Quando si arriva alla fine della classe quinta, si sente forte che qualcosa sta cambiando.
I bambini non sono più quelli dell’inizio: non nel corpo, non nei gesti, non nello sguardo.
E anche noi insegnanti ci accorgiamo che si è compiuto un cammino.
Lento, quotidiano, imperfetto, ma pieno.
È facile, in queste ultime settimane, farsi prendere dalla tentazione di recuperare le ultime cose lasciate indietro, correre e correre per riempire gli spazi vuoti.
Ma in fondo, lo sappiamo: non è questo che serve davvero.
Non è così che si accompagna qualcuno alla fine di un ciclo importante.
Fermarsi a guardare insieme il percorso
Le ultime settimane possono diventare un tempo prezioso, se decidiamo di non correre, ma di fermarci a guardarci negli occhi.
Per riconoscere la strada fatta.
Per ascoltare i bambini mentre raccontano come sono cambiati in questi anni.
Per dare voce ai pensieri profondi, a ciò che spesso resta in fondo al quaderno o non trova spazio nelle ore strette delle giornate.
Possiamo farlo attraverso la scrittura, per riuscire a far sentire la voce di tutti.
Scrivere per lasciare traccia
Scrivere, in questo momento, è un modo per lasciare qualcosa.
Un modo per salutare, per ricordare, per tenere con sé un pezzetto di ciò che si è vissuto.
Ogni bambino può raccontare un momento importante, un cambiamento, un ricordo che vorrebbe conservare.
Possiamo anche proporre un piccolo progetto di classe: scegliere insieme i testi più belli scritti nei cinque anni, quelli che hanno lasciato il segno, e raccoglierli in un fascicolo.
Una sorta di antologia di classe, una memoria condivisa.
Possiamo far scrivere una lettera a sé stessi e fargliela recapitare qualche anno più tardi.
E poi, perché no, proporre anche una poesia.
Ci si potrebbe ispirare a “Le cose che fanno la domenica” di Corrado Govoni:
L’odore caldo del pane che si cuoce dentro il forno.
Il canto del gallo nel pollaio.
Il gorgheggio dei canarini alle finestre.
L’urto dei secchi contro il pozzo e il cigolìo della puleggia.
La biancheria distesa nel prato.
Il sole sulle soglie.
La tovaglia nuova nella tavola.
Gli specchi nelle camere.
I fiori nei bicchieri.
(…)
e scrivere insieme una poesia corale o personale che si chiami: “Le cose che fanno la scuola”
Questo tipo di scrittura funziona perché è semplice, autentica, vera e i bambini riescono a metterci dentro le cose che contano.
Non serve fare di più. Salutare una quinta non vuol dire aggiungere. Non serve preparare grandi discorsi o inventarsi effetti speciali.
Serve esserci, fino in fondo.
Con il tempo giusto, con uno sguardo attento, con lo spazio per i ricordi.
Chiudere bene un ciclo è anche un modo per aprire bene quello che verrà dopo. E i bambini lo sentono.
Per questo, in questo tempo finale, proviamo a non rincorrere i contenuti.
Restiamo nel presente.
Insegniamo loro che anche la fine può essere un tempo bello.
Fatto di parole che restano, di gesti semplici, di una scuola che lascia il segno e sa lasciare andare.