News Secondaria di secondo grado Storia

J. F. Kennedy, un leader propositivo

di  Roberto Balzani

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Dal 1958 al 1963 per la prima volta, nel XX secolo, il mondo sembrava guidato da leader “positivi”. Alla triade del terrore degli anni Trenta e Quaranta – Stalin, Mussolini e Hitler –, si contrapponeva idealmente, in un’epoca segnata dall’integrazione, dallo sviluppo e dalla fiducia nel futuro, la triade costituita da Kennedy, Giovanni XXIII e Chruščev.

Si trattava di una semplificazione: tuttavia essi riuscirono comunque a diffondere un senso di attenuazione del conflitto, facendo appello a un’idea di umanità comune, che persuase decine di milioni di donne e di uomini nel mondo.

John Fitzgerald Kennedy e la “Nuova Frontiera”

A rendere più credibile il passaggio dalla guerra fredda a una condizione di maggiore collaborazione internazionale, fu innanzitutto l’azione del presidente americano John Fitzgerald Kennedy (1917-1963). Poco più che quarantenne, cattolico, solidamente ancorato ai valori liberal, soprattutto in tema di diritti civili, il brillante democratico batté di misura il candidato repubblicano Richard Nixon (1913-1994) alle elezioni presidenziali del novembre 1960.

Egli promise al suo paese una “Nuova Frontiera” e al mondo un impegno esplicito “per una pace giusta e genuina”, “perché” – disse in un discorso il 10 giugno 1963 – “in ultima analisi il legame basilare tra noi è che tutti abitiamo questo piccolo pianeta. Tutti respiriamo la stessa aria. E siamo tutti mortali”. 

La “Nuova Frontiera” non era una serie di “promesse”, ma di “problemi” da affrontare: la scienza e lo spazio; la pace e la guerra; l’ignoranza e i pregiudizi; la povertà e gli sprechi; questo era il fulcro del suo progetto.

Il programma di Kennedy: le luci…

La sua politica conobbe infatti luci ed ombre. Certamente il nuovo corso avviato da Kennedy si articolava in una serie di obiettivi, interni e internazionali: la lotta alla povertà per integrare nella società del benessere circa 40.000.000 di americani; il progressivo superamento della segregazione razziale; una più forte spinta in direzione della formazione e della ricerca, perché la sfida della “nuova frontiera” si collocava anche nello spazio; infine un impegno esplicito in favore della pace, attraverso programmi di aiuto ai paesi del Terzo Mondo per combattere fame e sottosviluppo.

… le ombre

Se la comunicazione politica di Kennedy si rivelò assai efficace fin dal discorso d’insediamento del 20 gennaio 1961, la realizzazione politica conobbe molte problematiche. Gli USA uscivano da otto anni di amministrazione Eisenhower, nel corso della quale l’impulso alla ripresa si era affievolito, con periodiche crisi congiunturali e una disoccupazione crescente. La popolazione era passata dai 140.000.000 del 1945 ai 180.000.0000 del 1960 ma le persone al di sotto della soglia di povertà erano numerose: nel 1959 il 18% dei bianchi e oltre il 55% degli afroamericani. Esisteva, quindi, un enorme problema sociale, acuito dalla permanente discriminazione degli individui di colore in molti stati del Sud. 

Il ruolo del Congresso

Il Congresso non assecondò tutti i piani del presidente. Lo segui nel momento in cui si trattava di elevare i minimi salariali, di allargare la sicurezza sociale, di varare un programma di lavori pubblici per migliorare infrastrutture e quartieri delle città in espansione e condivise il finanziamento della “corsa allo spazio”, sul piano della ricerca, della sperimentazione e della competizione con l’URSS. Contrastò, invece, l’estensione della copertura sanitaria agli anziani in difficoltà (progetto Medicare), così come l’ampliamento dei fondi per l’istruzione.

La discriminazione razziale

Il punto più dolente fu l’ostilità nei confronti della soppressione della discriminazione razziale allora praticata nei luoghi pubblici, negli impieghi e attraverso la capziosa esclusione di candidati neri dalle liste elettorali. La questione era delicata.

La fine dei progetti

Egli alla fine riuscì a sottoporre  al Congresso un primo testo legislativo per affrontare la questione dei diritti civili, ma la morte gli impedì di vederlo discusso.

Ci sarebbe poi da raccontare l’evoluzione della sua politica internazionale. Ma lo faremo un’altra volta. Quanto detto basta a demarcare la differenza fra intenzioni e Realpolitik. Anche per un leader “propositivo” come Kennedy.

Per approfondire

Puoi trovare un’espansione di “Kennedy, un leader propositivo” in un’intervista a Roberto Balzani contenuta nel volume 3 di R. Balzani, Come siamo: la storia ci racconta, La Nuova Italia 2022, che ti forniamo qui in pdf.