Moodle e la didattica partecipativa: realizzazione di un video interattivo con H5P

Come si è visto nei precedenti articoli di questo ciclo, Moodle è una piattaforma di e-learning diffusa a livello mondiale che offre una serie di potenzialità molto interessanti anche per le scuole superiori. H5P è un framework per la creazione di contenuti interattivi basato su HTML, cioè integrabile molto bene in una pagina web, oppure in qualsiasi sistema di gestione dei contenuti (CMS) o sistema di apprendimento online (LMS).

Con Moodle non ci serve andare sul sito di H5P  e usare il suo editor di contenuti, bensì è possibile creare un’attività interattiva con l’editor integrato in Moodle. Dopo aver cliccato su “aggiungi un’attività o una risorsa” di un corso Moodle ci troviamo in questa finestra.


Figura 1 – attività H5P

 

Come si vede nell’immagine, ci sono due entry per H5P. La prima, l’icona  a sfondo nero, ci consente di creare il contenuto, interattivo, direttamente da dentro la piattaforma Moodle. Con la seconda, quella a sfondo blu possiamo integrarla perfettamente come un’altra qualsiasi attività del nostro corso valutare l’attività, tracciarla, differenziarla a seconda dei gruppi, aggiungere un criterio per l’accesso. Possiamo inoltre anche caricare un file H5P dall’esterno.


Figura 2 – proprietà dell’attività

 

Una volta creato, il contenuto viene memorizzato nel deposito dei contenuti del corso al quale si sta lavorando, se si vuole utilizzarlo in più corsi conviene memorizzarlo ad un livello superiore, per esempio a livello di sistema.


Figura 3 – Deposito dei contenuti

Video interattivi

In particolare in questo articolo esaminiamo come viene strutturato un video interattivo realizzato con H5P,  ma possiamo creare anche giochi come il memory, flash card, find the word, crossword, molto stimolanti per l’apprendimento e l’interesse. Un video interattivo è un video interrotto da domande di diverso tipo, che tengono attiva l’attenzione dello studente e stimolano la sua attitudine critica.


Figura 4 – Esempio di video interattivo

 

Il video si presenta come in figura, gli occhielli che si vedono nella barra grigia in basso contrassegnano i punti in cui è stata inserita un’attività interattiva, si possono lasciare gli usuali controlli per gestire la visualizzazione o si può impedire allo studente di andare veloce o di saltare parti del video.


Figura 5 – Domanda Drag and Drop

 

Nell’immagine si vede un esempio di domanda “drag and drop”, si può configurare il sistema anche in modo che lo studente non possa procedere se non ha risposto in maniera corretta a tutte le domande.


Figura 6 – Correzione domanda Drag and Drop

 

In questa seconda immagine si vede la correzione della domanda (si può anche non mostrare), che permette di correggerla e di poter proseguire. Possiamo anche avere domande a scelta singola o multipla.


Figura 7 – Domanda a scelta singola

 

Alla fine della visione del video occorre inserire l’attività conclusiva  (contrassegnata con una stellina) che consentirà allo studente di inviare il suo risultato (Submit Answers).


Figura 8 – Attività conclusiva

 

Il sistema fornirà poi al docente un report con il resoconto per ciascuno studente.


Figura 9 – Report dei tentativi

 

Cybersecurity III – L’importanza del secondo fattore di autenticazione

La compromissione delle password è una minaccia significativa alla sicurezza informatica. Una password compromessa può infatti significare una possibile violazione di dati, un accesso non autorizzato ad account e informazioni sensibili, per arrivare fino al furto di identità. Spesso si sente parlare del furto di un account Netflix o Instagram; spesso questi non hanno particolari conseguenze ma altre volte non è così.

 

Cos’è la password

Possiamo dire che password è una parola d’ordine che in combinazione con lo username garantisce l’autenticazione dell’utente, ovvero il riconoscimento da parte di un sistema informatico che l’utente sia chi dice di essere. Lo username è pubblico e permette al sistema informatico di identificare l’utente; mentre la password, a cui lo username è associato univocamente, è un segreto noto solo all’utente. Costituisce quindi quello che si dice un fattore di autenticazione di conoscenza (knowledge), perché sfrutta qualcosa che l’utente sa per confermare la sua identità.

Perché la password non è più sufficiente

Probabilmente la password è il fattore di autenticazione più vecchio tra quelli a nostra disposizione oggi e, forse anche per questo, ha molti limiti. Esistono diverse tecniche per cercare di appropriarsi di una password:

  • Attacco Brute Force, in cui l’attaccante tenta tutte le possibili combinazioni
  • Attacco a Dizionario, in cui l’attaccante usa liste di password comuni e combinazioni con più probabilità di essere utilizzate
  • Attacco Keylogging, consiste nella registrazione di tutti i tasti digitati sulla tastiera

Oltre alle diverse possibilità di attacco, la più grande debolezza della password è il fattore umano: inventarsi e ricordare password complesse è un compito fastidioso, cambiarle spesso come richiedono alcuni servizi lo rende ancora più gravoso. Per queste ragioni l’utente tende ad adottare comportamenti “a rischio”, come il riutilizzo della stessa password su diversi servizi (password reuse) o l’uso di informazioni legate a sé come la data di nascita o il nome.

Altri fattori di autenticazione

Per difendersi e adottare un approccio più sicuro non è più sufficiente quindi irrobustire la propria password (per esempio incrementando lunghezza e complessità per rendere difficoltosi gli attacchi Brute Force e a Dizionario) ma occorre munirsi di un secondo fattore di autenticazione. Per ottenere quella che si definisce l’autenticazione forte (Strong Authentication) bisognerebbe adottare un secondo fattore appartenente ad una categoria diversa. Oltre ai fattori di conoscenza (come password, pin, o segno di sblocco nel caso degli smartphone) esistono infatti anche fattori di proprietà (ownership), per esempio una chiavetta di autenticazione, uno smartphone o una smartcard, e fattori biometrici (inherence), come l’impronta, il volto o l’iride.

 

Le App Authenticator

Un modo comodo e veloce per avere un secondo fattore di autenticazione sempre a portata di mano sono le applicazioni authenticator, come per esempio Google Authenticator o Microsoft Authenticator. Queste applicazioni permettono di registrare i propri account, per esempio quello di gmail, Facebook o Tiktok, generalmente scansionando un QR code. Dopo aver impostato il servizio per richiedere un secondo fattore, ad ogni accesso oltre all’inserimento della password verrà richiesto un TOTP, ovvero un codice numerico univoco che viene rigenerato ogni 30 o 60 secondi dall’applicazione. Questo metodo è sicuro perché quando si registra il servizio tramite QR code, l’applicazione e il server che eroga il servizio si mettono d’accordo su un algoritmo di generazione in modo tale che i codici generati dall’app all’apparenza casuali vengano riconosciuti come autentici.

In certi casi queste app supportano anche l’autenticazione biometrica, e allora quando l’utente cercherà di accedere ad un servizio, riceverà anche una notifica dall’app authenticator che chiederà di sbloccare lo smartphone con l’impronta o con il volto.

Approfondimenti

L’utilizzo di più di un fattore di autenticazione rende molto più difficile agli attaccanti compromettere l’account di un utente. Se cercate informazioni sulle password compromesse o volete verificare se i vostri dati siano stati compromessi durante un data breach, un attacco informatico che ha portato alla perdita di dati, un sito molto interessante da visitare è Have I Been Pwned; qui potrete scaricare i database delle password coinvolte in attacchi informatici, potrete verificare se la vostra email o il vostro numero di telefono compaiono nei dati compromessi durante degli attacchi passati o verificare se una password fa parte delle password compromesse: provate per esempio a cercare la password “pippo”, scoprirete che è comparsa oltre 44 mila volte nei data breach censiti sul sito.

Realizzare le prove per l’esame di Stato negli Istituti professionali socio-sanitari

Il 22 marzo 2024 è stata pubblicata l’ordinanza sugli esami di Stato del secondo ciclo di istruzione, che ha confermato la modalità di svolgimento della seconda prova scritta introdotta lo scorso anno scolastico negli Istituti professionali di nuovo ordinamento.

In questo articolo, Olimpia Capobianco e Simona Diani offrono due proposte per un allenamento alla realizzazione delle tipologie A e C delle prove per gli Istituti professionali socio-sanitari: la redazione di una relazione professionale sulla base dell’analisi di documenti, tabelle e dati e la redazione di un piano per l’individuazione, predisposizione o descrizione delle fasi per la realizzazione di un servizio.

1° maggio, festa dei lavoratori

Questo mese Tramontana ha deciso di porre al centro del video articolo di Rivista il tema del lavoro, con l’intento di portare studenti e studentesse a riflettere sul valore che la nostra Repubblica attribuisce al lavoro e sulla necessità di tutelarlo in tutte le sue forme, a partire da una maggiore attenzione a garantire sicurezza e salubrità sui luoghi di lavoro. Temi che, purtroppo, salgono all’attenzione della cronaca solo in occasione di eventi negativi.

Il video 

 

Come sempre, dopo aver visionato il video, potete scaricare le schede di attività preparate per voi: un compito di realtà, da proporre alla classe, e una scheda riservata ai docenti, comprensiva di strumenti per la valutazione.

Materiali aggiuntivi

Tema di Economia aziendale

Simulazione di un Tema d’esame da proporre  agli studenti delle classi AFM e SIA come esercitazione in vista della seconda prova scritta dell’Esame di Stato. La prima parte del tema richiede la redazione del bilancio con dati a scelta; i quesiti della seconda parte della prova riguardano gli indici economici, le scritture contabili dell’acquisto e del finanziamento di immobilizzazioni tecniche, l’analisi degli scostamenti dei costi, il direct costing.

Materiali

Le applicazioni dell’AI e il Digital Marketing

L’avvento di ChatGPT a fine 2022, seguito da una serie corposa di altri strumenti di intelligenza artificiale generativa (Perplexity, Co-pilot, Gemini, ecc.) ha segnato di fatto l’inizio del clamore mainstream intorno all’intelligenza artificiale e alle sue enormi potenzialità. Da fine 2022, infatti, l’intelligenza artificiale è diventata un tema ricorrente in tanti ambiti differenti: dall’orientamento all’etica, dalle possibili applicazioni ai timori legati alla scomparsa di alcune professionalità, dalla possibilità di imparare a bilanciare meglio tempo di lavoro e vita dando alla macchina i compiti operativi time consuming all’impatto ambientale che, risorse computazionali simili, può e inevitabilmente genera.

In realtà, l’AI non generativa non è una tematica così recente: le prime tracce, infatti, si ritrovano già a metà degli anni ’50 del secolo scorso e, in moltissimi campi, da tempo sfruttiamo a pieno strumenti basati sull’intelligenza artificiale. Uno dei settori in cui, ormai, l’AI è diventata centrale (e lo sarà sempre di più) è il Digital Marketing, ossia quella disciplina che consente di disegnare strategie e tattiche per poter costruire visibilità e performance sfruttando il web e i percorsi di navigazione online degli utenti. È, infatti, dal 2016 circa che le principali piattaforme, come Meta e Google Ads, hanno integrato, all’interno delle loro dashboard, tool e possibilità di setting basate proprio sull’AI.

Google Ads e l’AI 

Google Ads è la piattaforma pubblicitaria di Google. Al suo interno offre una pletora di opportunità sia in termini di tipologie di campagna, sia in termini di reti presidiate. Infatti Google, oltre al motore di ricerca e ai posizionamenti legati appunto alla Search, sfrutta anche l’ampio bacino dei portali in Display Network (blog, siti web, portali d’informazione, ecc.) e la vastissima portata legata per esempio a YouTube, sia come utenti iscritti che come interazioni. YouTube viene, di fatto, considerato il social network di Google. Dal 2016 le applicazioni di Google Ads basate sul machine learning sono davvero tante e, ovviamente, sempre in crescita. Le principali hanno sfruttato e sfruttano la capacità predittiva dei sistemi di AI.

Quest’ultima, combinata con la mole enorme di dati di Google, porta risultati straordinari in termini di efficacia delle campagne, in termini di prestazioni e performance, di precisione degli utenti raggiunti, di snellimento del tempo e delle attività di ottimizzazione fatte proprio sulle campagne stesse. Il fiore all’occhiello delle applicazioni di Google Ads legate all’AI è stata l’introduzione dello smart bidding, dell’offerta intelligente appunto. Il sistema pubblicitario di Google Ads si basa su aste in cui più player competono per accaparrarsi posizioni proficue e spazi pubblicitari al costo minore possibile. Lo smart bidding ha il grande vantaggio di usare una serie di indicatori per arrivare all’asta con l’offerta giusta ottimizzata per l’audience di potenziali clienti e per i propri obiettivi di business.

Questa è solo una delle tantissime opportunità legate all’AI e al sistema pubblicitario di Google: l’AI generativa, per esempio, dà oggi l’opportunità tramite la potenza di Gemini di produrre gli asset di campagna direttamente in campagna, creando ovviamente risorse più pertinenti e più mirate. Last but not least: tutti gli strumenti di intelligenza artificiale generativa hanno dato un enorme boost alle attività di creazione dei micro-copy da utilizzare in fase di impostazione delle campagne pubblicitarie, e questo non è un dettaglio trascurabile in termini di ottimizzazione di tempo ed energie vista l’enorme quantità di test che abbiamo oggi necessità di fare per far funzionare il nostro advertising. 

Meta e l’AI

Meta è la piattaforma pubblicitaria che ci consente di fare pubblicità su Instagram, Facebook, Messenger, ecc. Dal suo esordio è sempre stata il terreno più fertile, in termini di posizionamento ma anche di identità dello strumento stesso, per la pubblicità visuale sul web, per stimolare e indurre la cosiddetta “domanda latente”. La piattaforma è cresciuta tanto nel tempo e, di anno in anno,  ha arricchito sempre di più il suo ventaglio di possibilità in termini di tipologie di campagne, formati, placement presidiati, opportunità di profilazione. Anche Meta, oggi e da tempo, ha integrato molte applicazioni di intelligenza artificiale. Una tra le più potenti è sicuramente legata alla suite Advantage+. A cosa dobbiamo la loro potenza? Alla possibilità di sfruttare i dati di Meta per ottenere il massimo rendimento combinando sapientemente budget, creatività, audience e posizionamenti.

Le campagne Advantage+ sono completamente automatizzate, quindi i vantaggi sono innumerevoli sia in termini di tempo che in termini di prestazioni: l’elaborazione fornita dall’apprendimento automatico di Meta è decisamente più veloce di quella umana. In questo modo le attività operative sono sempre più relegate alla macchina e abbiamo più tempo per concentrarci sulla strategia e sugli input creativi. Sempre in termini di ottimizzazione di tempo e risorse, a fine 2024, verranno introdotte, direttamente in piattaforma, tre strumenti di intelligenza artificiale generativa. Questi consentiranno di generare sfondi, di variare i copy, di espandere le immagini adattandole in maniera automatica ai diversi formati utili in fase di setting delle campagne. 

Oltre a tutte queste innovazioni e a tutte quelle che presto arriveranno, anche per Meta Ads, gli strumenti di AI generativa come ChatGPT sono una manna dal cielo. La forza di queste inserzioni ormai è dettata principalmente dalla capacità di lavorare al meglio con la creatività e con l’attenzione degli utenti. L’uso dei prompt ci consente di generare velocemente una quantità infinita di variazioni di angoli creativi, di hook, di micro-copy, dando maggior spazio al tempo di analisi dei dati, delle performance e degli aggiustamenti strategici. 

La data analysis, la strategia e l’AI

Oltre a tutte le implementazioni legate all’AI in relazione alle piattaforme più comuni di advertising, l’intelligenza artificiale è entrata a pieno titolo anche nella data analysis. Il passaggio da Universal Analytics, piattaforma di data web monitoring di Google, a Google Analytics 4 è stato proprio segnato dall’introduzione di novità legate all’AI, al machine learning, a sistemi di apprendimento automatico. Dalla segmentazione degli utenti in base a caratteristiche comuni alle potenzialità predittive delle conversioni analizzando dati storici, passando da modelli di attribuzione data-driven più efficaci e arrivando alla capacità dell’AI di modellare i dati mancanti, GA4 deve parecchio della sua potenza proprio all’intelligenza artificiale. 

La web analysis, inoltre, è un processo centrale in ogni fase di un progetto di digital marketing. Oltre alle piattaforme più comuni di analisi dati, oggi ci avvaliamo dell’utilizzo di prompt per velocizzare le operazioni di segmentazione e classificazione dei dati, di lettura e di interpretazione. Tutto questo ci consente di mettere al centro un approccio decisamente più strategico alla materia. L’AI generativa, infatti, ci sta consentendo di ottimizzare tutte le operazioni più lente e time consuming legate proprio alla strategia: le analisi iniziali (mercato, competizione, personas, ecc.), la scelta dei canali, la costruzione di un piano di contenuti adatti alle campagne che vogliamo lanciare, la gestione dei test, l’analisi dei dati, l’ottimizzazione data-driven e tanto altro ancora. Il prompt designing, infatti, ci fornisce una serie di indicazioni molto utili per progettare una batteria di prompt da testare per essere sfruttati in fase di ideazione strategica. A questo scopo tornano anche molto utili i GPT’s (chatbot personalizzati disponibili nelle opzioni a pagamento di ChatGPT) e moltissime applicazioni che, sfruttando l’AI, ci assistono in tutto il processo strategico. 

Conclusioni 

L’integrazione dell’intelligenza artificiale nel digital marketing, quindi, non è considerabile come una tendenza, ma una trasformazione radicale che, da anni, sta puntando a massimizzare le prestazioni, riducendo le tecnicalità di piattaforme e le attività operative. Spostando, così, l’ago della bilancia verso la strategia e l’analisi continua. 

L’AI permette di personalizzare le campagne in modo più accurato, ottimizzare le risorse e i tempi di gestione, e migliorare significativamente le performance pubblicitarie. Man mano che questa tecnologia progredisce, diventa indispensabile per i professionisti del digital marketing abbracciare l’AI, sfruttando le sue capacità per rimanere competitivi, concentrandosi quindi sulla qualità dell’output e sullo studio necessario a realizzarne sempre di migliori. L’AI non solo migliora l’efficienza delle campagne, ma lascia sempre maggior tempo per investire sulla creatività, sul miglioramento dei processi, sugli aspetti strategici e last but not least… sulle relazioni, centro nevralgico di ogni attività che funzioni. 

Risorse

L’autrice

Alessandra Maggio è una Digital marketing consultant ed esperta di AI per quel che riguarda le strategie e le campagne pubblicitarie online e offline. 

Rubrica a cura di Generazione Stem

Fisica o astrofisica?

Ciao ragazze e ragazzi! Qui Quantum Girl per rispondere ad alcuni dubbi e domande che mi ponete molto spesso sui social e che avevo anche io prima di iscrivermi all’Università. La prima è: che differenza c’è tra fisica e astrofisica? Procediamo con calma, cercando prima di analizzare questi due termini. Forse qualcuno potrebbe anche chiedersi che differenza ci sia tra astrofisica e astronomia. Questo termine forse è più popolare nel gergo comune e spesso entrambe le parole sono utilizzate per descrivere la stessa cosa, quindi d’ora in avanti, in questo contesto, li utilizzerò in modo intercambiabile. 

Partiamo dalla fisica! Di cosa si tratta? 

È una scienza nata per cercare di comprendere la natura, osservandola e provando a definire delle leggi in grado di descrivere i suoi comportamenti. Il linguaggio che la fisica utilizza per finalizzare questo compito è quello matematico, attraverso il quale costruisce delle relazioni che predicono i comportamenti di ciò che ci circonda.

Cosa fa, dunque, la figura professionale del fisico / della fisica?

Ci sono tante possibilità che il mondo del lavoro offre a chi ha una laurea in questo settore: si può lavorare nell’ambito della fisica teorica, come in quella della fisica sperimentale; la fisica è una disciplina che si presta bene in tutti gli ambiti. La qualità principale che si sviluppa durante un percorso di questo tipo è l’approccio analitico ai problemi. Ma facciamo degli esempi pratici: un* fisic* teoric* avrà più a che fare con il mondo della ricerca, in particolare si occuperà di questioni più astratte che implicano un utilizzo maggiore della matematica. Potrebbe cercare nuove relazioni matematiche che permettano di descrivere qualche fenomeno fisico bizzarro. Mentre un* fisic* sperimentale avrà un approccio più pratico, magari specializzandosi in branche della fisica applicata, come la biofisica, la fisica medica, la fisica nucleare.

La verità però, come sempre, è che è molto difficile definire bene i confini di una o dell’altra cosa, dato che spesso i mestieri si intersecano e le strade sono infinite. Infatti, quasi ogni branca della fisica ha una controparte teorica e una sperimentale. Semplificando il più possibile, l* fisic* teoric* si avvicina di più al mestiere del matematic*, mentre l* fisic* sperimentale si avvicina di più al campo dell’ingegneria.  Un altro sbocco professionale interessante che offre un corso di laurea in fisica, è la possibilità di diventare insegnante, nelle scuole o nelle università. Ma anche lavorare in azienda è sempre molto ambito. Infine, anche la strada della divulgazione e del giornalismo scientifico oggigiorno è di grande interesse. 

E l’astrofisica?

Vi ricorderete gli insiemi studiati a scuola, giusto? Riportiamo il discorso qui: c’è un grandissimo insieme che chiameremo FISICA, al cui interno si trovano tanti piccoli sottoinsiemi che a volte si intersecano. Questi sottoinsiemi sono tutte le varie specialistiche che si possono scegliere durante un percorso di studi in fisica. Una di queste è proprio la specialistica in astrofisica. Come ci suggerisce il nome, essa si basa sulla fisica, ma l’astrofisica è consigliata a chi non si accontenta di studiare il mondo che ci circonda, bensì vorrebbe andare oltre, punta ad indagare qualcosa di più grande di noi partendo verso un viaggio incredibile che ci racconta la storia di tutto il nostro universo e di ciò che si trova al suo interno. L’astrofisica infatti, applica la fisica allo studio degli astri, ai corpi celesti, per cercare di capire cosa c’è oltre la Terra e come è fatto ciò che sta oltre la Terra. Ma non solo. Essa ci permette di studiare anche i meccanismi che hanno dato origine al nostro universo, di predirne l’evoluzione e, perchè no, anche la sua fine.

È in questa branca della fisica che si trova ciò che tanto appassiona gli scrittori di fantascienza, come i buchi neri, i pianeti extrasolari, i viaggi interstellari. Non si deve fare confusione tra scienza e fantasia, ma se sei un appassionato o un’appassionata di questa tipologia di prodotti approcciare a questa branca potrebbe essere interessante. C’è da dire però che il lavoro di un* astrofisic* è molto diverso da quello di chi scrive nell’ambito della fantascienza, perchè l* astrofisic* compie osservazioni sullo spazio, raccoglie dati e li confronta con le teorie matematiche che abbiamo a disposizione per capire se esse forniscono il modello migliore per la descrizione della realtà ed esegue delle simulazioni al computer per riprodurre ciò che ha analizzato. Diversamente, un*scrittor* utilizza la fantasia per creare nuovi mondi, senza doversi preoccupare se queste idee che costruisce siano coerenti con i dati che vengono raccolti. 

L’astrofisica può essere approcciata sia da un punto di vista teorico che sperimentale. Dal punto di vista teorico è molto appassionante la branca della cosmologia, ovvero quella scienza che studia proprio la nascita e  l’evoluzione dell’universo. Il mio curriculum di laurea magistrale era molto affine a queste materie e mi ha permesso di studiare anche la materia e l’energia oscura, due componenti dell’universo che ad oggi sono un mistero. Ma se pensate che potrebbe appassionarvi di più lo studio dei corpi celesti, come le stelle o nuovi pianeti esterni al sistema solare, allora l’astronomia può fare comunque al caso vostro. 

Quindi, corso di laurea in fisica o in astrofisica?

Dato che queste due discipline si intersecano, è sempre molto difficile capire quale strada imboccare. Intanto c’è da dire che il curriculum di astrofisica pura, alla triennale, è più raro rispetto al curriculum di fisica, che invece si trova in quasi tutti gli atenei. L’Università di Padova è uno dei poli più importanti che offre la possibilità di laurearsi in astronomia già alla triennale. Questo ateneo ha una prestigiosa carriera storica, considerate che qui Galileo Galilei osservò i crateri della Luna al telescopio. Mentre il curriculum di fisica è piuttosto generico e vi permetterà di approfondire aspetti di questa disciplina più vasti. Alcune materie affrontate in questi due corsi di laurea sono simili, come quelle matematiche, tipo analisi 1 e algebra. Altre invece sono più settoriali.

Nella maggior parte dei casi, i primi anni di fisica (come quelli di astronomia) sono simili ai primi anni  di un corso di laurea in matematica, perché come dicevo prima, la matematica è il linguaggio su cui si fonda la fisica ed è importante impararla molto bene. Spesso gli esami dei primi anni sono obbligatori, dunque non è possibile scegliere un percorso personalizzato. Al corso di laurea in fisica che ho frequentato io, a Genova, dal terzo anno in poi era concesso scegliere dei corsi a scelta, che iniziavano a definire il percorso della specializzazione. Per questo, una volta conseguita la laurea triennale, è fortemente consigliato prendere una specializzazione. Durante i primi anni di studio, infatti, si riescono ad acquisire principalmente solo le basi teoriche da applicare poi alle materie di nostro interesse. Una volta conclusi i tre anni, si è poi liberi di scegliere una magistrale di indirizzo. 

Alla domanda “quale tra i due corsi di laurea consigli?”, faccio sempre questo ragionamento: se si hanno ancora le idee confuse allora è meglio prendere un indirizzo meno specifico, come fisica, in modo da provare ad avvicinarsi a diverse specializzazioni. Ma se siete già sicuri di voler approfondire invece l’aspetto più spaziale di questa branca, provate la facoltà di astronomia. E ricordate sempre che si può cambiare idea! 

Per iscriversi a questi corsi di laurea sono necessarie basi di matematica e fisica pregresse? 

Un’altra domanda che mi viene sempre posta è quanto sia importante la scuola di provenienza per decidere di intraprendere una facoltà STEM.Frequento il liceo linguistico, ho molta paura di non avere le competenze e di non essere portata”, “non ho tutti 10 nelle materie di fisica e matematica, posso comunque iscrivermi a fisica o astrofisica? O ancora “ ho iniziato fisica, ma sono in difficoltà, è normale? 

Sì. State tranquilli e tranquille, sono dubbi legittimi che è giusto risolvere. Intanto, il liceo o l’istituto di provenienza non sempre fanno la differenza. Di sicuro frequentare un liceo scientifico può essere d’aiuto per cominciare ad avere una buona praticità nell’applicazione della matematica, materia indispensabile da interiorizzare. Tuttavia, ci sono tanti esempi di successo che dimostrano che chi arriva da altri indirizzi con il tempo acquisisce lo stesso ottimi risultati. Non basatevi sull’approccio iniziale. Datevi tempo. Il consiglio è comunque quello di cercare di imparare più che potete dalle lezioni che fate in classe e di informarvi anche in autonomia per evitare di scontrarvi con le prime lezioni frontali di matematica, che possono spaventare.

La votazione liceale spesso è ininfluente, anzi, iscriversi ad una facoltà che appassiona potrebbe riservare sorprese per quanto riguarda il rendimento, dato che l* studente potrebbe essere più predisposto all’apprendimento di materie di interesse. Ciò che mi preme sottolineare tuttavia e che, generalizzando, i primi anni di università vedono persone che hanno difficoltà e persone che non ne hanno. Le prime potrebbero trovarsi in questa situazione per diversi motivi, scuole di provenienza che non preparano a sufficienza, ansia, difficoltà nella gestione della mole di studio, interessi esterni che non permettono di dedicarsi a tempo pieno all’università. Qualsiasi sia il motivo, di nuovo, pensate sempre che l’università è un punto di partenza e non di arrivo, quindi i voti possono contare fino ad un certo punto. Quando entrerete nel mondo del lavoro, questo potrebbe riservare interessanti sorprese. Per chi invece non dovesse avere difficoltà iniziali, darei il consiglio di guardarsi intorno e se è possibile cercare di aiutare chi si sente scoraggiato. Il mondo scientifico si basa innanzitutto sulla condivisione, prima si impara a confrontarsi con gli altri, meglio è!  

Per questa volta spero di aver risposto ai dubbi più popolari che mi ponete riguardo alle materie di cui parlo sui miei profili. Come sempre, se avete ulteriori domande non esitate a contattarci. Io e le ragazze di Generazione STEM saremo felici di accompagnarvi nella vostra scelta. 

Autrice

Virginia Benzi, laureata magistrale in Fisica all’Università di Genova, content creator e divulgatrice scientifica su Instagram, Tik Tok e YouTube con il nome di “Quantum Girl”. 

Rubrica a cura di Generazione Stem

Intelligenza artificiale: una panoramica sulle sue applicazioni

Grazie alla popolarità di strumenti come ChatGPT, Midjourney e Gemini, da oltre un anno si parla molto di Intelligenza artificiale e si usa questa espressione in particolare riferendosi a sistemi di IA generativa.

Quando si parla di intelligenza artificiale, tuttavia, si fa riferimento a una moltitudine di applicazioni diverse sia per tecnologia che per impatto socialeQuesto articolo offre una panoramica essenziale sulle applicazioni di IA in alcuni ambiti chiave.

IA nel quotidiano

I sistemi di Intelligenza artificiale fanno parte della nostra quotidianità già da alcuni anni ormai. Quasi quotidianamente utilizziamo sistemi di IA, che forse non sappiamo essere tali. Per citarne alcuni:

  • Gli assistenti vocali, come Alexa e Cortana, che sfruttano il riconoscimento vocale per facilitare interazioni intuitive con gli utenti.
  • Gli algoritmi di suggerimento dei contenuti, che sono integrati in piattaforme di streaming, come Netflix o Amazon Prime e che utilizzano algoritmi di IA per suggerire contenuti basati sulle preferenze degli spettatori, migliorando costantemente i loro servizi attraverso feedback e dati raccolti.
  • I filtri antispam, che controllano la posta elettronica in arrivo e decidono come filtrarla o categorizzarla
  • La fotocamera degli smartphone, che applica algoritmi avanzati per migliorare le foto scattate.

Spunto per la classe

Un caso esemplare di questa tecnologia in azione si è verificato quando nel marzo 2023 un utente di Reddit, utilizzando un Samsung S23 Ultra, ha scattato una foto a una stampa sfocata della Luna. 

L’utente ha, cioè, stampato la foto che vedete in alto a sinistra, e fotografandola con lo smartphone ne ha ricavato l’immagine di destra. Nonostante la bassa qualità dell’immagine originale, la foto risultante mostrava la Luna con una chiarezza sorprendente, quasi come se fosse stata catturata direttamente dallo spazio.

Il segreto dietro questo risultato sta nell’uso degli algoritmi di fotografia computazionale che equipaggiano il dispositivo. Questi algoritmi correttivi sono sempre più diffusi e riguardano anche la correzione del viso o dell’espressione. Un esempio è la nuova tecnologia di Google “Best Take anche se la fotografia computazionale è sui nostri telefoni già dal 2018.

IA in ambito medico

Nel campo medico, l’IA viene usata e sta dando buoni risultati per quello che riguarda:

  • La diagnosi e il trattamento delle malattie. Algoritmi sofisticati analizzano immagini mediche per identificare tumori o prevedere malattie con una precisione che in molti casi risulta superiore a quella umana.
  • La ricerca di nuovi farmaci
  • L’assistenza per l’esecuzione di interventi chirurgici
  • Il controllo delle epidemie

Le macchine, infatti, pur non essendo dotate di una vera intelligenza, sono molto efficaci nel riconoscimento dei cosiddetti pattern, ovvero di schemi. L’utilizzo dei sistemi di IA si stanno dimostrando utili per accelerare il processo diagnostico e la ricerca, aiutando i medici nel loro lavoro di assistenza e cura dei pazienti.

Spunto per la classe

Un esempio notevole è stato l’uso dell’IA in un intervento chirurgico a Napoli per trattare una grave scoliosi, dove gli strumenti chirurgici personalizzati sono stati creati con l’ausilio di algoritmi di IA e stampati in 3D. Un altro caso interessante è quello della scoperta di una nuova classe di antibiotici contro il batterio Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, nel dicembre 2023.

IA in ambito didattico

Nel settore educativo, i sistemi di Intelligenza artificiale puntano a personalizzare l’apprendimento, adattando i materiali didattici alle esigenze individuali degli studenti. Questo potrebbe potenziare l’istruzione, rendendola più efficace e inclusiva. Gli strumenti a cui si punta riguardano:

  • La personalizzazione dell’apprendimento
  • Il tutoraggio intelligente individuale
  • L’automazione delle pratiche amministrative
  • Lo sviluppo di ambienti di apprendimento immersivi

Tuttavia, la tecnologia deve ancora superare sfide significative, come la barriera linguistica e culturale, per essere pienamente efficace a livello globale.

Strumenti per l’insegnante

Si rimanda ai live streaming di Rizzoli Education:

IA in ambito giuridico

Nel diritto, l’IA è utilizzata per analizzare grandi volumi di documenti legali e per assistere nella preparazione di contratti o altra documentazione legale. Come si può immaginare, quello giuridico è un ambito particolarmente delicato e ci sono già stati i primi casi in cui l’utilizzo non cauto e non informato della tecnologia ha creato problemi.

Spunto per la classe

Nel 2023 un avvocato newyorkese ha usato ChatGPT per fare ricerca e per mettere insieme uno storico di sentenze da usare per argomentare una causa. È emerso che sei delle sentenze citate erano fasulle, inventate da ChatGPT. Si potrebbe a questo punto pensare “ChatGPT ha sbagliato”, ma in realtà in questo caso l’errore è stato dell’avvocato, che ha usato un’Intelligenza artificiale generativa senza conoscerne il funzionamento. Le IA generative, infatti, sono sistemi progettati per produrre contenuti sulla base di calcoli che sfruttano la teoria della probabilità e non sono strumenti per la verifica o la ricerca delle fonti. Va sempre rimarcato che le macchine non pensano, sicuramente non nel modo in cui pensa una mente umana. Sistemi di IA, come ChatGPT, non hanno spirito critico, eseguono dei calcoli e possono anche sbagliare quindi è sempre necessaria la revisione di un essere umano esperto.

IA nell’Arte

L’Intelligenza artificiale sta trasformando anche il campo dell’arte, aprendo nuove frontiere creative. Sistemi di IA vengono impiegati: 

  • Nella musica
  • Nella scrittura 
  • Nella fotografia
  • Per la creazione di immagini
  • Per la creazione di opere di letteratura elettronica

Tuttavia, l’utilizzo dell’IA nel campo artistico solleva anche interrogativi etici e pratici, inclusi i diritti d’autore e la natura stessa dell’originalità e della creatività.

Spunto per la classe

Un esempio significativo a livello europeo è l’utilizzo di sistemi di IA per creare opere d’arte che imitano lo stile di grandi maestri, come dimostrato dal progetto “The Next Rembrandt”, di Dutch agency J. Walter Thompson Amsterdam. Il progetto ha portato alla realizzazione di un nuovo dipinto (su tela) nello stile di Rembrandt. Per raggiungere l’obiettivo, un software di Intelligenza artificiale ha esaminato elementi come texture, colore e geometria delle pennellate della produzione artistica del pittore. Lo scopo era quello di generare una composizione originale nello stile del pittore. L’opera è stata poi stampata con una stampante 3D per imitare anche le pennellate di Rembrandt, creando così un’opera che vuole celebrare il grande artista.

Per approfondire

Live streaming:

I termini legati all’Intelligenza artificiale:

Documenti e case study:

5 errores que no debes cometer en español

Cuando se empieza a estudiar un idioma es muy fácil caer en trampas lingüísticas que no nos permiten mejorar, veamos juntos cuáles son las más frecuentes para reconocerlas y superarlas. 

¡Hola estudiante! Tú que estás aprendiendo nuestra lengua: ¿estás listo para hablar español como un verdadero nativo? ¡Qué guay! Pero antes de lanzarnos a España con lo que hemos aprendido es importante evitar y reconocer los errores que nos hacen parecer un poco “perdidos”. Aquí van los cinco errores más comunes que debes evitar al hablar español:

  1. Falsos amigos: los falsos amigos son esas palabras que suenan igual en español e italiano, pero tienen significados diferentes y por eso debes tener cuidado con ellos, ya que a menudo son la causa de muchos malentendidos. Por ejemplo, “embarazada” en español no significa “imbarazzata”, ¡sino “incinta”! Otro ejemplo puede ser la palabra española “burro” que no tiene nada que ver con el “burro” italiano: “burro” en español significa “asino”, “mantequilla” por otro lado es el término correcto si queremos hablar del “burro” italiano. Así que, antes de usar una palabra que crees conocer, asegúrate de entender su verdadero significado en español, no te distraigas con el hecho de que son lenguas parecidas, ¡hay muchos falsos amigos!
  2. Pronunciación: La pronunciación es casi siempre la clave para que te  comprendan correctamente. Tanto en España como en Italia, hay muchos acentos diferentes, yo te aconsejo empezar por la pronunciación castellana por excelencia: la del centro de España. Puedes empezar a mejorar evitando mezclar sonidos del italiano con el español:  un error que muchos italianos hacen es el de pronunciar la “c” como en la palabra italiana “cestino” o como un “s”, en lugar de hacer el sonido suave de la “c” castellana, o sea, poniendo la lengua entre los dientes. ¡Practica la pronunciación lanzándote a la conversación con nativos y verás como mejorarás tu fluidez!
  3. Tiempos verbales: ¡Ay, los tiempos verbales! Pueden ser una verdadera pesadilla, ¿no? Pero no te preocupes, es normal cometer errores al principio, especialmente con los verbos irregulares españoles… ¡y no hablemos del subjuntivo!, verdadero dolor de cabeza de todos los estudiantes. Solo recuerda que cada tiempo verbal tiene su propio uso, así que trata de aprenderlos poco a poco y practicarlos en contexto.
  4. Traducción literal: la tentación de traducir palabra por palabra puede ser muy fuerte, especialmente cuando nuestra lengua madre es muy parecida a la lengua de destino pero… ¡cuidado! Si bien las estructuras se parecen, siempre hay alguna trampa lingüística que hace que la frase en español se componga de manera completamente diferente… esto puede llevar a frases que no tienen mucho sentido, como traducir literalmente “come mai?”, que en español no se dice “¿cómo nunca?” sino “¿y eso?”. Después de haber estudiado las estructuras gramaticales, trata de pensar en español y expresar las ideas sin depender demasiado de la traducción desde tu propio idioma.
  5. Ignorar la cultura: Las lenguas no son solo un idioma, ¡son parte de una cultura! Por eso te recomiendo que no se te pase aprender también las tradiciones y expresiones idiomáticas de los países hispanohablantes. Esto va a enriquecer tu experiencia, te ayudará a entender mejor el idioma y caer en el menor número de errores lingüísticos posibles.

¡Y esto sería todo! Si evitas hacer estos errores ya estarás a medio camino para parecer un verdadero hispanohablante. ¡Hasta la próxima!

L’autrice

Alba di Egness, madrelingua spagnola, laureata in economia e con un master in marketing, si trasferisce in Italia nel 2016 e si specializza nell’insegnamento dello spagnolo per studenti di madrelingua italiana. Content creator e Fondatrice dell’Accademia Egness, la prima scuola online di spagnolo per italiani.

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La coltivazione delle pomacee

Quando si parla di coltivazione delle pomacee in Italia ci si riferisce a melo e pero che trovano particolare diffusione in areali specifici e particolarmente vocati della nostra penisola come, per esempio, il Trentino-Alto Adige per le mele o l’Emilia-Romagna per le pere.

Al di là della specie e delle specifiche varietà, che oltre agli aspetti agronomici e commerciali hanno una loro importante influenza anche sull’epoca di maturazione e sulla scalarità di raccolta, molte considerazioni tecniche sulla coltivazione delle pomacee possono essere considerate comuni.

Fig. 1

Fig. 2

Elevata richiesta di manodopera

La coltivazione di melo e pero necessita di un elevato numero di ore di manodopera che sono indispensabili  per una gestione agronomica non completamente meccanizzabile soprattutto nella potatura e nella raccolta.

Per la coltivazione annua di un ettaro di pomacee si rendono necessarie come minimo 450 ore per ettaro, delle quali l’85% solo per la potatura e la raccolta. Una così elevata necessità di operatori per periodi specifici e stagionali comporta anche forti difficoltà nel reperimento del personale e nella sua organizzazione, addestramento e controllo.

Fig. 3 Percentuale di ore di manodopera richieste dalle principali

operazioni per la coltivazione delle pomacee.

 

Specifiche operazioni colturali necessarie nella coltivazione delle pomacee

Potatura – La potatura delle pomacee può richiedere dalle 80 alle 130 ore per ettaro a seconda della specie, meno nel melo e più nel pero, e della forma d’allevamento, meno nelle forme basse che nelle pareti alte. Il periodo di esecuzione può variare dal momento di completa caduta delle foglie fino all’inizio del rigonfiamento delle gemme. Il frutticoltore dispone quindi di un adeguato numero di mesi per organizzare il lavoro che viene eseguito generalmente a mano sia da terra che con l’ausilio di carri raccolta per le forme più alte. Molto diffuso è l’utilizzo di forbici pneumatiche o elettriche per rendere il lavoro meno faticoso. La pre-potatura meccanica, pur se sperimentata, non trova ancora diffusione.

Fig. 4

 

Gestione dei residui di potatura – La gestione dei residui legnosi di potatura può seguire due strade: quella della trinciatura in loco, con restituzione di sostanza organica e nutrienti al terreno, o quella dell’asportazione dal campo per successiva bruciatura o recupero ai fini energetici. La seconda soluzione è più onerosa e giustificata nel caso di presenza di problematiche fitosanitarie che devono essere portate fuori dall’appezzamento.

Difesa – La difesa occupa il frutticoltore nel periodo che va da fine potatura a dopo la raccolta. In funzione dell’andamento climatico e delle avversità da combattere, oltre che dell’effettiva presenza di fitofagi e del metodo di lotta adottato, sono generalmente necessari un numero di interventi variabile fra i 15 e i 25 che saranno eseguiti a cadenza più o meno settimanale. L’esatto momento di intervento non può essere calendarizzato a priori ma deve essere individuato volta per volta in funzione sia del meteo che del monitoraggio in campo, anche con l’ausilio di trappole sessuali per determinati fitofagi, che deve sempre essere assiduo e frequente.

Diradamento – Su cultivar con allegagione abbondante, in funzione dell’annata, può rendersi necessario il diradamento più frequente nel melo, anche meccanico a mezzo di diradatrici dei fiori a flagelli, che nel pero, dove si effettua manualmente e in genere solo sulla varietà Conference. Il diradamento ha lo scopo di equilibrare la carica a frutto favorendo al tempo stesso una buona pezzatura della produzione.

Fig. 5

 

Gestione dei filari – La gestione della fila è un’operazione meccanica che si esegue 4 o 5 volte l’anno e può prevedere sia il diserbo che la lavorazione. Nella fila, generalmente, si pratica la trinciatura del cotico anche se nel pero ultimamente, per dare risposte alle problematiche fitosanitarie legate alla ‘Maculatura bruna’ in tante aziende si esegue la lavorazione sia della fila che dell’interfila. 

Irrigazione – L’irrigazione per le pomacee è un’operazione indispensabile per assicurare pezzatura e qualità della produzione. Non deve mai essere eccessiva anche in relazione alla vigoria che potrebbe imprimere alla pianta influendo negativamente sulla differenziazione a fiore per l’annata successiva. In genere le pomacee vengono dotate di sistemi fissi di irrigazione che possono essere per aspersione sopra-chioma, per nebulizzazione sotto-chioma o a goccia. 

Raccolta – La raccolta è l’operazione più dispendiosa in termini di manodopera e richiede dalle 200 alle 300 ore per ettaro a seconda delle forme d’allevamento, dell’organizzazione aziendale e della resa oraria del personale. Viene realizzata a mano da terra o con l’ausilio di carri raccolta, in casse o in bins. Può prevedere una cernita in campo o essere effettuata con il cosiddetto metodo ‘scendipianta’ che in genere viene adottato per partite molto omogene e di qualità elevata.

 

Fig. 6

Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9