News Intelligenza artificiale

Ma quanto inquina l’Intelligenza Artificiale?

di  Giovanna Maria Dimitri

Scarica l'articolo in PDF

Se è vero che l’Intelligenza Artificiale ha provocato un cambiamento radicale nella nostra vita di tutti i giorni, è altrettanto vero che l’inquinamento che questa provoca per l’allenamento e la realizzazione di modelli complessi (come ChatGPT) è diventato un problema sempre più importante e verso cui porre sempre maggiore attenzione. 

Kate Crawford, studiosa che si occupa dell’impatto sociale ed ecologico dell’IA, ha condotto numerosi studi che hanno portato alla luce criticità evidenti. Nel suo manoscritto Né intelligente né artificiale. Il lato oscuro dell’IA(2021), l’autrice presenta uno studio effettuato ai fini di stimare quanto l’IA sia costosa a livello ambientale

Nel libro, la riflessione inizia a monte, notando che, se un tempo era l’oro la fonte primaria di ricchezza per la città, oggi il litio, denominato oro grigio“, è diventato altrettanto prezioso. La miniera di litio attiva negli Stati Uniti, situata a Silver Peak, ha attirato l’attenzione di figure di spicco come Elon Musk, il cui interesse è legato ai considerevoli bisogni di Tesla. Infatti, Tesla richiede circa 28.000 tonnellate di idrossido di litio all’anno, pari alla metà del consumo globale annuo. Richiesta aumentata dalle più moderne tecnologie di Intelligenza Artificiale. 

Inoltre, l’autrice, pone l’attenzione anche sulla stima del consumo di CO2, con particolare riferimento alla CO2 prodotta dai data center. Nel libro si stima che, nel 2018, nell’industria cinese, i data center abbiano attinto il 73% della loro energia dal carbone, e emesso circa 96 milioni di tonnellate di CO2

Stime destinate a crescere negli ultimi anni, se pensiamo all’evoluzione dell’IA e in particolare all’introduzione dei modelli generativi, come ChatGPTA questo proposito, interessanti sono gli studi condotti dalla ricercatrice Sasha Luccioni. Nell’articolo “Counting Carbon: A Survey of Factors Influencing the Emissions of Machine Learning”, la ricercatrice propone possibili modi per stimare in modo quantitativo l’emissione di carbonio prodotta dai modelli di IA. In particolare, per stimare il consumo di CO2, si possono utilizzare fattori come la potenza di consumo dell’hardware utilizzato, il tempo di allenamento e l’intensità di carbonio della rete energetica.

Sempre Sasha Luccioni, nell’articolo “Estimating the carbon footprint of bloom, a 176b parameter language model presenta, quindi, un innovativo studio riguardo le emissioni di carbonio generate dall’addestramento di BLOOM, un modello linguistico composto da 176 miliardi di parametri. Nell’articolo vengono confrontati il consumo energetico e le conseguenti emissioni di carbonio di diversi LLM (Large Language Models) degli ultimi anni. 

L’obiettivo era confrontare la portata delle emissioni di diversi modelli di LLM e capire quali fattori le influenzano. Dallo studio emerge come, a seconda della fonte energetica utilizzata per l’addestramento e della sua intensità di carbonio, l’addestramento di un LLM nel 2022 emetta almeno 25 tonnellate metriche di equivalenti di carbonio, se si utilizzano energie rinnovabili. Se si utilizzano fonti energetiche ad alta intensità di carbonio, come il carbone e il gas naturale, come fatto nel caso di GPT-3, questo numero aumenta rapidamente fino a 500 tonnellate metriche di emissioni di carbonio, approssimativamente equivalenti a oltre un milione di miglia percorse da un’auto media alimentata a benzina.

Oltre al consumo di CO2 é bene anche sottolineare l’impatto ambientale nel consumo di acquaNell’articolo “Making AI Less “Thirsty”: Uncovering and Addressing the Secret Water Footprint of AI Models”, gli autori stimano come l’addestramento di modelli come GPT-3 comporti un notevole consumo di risorse, ad esempio, nei moderni data center statunitensi di Microsoft, si utilizzano circa 700mila litri di acqua dolce pulita. Questo consumo equivale a produrre, secondo quanto riportato dai ricercatori, 370 auto BMW o 320 Tesla. È, quindi, sempre più necessario portare l’attenzione su questi temi, sia per le aziende che per noi consumatori, per creare un mondo di produttori e  ma soprattutto di consumatori di IA sempre più coscienti e consapevoli.

Riferimenti

L’autrice

Giovanna Maria Dimitri è ricercatrice presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e Scienze Matematiche (RTDA), Università di Siena, Italia, nel gruppo guidato dal Prof. Marco Gori. In precedenza ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università di Cambridge (UK), sotto la supervisione del Prof. Pietro Liò, sullo sviluppo di tecniche di intelligenza artificiale per l’analisi di dati biomedici. 

Si è laureata inoltre nel luglio 2015 con un MPhil in Advanced Computer Science presso l’Università di Cambridge, con lode. È membro Clare Hall College, Università di Cambridge. In precedenza ha conseguito la tesi di laurea magistrale e di laurea (entrambe 110/110 e lode) in Ingegneria Informatica e dell’Automazione presso l’Università degli Studi di Siena (Italia), relatore il Prof. Michelangelo Diligenti. È docente del corso di Business Intelligence per il master in Ingegneria Gestionale (DIISM, Università di Siena) dall’A.A. 2019/2020. Ha all’attivo oltre 45 articoli su sviluppo e applicazioni di tecniche di intelligenza artificiale, pubblicati su riviste scientifiche top nel settore ed in conferenze internazionali. 

I suoi interessi di ricerca riguardano principalmente lo sviluppo di modelli di deep learning e machine learning per la visione artificiale e la bioinformatica.

Website: https://sites.google.com/unisi.it/gmdimitri

Rubrica a cura di Generazione Stem