Secondaria di primo grado

Per la scelta giusta non basta guardare solo al futuro

di Raffaele Mantegazza, docente di Scienze umane e pedagogiche al Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Milano-Bicocca

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Il primo punto da tenere presente nel consigliare ai propri allievi di III media il percorso futuro è che non esistono scuole di serie A e di serie B. Il liceo, l’istituto tecnico, l’istituto professionale prevedono differenti modi di imparare, di ragionare e di agire, e non certo intelligenze diverse a livello quantitativo.

Occorre allora prima di tutto aiutare i ragazzi a rispondere a due domande. La prima: «In che cosa sono realmente bravo?». La risposta può anche non essere relativa a temi scolastici: giocare a calcio, organizzare feste, cucinare dolci sono eccellenze che i ragazzi possono avere ed esprimono comunque alcuni loro talenti. La seconda domanda è allora: «Come svolgi queste attività e quali parti di te impieghi in esse?». Sei un calciatore tenace, un fantasista, un leader? Realizzi dolci usando la creatività o il rigore nel seguire perfettamente le ricette? Mescolando questi talenti (che ogni ragazzo possiede, e sarà importante soprattutto aiutare coloro la cui bassa autostima porterà a rispondere: «Non so fare niente») con le competenze emerse a scuola sarà possibile disegnare il quadro unico delle intelligenze (pensiamo alle intelligenze multiple di Gardner) di quel singolo ragazzo.

Il consiglio orientativo dovrebbe essere nient’altro che la traduzione in parole di questo disegno. Dovrebbe descrivere l’intelligenza del ragazzo e le sue qualità, sempre in positivo, e solo alla fine suggerire un percorso. È del tutto ovvio che occorre evitare frasi del tipo: «Non ha abbastanza costanza nello studio per la scuola X» o «I suoi problemi in matematica escludono il percorso Y». Le difficoltà che i ragazzi incontrano nella scelta sono acuite da questi consigli “per via di levare” come se alla fine la scuola scelta sia una specie di male minore.

Aiutare un alunno di III media a scegliere la scuola non significa pensare prima di tutto al suo futuro, ma al suo passato e al suo presente; aiutarlo a capire come e quanto è cresciuto nei tre anni di scuola media, come impara e cosa ama realmente, cos’ha nel cuore e come tutto questo ha la possibilità di tradursi in un impegno di cinque anni in una nuova scuola.

E infine, ma questa è la cosa più importante, occorre dire chiaramente che la scuola superiore è bella, è un percorso nel quale si entra ragazzini e si esce uomini e donne e si cresce insieme ad amici che resteranno indimenticabili per tutta la vita. Del resto, noi inizieremmo a percorrere una strada rispetto alla quale abbiamo sentito dire solamente quanto è dura, buia e minacciosa? Non resteremmo tranquilli a casa nostra?

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