essere conformate in modo che i liberi movimenti delle acque possano superare l’opera e proseguire oltre, sia pure modificati e ridotti. Nella progettazione di un’opera di difesa occorre tenere nella debita considerazione e valutare opportunamente anche le caratteristiche dei movimenti migratori dei materiali litici, con particolare attenzione al senso nel quale in prevalenza tali movimenti si verificano; la posizione, rispetto all’opera da costruire, delle fonti di rifornimento dei materiali consistenti prevalentemente nelle conoidi situate alle foci dei fiumi; la ripartizione di tali materiali lungo gli arenili dovuta alle caratteristiche del litorale nonché ai movimenti delle acque marine in prossimità del litorale stesso; la composizione granulometrica dei materiali e la quantità di essi che mediamente persiste nella zona. Occorre pertanto evitare di contrastare eccessivamente i movimenti naturali delle acque marine, cercando di assecondarli il più possibile, e di favorire la normale tendenza del mare al ripascimento, nel senso di non impedire del tutto l’azione di trascinamento dei materiali sciolti lungo l’arenile ad opera delle correnti di riva, e di non ostacolare il raggiungimento dell’arenile stesso da parte dei materiali sciolti, nella zona dei frangenti, dal moto ondoso e da questo trascinati in sospensione verso la riva. Inoltre nello studio delle opere di difesa da realizzare non si dovrebbe analizzare solamente il breve tratto di linea di riva in erosione da tutelare ma bisognerebbe considerare l’unità fisiografica in cui tale segmento di costa è incluso poiché il bilancio sedimentario delle spiagge, ovvero il bilancio tra apporti e perdite di sedimento, si riferisce all’intera unità fisiografica (UF) di riferimento per la quale pertanto occorre effettuare lo studio della dinamica dei sedimenti. Infatti i sedimenti fluviali che costituiscono la costa presentano movimenti confinati all’interno dei limiti dell’unità stessa e gli scambi di sedimenti tra le UF adiacenti sono da considerarsi nulli. L’unità fisiografica, infatti, può essere definita come quel tratto di costa in sostanziale equilibrio interno che non ha scambi di sedimenti con i tratti limitrofi. Qualsiasi elemento realizzato lungo la costa, quindi, è in grado di interferire con tale flusso: ad esempio la presenza di un molo o di un pennello o di un’opera di difesa rigida costituisce una barriera in grado di intercettare i sedimenti con conseguente accumulo di sedimenti sopraflutto ed erosione sottoflutto. Gli interventi di difesa realizzati in un luogo causano effetti sull’intera unità fisiografica di cui esso fa parte e sulle varie sub unità fisiografiche di cui la prima è costituita.

L’erosione costiera ha raggiunto in molti tratti livelli di grave dissesto e, considerata la rapida evoluzione dei fenomeni di arretramento delle spiagge degli ultimi anni, le prospettive future sono molto preoccupanti. Si ritiene pertanto utile e d’interesse, proporre qui di seguito taluni principi e considerazioni di carattere generale di cui dovrebbero tener conto le istituzioni, gli amministratori pubblici e privati, i tecnici e tutti i soggetti coinvolti nell’assumere le decisioni in materia. 

  • Il maltempo e le onde non rappresentano la causa effettiva dell’erosione costiera e dell’insabbiamento dei porti.
  • L’ambiente costiero è un sistema aperto e dinamico e, conseguentemente, la morfologia costiera va monitorata con continuità studiando il comportamento della corrente litoranea di fondo ed includendo tali correnti nella modellistica di progetto.
  • La difesa dei litorali va inserita all’interno di un contesto d’azione integrato a medio – lungo termine in cui devono essere considerati gli effetti indiretti, che riducono la resilienza delle spiagge, e quelli diretti causati dall’erosione costiera e dai cambiamenti climatici.
  • Nello studio delle opere di difesa da realizzare non si dovrebbe analizzare soltanto il breve tratto di linea di riva in erosione da tutelare ma bisognerebbe considerare l’unità fisiografica in cui tale segmento di costa è incluso poiché il bilancio sedimentario delle spiagge, ovvero il bilancio tra apporti e perdite di sedimento, si riferisce all’intera unità fisiografica (UF) di riferimento per la quale pertanto è necessario effettuare lo studio della dinamica dei sedimenti.
  • Gli interventi di difesa devono essere integrati in un piano che deve includere criteri di sviluppo sostenibile e tutela ambientale in quanto la conservazione dei litorali sabbiosi ben sviluppati e il contrasto all’erosione costiera rappresentano, in genere, una strategia di difesa e di riduzione del rischio di inondazione dei territori costieri.
  • Nella progettazione di un’opera di difesa occorre valutare l’opportunità o meno di prevedere l’esecuzione delle opere di difesa in un’unica fase oppure in più soluzioni in relazione sia alla tendenza dell’opera a modificare i processi naturali che si attuano nella zona di arenile interessata sia dall’entità degli interventi da realizzare. L’entità e la tipologia dell’opera non deve essere subordinata esclusivamente al fattore economico.
  • Sarebbe auspicabile la rimozione o la riprogettazione delle strutture rigide esistenti sull’arenile. Si riterrebbe altresì opportuno evitare di progettare o realizzare nuove opere di difesa rigide, come indicato nelle “linee guida per la Difesa della Costa dai fenomeni di Erosione e dagli effetti dei Cambiamenti climatici” scaturite dal Tavolo Nazionale sull’Erosione Costiera MATTM-Regioni con il coordinamento tecnico dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Inoltre, sarebbe opportuno privilegiare interventi basati sulle NBS (nature-based solutions) rispetto a quelli tradizionali e strutturali di difesa delle coste.
  • Occorre privilegiare interventi di salvaguardia delle coste omogenei sul territorio nazionale al fine di tutelare gli arenili ed evitare possibili azioni e misure in contrapposizione o in sovrapposizione. Sarebbe, quindi, opportuno prevedere un coordinamento nazionale per la pianificazione in materia di difesa della costa dall’erosione.
  • Occorrerebbe anche introdurre il divieto di operare ampliamenti, anche stagionali, della superficie dell’arenile verso il mare abbassando la quota esistente o la stabilità della spiaggia e quello di asportazione dei materiali spiaggiati, specialmente nel periodo autunnale-invernale, in modo che possano esercitare funzioni di contrasto all’azione del mare e del vento nonché di trappola per i sedimenti.
  • Occorrerebbe, infine, introdurre una fascia di rispetto in zona costiera che ne garantisca la tutela attiva per contrastare la sempre crescente domanda di trasformazione del suolo.
  • Occorre introdurre buone pratiche per la pulizia degli arenili poiché permettono di ridurre le perdite dal sistema spiaggia. 

A titolo di esempio, il veicolo pulisci spiaggia, cd. “Solarino”, a controllo remoto e a propulsione solare è in grado di ridurre al minimo sino quasi ad annullare qualsiasi impatto sul sistema spiaggia. Tale veicolo non determina l’usura e la compattazione della spiaggia. Tale veicolo è fondamentale in quanto tutela l’integrità funzionale dei sistemi mobili costieri adibiti ad uso turistico. È bene ricordare, infatti, che le spiagge sabbiose sono continuamente sottoposte all’azione del moto ondoso e del clima. Inoltre, la loro morfologia è dinamica e non statica.