News Secondaria di secondo grado Arte

Ustica e altre occasioni per imparare a ricordare

di Laura Colombo
Speciale R-Edu CIvica

Secondaria di 2° grado - ARTE

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«Spesso, quando si fa un monumento ai caduti, non è per ricordare, è per dimenticare… bisogna che questo monumento sia vivo. … Se si vuole che la gente abbia voglia di tornarci bisogna … se non succede niente la gente non verrà e questo evento sarà dimenticato…

Christian Boltanski

Il museo per la Memoria di Ustica

Il Museo per la Memoria di Ustica, aperto a Bologna il 27 giugno 2007, grazie all’Associazione dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica, è uno degli esempi virtuosi di museo «vivo», luogo di vita per riunirsi, ricordare, capire quello che nelle memoria collettiva è ancora una strage senza responsabili: l’abbattimento dell’aereo civile DC 9 Itavia con a bordo 81 passeggeri, diretto da Bologna a Palermo, la sera del 27 giugno 1980.

Nell’installazione permanente donata dall’artista Christian Boltanski sopra il relitto dell’aereo abbattuto 81 luci si accendono e si spengono al ritmo di un respiro, mentre intorno ad esso 81 specchi neri riflettono chi percorre il ballatoio della sala. Dietro ad ogni specchio, un altoparlante emette frasi sussurrate, con pensieri banali, ordinari, quotidiani, forse quelli di ognuno dei passeggeri al momento della tragedia. Alle vittime rimandano anche le nove grandi casse nere che contengono oggetti personali, scarpe, abiti, borse, bambole, taccuini, tutto ciò che può essere contenuto in una valigia.

La grande forza evocativa dell’installazione, visitata annualmente da migliaia di persone, risiede proprio in questo: i visitatori si sentono accomunati alle persone che erano a bordo in un intreccio di vite.

Una domanda cruciale per gli studenti

Questo esempio ci pone di fronte a una questione cruciale per i nostri studenti, l’educazione al patrimonio culturale come esercizio della cittadinanza attiva, e a una domanda cruciale:

come la conoscenza del passato può essere trasformata in mezzo per agire sul futuro, rendendo i nostri studenti protagonisti della valorizzazione del nostro patrimonio culturale?

I riferimenti istituzionali

La domanda si può ulteriormente articolare con i riferimenti che vi riportiamo qui:

  • l’articolo 9 della Carta Costituzionale

La Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione.

  • la  Convenzione Quadro del Consiglio di Europa sul valore dell’eredità culturale per la società. Faro 27.X.2005 che  considera il ruolo dell’eredità culturale decisivo e che nell’articolo 2 definisce l’eredità culturale:

«un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi»

La convenzione inoltre definisce con chiarezza anche “una comunità di eredità”:

«è costituita da un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future»

Il tema del coinvolgimento: conoscere per agire

Ricalibriamo adesso con queste informazioni la domanda cruciale detta prima:

«come i nostri studenti possono divenire parte di una comunità che desidera, nel quadro dell’azione pubblica, trasmettere, comunicare i valori dell’eredità culturale?»

Fondamentale nel perseguire la soluzione del problema è dunque il coinvolgimento dell’allievo, la sua motivazione a conoscere per agire. La conoscenza diviene così un modo per operare nel mondo, e l’allievo si assume la responsabilità di usare la conoscenza in un dato contesto per raggiungere un risultato concreto e trasmissibile.

I luoghi dell’apprendimento

In quale ambiente di apprendimento questo può avvenire? In molti ambienti ben conosciuti:

  • a scuola;
  • sul territorio; 
  • a casa usando le tecnologie digitali in una costante interazione con il mondo esterno.

Nell’ambito dell’educazione al patrimonio culturale al fine di sviluppare il senso di appartenenza alla «comunità di eredità» è importante scegliere per un progetto di valorizzazione da parte dello studente un bene culturale di prossimità che sia:

  • una testimonianza significativa della storia di quel contesto
  • che possa racchiudere anche aspetti significativi del patrimonio culturale immateriale, come storie, narrazioni di eventi della comunità
  • che veicoli il suo significato anche attraverso la sua forma come arte pubblica
  • che possa diventare un luogo di incontro e di scambio, per conoscere il passato ma anche per progettare il futuro

Fra i beni culturali con queste caratteristiche uno tra i più diffusi può essere proprio il memoriale, museo o monumento dedicati alla memoria di eventi drammatici che hanno segnato la storia delle comunità che li hanno sofferti: la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la Resistenza, la Shoah o catastrofi naturali come un terremoto.

Oppure anche beni culturali che hanno subito le distruzioni belliche e sono poi stati restaurati sono testimonianza vive e vicine per coloro che sono in quel territorio.

Un lavoro concreto, non astratto

L’obiettivo del lavoro sarà la creazione da parte dello studente di un «prodotto», concreto, fruibile, trasmissibile che promuova la tutela e la valorizzazione di un bene del patrimonio culturale di prossimità.

Può essere un oggetto, una forma di comunicazione, un servizio, o un evento.

Si tratta di un apprendimento esperienziale fondato su un compito sfidante, fondato su  un problema autentico.

Organizzare le conoscenze e condividerle

Come valorizzare con un prodotto concreto il bene culturale, dopo averne compreso il significato e il valore? 

Come ciò che accade nell’apprendimento informale, la capacità di sviluppare nuova conoscenza deriva dal modo in cui si organizzano fatti e idee in una situazione problematica.

l percorso formativo è progettato per applicare le conoscenze disciplinari in una sequenza di attività che rendano lo studente sempre più capace di agire con autonomia e responsabilità e che siano il più possibile vicine alla pratica autentica della disciplina, in particolare storia e storia dell’arte nel lavoro congiunto. 

Quindi per lo studente occorre:

  • osservare e descrivere;
  • ricercare testi, documenti e risorse;
  • raccogliere e analizzare informazioni e dati;
  • confrontare testi;
  • riorganizzare fatti e concetti in una sintesi;
  • condividere i risultati.

La sequenza delle attività che l’insegnante costruisce attorno alle risorse, è anch’essa di importanza decisiva affinché lo studente apprenda a lavorare in modo efficace.

Per  giungere al risultato il docente deve:

  • decostruire azioni complesse, ossia assegnare compiti di lavoro che usino concetti e azioni che siano alla portata del discente;
  • ridurre il numero di passaggi richiesti per risolvere un problema semplificando il compito in modo che lo studente padroneggi il processo;
  • fornire feedback in numero adeguato che permettano agli studenti di interpretare i risultati raggiunti e rivedere i propri concetti e le proprie azioni.

Il prodotto finale

Il «prodotto» finale può essere un risultato condiviso sulla scorta di un compito individuato dal docente. Si attua così una modalità di apprendimento, quella collaborativa nella quale sono coinvolte importanti abilità trasversali quali:

  • ascoltare le motivazioni e le argomentazioni altrui;
  • spiegare le proprie motivazioni e argomentazioni;
  • fare domande;
  • sintetizzare;
  • riorganizzare le proprie idee e azioni sulla scorta dell’esempio altrui.