Christmas Architects

Una delle tradizioni più amate e diffuse in molti paesi di lingua anglosassone è la costruzione e la decorazione delle casette di pan di zenzero. Durante i giorni che precedono il Natale le famiglie si riuniscono, di fronte al camino acceso, con brani musicali stagionali di sottofondo, raccogliendo dolci di tutti i tipi e, in piena collaborazione tra grandi e piccoli, si creano dei piccoli capolavori di architettura domestica a base di biscotto, gelatine, panna montata, zuccherini… è un momento caratteristico delle festività natalizie, che riunisce la famiglia in un’attività piacevole, collaborativa, in grado di mettere in risalto le abilità di ciascuno, sia chi la più creatività, sia chi ha più senso pratico, sia a chi ha più senso estetico…

Il pane di zenzero è un dolce tipico dei paesi del nord, poco diffuso in Italia, ma comunissimo in zone più fredde dell’Europa e del continente non l’americano. Triangoli  e rettangoli di pan di zenzero formano la base per la costruzione delle classiche casette natalizie, che vengono poi decorate con zucchero, caramelle, confetti…

 

Su le maniche e… costruiamo una Gingerbread House!

La prima attività che permetterà agli insegnanti di “creare l’atmosfera” e di costruire l’aggancio grazie al quale partire per tutti gli sviluppi contenutistici successivi, sarà la costruzione vera e propria delle casette di pan di zenzero. Pur non potendo usare elementi commestibili, il tutto è realizzabilissimo sostituendoç

  • Il pan di zenzero con cartoncino grezzo marrone
  • I dolci con perline, bottoni, glitter, pezzettini di carta collage, etc…
  • La glassa con colla liquida e tempera bianca

I bambini potranno lavorare da soli o in gruppi, in primis elaborando e disegnando su un foglio di carta millimetrata la rappresentazione bidimensionale del solido che stanno per costruire; i più grandi potranno essere introdotti, se l’insegnante lo riterrà fattibile, ai primi rudimenti di proiezione ortogonale. Dovranno poi decidere come e con cosa decorare le loro creazioni. Anche questo passaggio dovrà essere definito in un progetto preciso.

L’insegnante potrà decidere se lasciare libero sfogo alla creatività di ciascuno oppure se definire a priori quali e quanti materiali potranno essere utilizzati, dando una base fissa che ciascun bambino poi potrà rielaborare a piacimento; in questo modo sarà interessante constatare come individuo sappia utilizzare diversamente gli stessi materiali, messi a disposizione nello stesso modo a tutti. Come ultimo step, ci sarà la realizzazione delle casette vera e propria, utilizzando i materiali a disposizione e l’abilità manuale di ciascuno.

Suddividere i bambini in gruppi permetterà ai bambini di contribuire ad un progetto collettivo mettendo le proprie capacità individuali al servizio del gruppo. Ci sarà chi ha migliori abilità manuali, chi invece è più pratico nella progettazione e nel disegno tecnico, chi invece ha uno spirito più artistico. In questo modo le abilità e le potenzialità di tutti saranno messe in evidenza, senza una carenza individuale in un certo ambito comprometta tutto il progetto.

Quando tutte le casette saranno pronte, potranno essere disposte a formare un vero e proprio villaggio natalizio che servirà come base per alcune delle attività successive.

Gingerbread houses to expand our English vocabulary

Portare questa tradizione nelle nostre aule aiuta a lavorare su diversi contenuti e obiettivi didattici legati alla lingua 2, mantenendo le attività in un contesto emotivo legato alla stagione e alle festività che sicuramente permette di creare una situazione di coinvolgimento in cui l’apprendimento può avvenire più facilmente”. In particolare sarà interessante concentrarsi su due obiettivi: l’ampliamento del vocabolario e la conoscenza e condivisione di tradizioni legate al periodo invernale.

  • AMPLIAMENTO DEL VOCABOLARIO: Per quanto riguarda l’utilizzo della L2 usando le casette di pan di zenzero, si possono identificare tre grandi aree di intervento:
    • FORME GEOMETRICHE: nell’ottica della didattica CLIL si potranno adattare all’età e agli obiettivi disciplinari del programma di matematica numerose attività di riconoscimento e nomina delle figure geometriche in Lingua Target. Si potranno proporre attività di costruzione di forme geometriche usando gli stecchini del gelato, seguendo solo indicazioni in Inglese, che includano, dove possibile, altri elementi linguistici (es: i colori). In questo caso si forniranno ai bambini indicazioni molto chiare e definite, come “Now build a green triangle” o “Create a big square”. In questo modo si lavorerà anche sulla corrispondenza tra aggettivo qualificativo e sostantivo.
  • DOLCI e CARAMELLE: poiché i dolciumi e le caramelle sono alla base della costruzione dei villaggi di pan di zenzero, sarà interessante proporre questo argomento in classe, abbinandolo alla definizione delle preferenze. In particolare si potrà:
      • Creare un cartellone in cui, sotto forma di istogramma, si rappresenteranno le preferenze degli alunni
      • Giocare agli anagrammi, usando molte tessere su cui siano segnate le lettere, e chiedendo ai bambini di usare tali lettere per ricostruire i nomi di quanti più dolciumi possibile
      • Intervistare gli adulti della scuola, offrendo loro domande aperte come “What’s your favourite treat?” o domande chiuse e specifiche come “Do you like jellybeans?”
        Alcuni dei dolci che si potranno includere sono:
      • Jellybeans
      • Candy Corn
      • Lollypop
      • Gumdrops
      • Candy bars
      • Taffy
      • Candy Canes
      • Ribbon Candies
  • LA CITTA’ E I SUOI RUOLI: molte casette di pan di zenzero possono formare un villaggio di pan di zenzero, e ogni villaggio che si rispetti ha numerosi edifici con numerose funzioni, oltre a diverse persone che svolgono diversi ruoli. Si creeranno numerose attività per avviare i bambini ad apprendere il vocabolario relativo a:
    • Shops and Shop workers: si potranno creare brevi descrizioni in prima persona dei diversi personaggi, o disegnare i negozi e etichettare i prodotti che vi si trovano all’interno; si potranno creare semplici indovinelli come: “I sell milk, who am I?” o “I don’t see many vegetarians, who am I?” e invitare i bambini a crearne di loro.
    • Community Helpers, ovvero quelle persone che lavorano per il bene della comunità (insegnanti, poliziotti, vigili del fuoco, operatori ecologici…). In questo caso si creeranno semplici frasi tipo “A teacher helps others by…” oppure “The person who helps us by keeping us safe is…”. Si potranno anche abbinare semplici flashcards dei community helpers con i loro elementi identificativi.
    • Toponymy: pianificare insieme su un grosso cartellone la mappa di un villaggio permette di utilizzare il vocabolario in maniera concreta e anche di lavorare sugli indicatori spaziali. Come si potrà andare dal punto A al punto B? Quali indicazioni dare a un passante che si sia perso? I bambini possono allenarsi a chiedere e dare indicazioni in Lingua Target.
  • Conoscenza di tradizioni legate al periodo natalizio: nei Paesi di lingua anglosassone sono presenti numerose tradizioni natalizie che, grazie alla TV, ora sono diffuse quasi in tutto il mondo, ma che nel passato erano tipiche di certe, specifiche aree. In particolare:
    • Christmas Caroling
    • Christmas Crackers
    • Personalized Christmas Stockings
    • Elf on the Shelf
    • Ugly Sweaters (Christmas Jumpers)Chiederemo ai bambini di scegliere una tra queste tradizioni e di svolgere un breve ricerca. Dove ha avuto origine? Di cosa si tratta? Come e quanto si è diffusa? Chiederemo inoltre ai bambini di condividere le loro personali tradizioni natalizie o invernali. Se in classe sono presenti bambini di altre tradizioni culturali o di altre religioni, sarà interessante scoprire come viene vissuto questo periodo nelle loro case, cosa entra a far parte delle loro vite, cosa viene lasciato fuori, quali sono i riti e le storie di ciascuna cultura. Per esempio, nelle famiglie di religione ebraica in questo stesso periodo ci si prepara ad Hanukkah, mentre altre famiglie potrebbero celebrare Kwanzaa. La condivisione dei diversi modi di vivere questo periodo dell’anno non potrà che portare arricchimento per tutti.

Piccole casette: grandi obiettivi!

Tutti gli obiettivi che sono stati presentati qui per la Lingua Inglese, possono essere facilmente traslati anche nella Lingua Madre della classe in cui lavoriamo. Presentare attività sulla geometria, sull’orientamento spaziale, sulla matematica dei dolci, sulle preferenze individuali, ai settori lavorativi… tutto questo può essere proposto sia come obiettivo linguistico, sia come obiettivo collaterale legato al filo conduttore delle casette di pan di zenzero che lega insieme le attività proposte sopra, a prescindere dalla lingua utilizzata dal docente e dagli studenti.

Che Storia! | La polveriera d’Europa: una lettura geostorica dei Balcani

TRA GEOGRAFIA E STORIA

La geostoria, approccio storiografico fondato da Fernand Braudel a inizio Novecento, fornisce una chiave di lettura interessante dei fenomeni complessi, in quanto costringe lo storico a domandarsi quali siano le dinamiche profonde che reggono gli eventi, lo studio dei quali non è sufficiente a dare ragione dei movimenti lenti della Storia. Tali movimenti possono essere colti se le due componenti delle azioni umane, cioè spazio e tempo, vengono posti sullo stesso livello, perché le scelte delle comunità umane sono sempre influenzate dall’ambiente in cui esse vivono. Da qui la necessaria interazione tra Storia e Geografia.

Questa breve riflessione ha l’obiettivo di indagare il profondo legame tra l’instabilità politica dell’area balcanica e la sua geografia fisica.

Ponte tra Europa orientale e Anatolia, tra Mar Nero e Mediterraneo, i Balcani hanno una morfologia complessa, caratterizzata dalla catena dei Monti omonimi, dai Carpazi e dal Danubio. L’unità geostorica che vogliamo trattare in questa sede si estende più a nord, fino a comprendere tutta la catena dei Carpazi e le Alpi orientali: si costituisce così un’area che isola la regione dalle grandi pianure dei Bassopiani Germanico e Sarmatico. Le vicende storiche mostrano come il controllo politico e militare dei Balcani non sia affatto semplice: la frammentazione culturale dei popoli che vi abitano, dovuta da una parte alle discontinuità del territorio fisico, dall’altra alle continue migrazioni, non ha mai dato origine a entità statali forti e durature capaci di governare l’intera regione; la conseguenza è che soggetti esterni abbiano visto nei Balcani una preda da conquistare o il luogo dove sfidare gli stati avversari in scenari di guerra indiretta.

 

CONFINI E VARCHI

Come dimostrano i piani di conquista completa della regione, principalmente romani, austriaci e turchi, per un controllo diretto e stabile non è sufficiente fissare i confini lungo i rilievi. Il Danubio apre tre grandi varchi spezzando la continuità delle montagne: il passaggio tra le Alpi e i Carpazi (dove sorge, non a caso, Vienna), la gola delle Porte di Ferro tra i Balcani e i Carpazi (lungo la quale Traiano fece realizzare opere viarie utili alla penetrazione in Dacia) e la sua foce che, chiusa a ovest dai Carpazi e a est dal mar Nero definisce il corridoio di Focșani. Questi punti devono essere controllati se si vuole godere del controllo sull’area, che peraltro comprende due tra le pianure più fertili d’Europa, la Pannonia (odierna Ungheria) e la Valacchia (oggi divisa tra Romania e Ungheria).

 

L’ESPANSIONE OTTOMANA

Che la conoscenza del territorio sia la chiave per pianificare una conquista lo si vede nei piani di espansione dei turchi in epoca medievale, quando il tentativo di sottomettere la parte meridionale della penisola Balcanica seguiva due direttrici ben precise: verso le Porte di Ferro a nord-ovest e verso la foce del Danubio a nord-est. Nonostante i numerosi interventi militari delle monarchie europee a supporto di polacchi e ungheresi, che avevano ambizioni regionali, a metà Quattrocento i turchi detenevano saldamente il controllo di quei due punti strategici e quindi buona parte dei Balcani meridionali cadeva nella loro sfera di influenza.

Interessante è notare come la fase di espansione successiva dovesse inevitabilmente prevedere di puntare al corridoio Alpi-Carpazi, quindi Vienna. I due assedi falliti del 1529 e del 1638 impedirono di saldare i confini turchi alla geografia e resero indifendibili tutti i territori a nord delle Porte di Ferro, costringendo i sultani a un’espansione mutilata.

Espansione ottomana tra il XIV e il XVI secolo

 

LA QUESTIONE D’ORIENTE E LA SCINTILLA DELLA GRANDE GUERRA

Nel gioco balcanico il successivo intervento dell’impero russo e il suo appoggio ai serbi non è casuale. L’obiettivo di rendere accessibile il Mediterraneo alla flotta russa del mar Nero era difficilemte raggiungibile tramite uno scontro aperto con gli Ottomani, lo dimostra la sconfitta nella guerra di Crimea (1853-1856). Il tentativo russo di inserirsi nella regione seguì due vettori, entrambi dettati dalla geografia: soffiando sulle braci dei nazionalismi slavi, i russi da una parte puntarono ad accedere alla foce del Danubio (acquisizione della Bessarabia meridionale nel 1878, al termine della guerra russo-turca), dall’altra diedero il loro appoggio alla Serbia, divenuta indipendente nello stesso anno. Cuore geografico dei Balcani, il Principato poi Regno di Serbia, deteneva il controllo delle Porte di Ferro, come visto, punto strategico.

Sulla scia di queste dinamiche si può leggere anche l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. Il tentativo austriaco di mantenere una certa influenza in area balcanica attraverso l’occupazione militare della Bosnia fallì miseramente; la regione si stava disgregando sotto i colpi dei nazionalismi (dalla guerra russo-turca alle guerre balcaniche) e delle molte ingerenze straniere. 

Impero Ottomano 1877-1913

Si evince, da quanto detto, che la stabilità della penisola balcanica ancora a inizio Novecento dipendesse molto alla sua morfologia, infatti agganciare i propri confini ai rilievi e ai varchi definiti dal Danubio era l’unico modo per garantirsi il controllo dell’area. Oggi lo sviluppo delle tecnologie militari ha mitigato il legame tra controllo politico e geografia fisica,  ma non lo ha del tutto eliminato. Le barriere geografiche rappresentano ancora dei confini tra culture, popoli e aspirazioni politiche. Per questo, ancora oggi, molte aree balcaniche rimangono altamente instabili.

 

PER APPROFONDIRE

Ti proponiamo alcuni materiali da La Storia in 100 lezioni di Antonio Brancati e Trebi Pagliarani 

  • L’espansione ottomana fra XV e XVI secolo.
  • La questione d’Oriente .
  • Verso la prima guerra mondiale.

Unwrapping Christmas Traditions in Literature

Il Natale, celebrato con grande entusiasmo in tutto il mondo, assume forme uniche nei paesi di lingua inglese, mescolando radici storiche e influenze moderne.  Questo articolo esplora le tradizioni natalizie nei paesi anglofoni viste attraverso le opere di noti scrittori. Gli scritti di autori come Charles Dickens, Robert Frost, Chesterton e Christina Rossetti catturano lo spirito di un Natale che, pur nelle sue diverse tradizioni, celebra universalmente l’amore, la generosità e il legame familiare.

Il suino italiano pesante da trasformazione

Il suino italiano pesante, anche noto come “suino da trasformazione”, è una delle principali razze suine impiegate nella produzione tutelata del prosciutto crudo di alta qualità a denominazione di origine (DOP e IGP, reg. CE n. 1151/2012 e 1143/2024). Si tratta di un patrimonio zootecnico di grande valore, in grado di ottenere prodotti di eccellenza conosciuti e rinomati a livello internazionale. 

I prodotti italiani a base di carne suina a denominazione tutelata sono 40 (21 DOP e 19 IGP) tra i quali spiccano il prosciutto crudo di San Daniele, di Parma, il Veneto Berico Euganeo ed altre specialità tipiche che, non solo sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo, ma individuano, valorizzano e identificano uno specifico territorio (MASAF, 2024). Questa tipologia di suino è caratterizzata da animali con un peso vivo commerciale medio di 160 kg ± 10% e da una struttura corporea robusta. Questi animali sono selezionati per le loro caratteristiche muscolari, la qualità e la quantità del grasso, che conferiscono al prodotto finale un gusto e una consistenza unici (Bozzi et al., 2018).

Il suino pesante italiano è caratterizzato da una notevole massa muscolare, in particolare nei quarti posteriori, che rappresentano la parte principale utilizzata per la produzione di prosciutti crudi. Le cosce si presentano allungate e con una buona globosità, la qualità del grasso, densa e ricca di acidi grassi monoinsaturi, è essenziale per il sapore dolce e la morbidezza del prosciutto. Tutte queste caratteristiche lo rendono idoneo anche per i processi di stagionatura.

La selezione genetica e l’alimentazione bilanciata sono aspetti cruciali nel garantire una crescita lenta e una carne idonea a un processo di stagionatura prolungato. La gestione alimentare dei suini prevede una dieta a base di cereali e soia, con un apporto calorico moderato per evitare un eccessivo accumulo di grasso sottocutaneo (Fantini et al., 2020). Da un punto di vista genetico gli ibridi utilizzati per la produzione del suino pesante italiano, derivano da schemi di incrocio a tre vie che utilizzano programmi di selezione in purezza e sistemi di ibridazione secondo un’organizzazione piramidale. All’apice troviamo le linee pure che costituiscono il nucleo di selezione, dove vengono selezionati i riproduttori in purezza (Grand Parents) riconducibili prevalentemente a 3 diverse razze:

  • razza A – Large White Italiana;
  • razza B – Landrace Italiana;
  • razza C – Duroc Italiana.

La scelta di queste tre razze fondatrici deriva dallo sfruttamento delle caratteristiche positive delle 3 razze quali:

  • incrementi ponderali;
  • aumento della conformazione anatomica dei tagli di maggior valore commerciale;
  • aumento della prolificità;
  • miglioramento della distribuzione adiposa di copertura e tra i fasci muscolari delle cosce.

I nuclei di selezione poi riforniscono i riproduttori in purezza al secondo livello della piramide rappresentato dai centri di moltiplicazione per la produzione di femmine ibride A x B (Parents). I maschi nati da questo incrocio nel secondo livello, saranno poi destinati all’ingrasso per la produzione del suino leggero da macelleria.

Infine, abbiamo il terzo livello rappresentato dagli allevamenti commerciali dove le femmine AB vengono incrociate con verri della terza razza (C x AB) al fine di ottenere il prodotto ultimo dello schema di incrocio rappresentato dai soggetti da ingrasso e destinati quindi alla macellazione.

Le modalità di allevamento richieste dai disciplinari di produzione comportano un significativo incremento dei costi di produzione mediamente pari al 20-25% in più rispetto alle produzioni suinicole europee. Questi costi sono dovuti a minori ritmi di crescita (-20%), a maggiori indici di conversione in termini di kg di mangime/kg di accrescimento (EU 1,20 Vs. IT 1,50), cicli di allevamento più prolungati nel tempo (+80%) con un conseguente 40% di suini allevati in meno per posto/stalla/anno (Gallo, 2022).

Gli allevamenti suini italiani seguono regolamentazioni rigorose per garantire il benessere animale, riducendo al minimo lo stress per favorire una qualità ottimale della carne. Gli animali vengono allevati in spazi ampi e in condizioni controllate, riducendo il rischio di patologie e migliorando la qualità del prodotto finale (Bosi et al., 2019).

Esistono due tipologie di allevamento:

  1. ciclo aperto: qui troviamo due tipologie distinte di allevamento ovvero la riproduzione (scrofaia) e l’ingrasso;
  2. ciclo chiuso: qui coesistono nella stessa azienda sia la parte riproduttiva sia quella dell’accrescimento/ingrasso.

Esiste, inoltre, una variante del ciclo aperto, la modalità multi-site (Harris, 2000), dove la stessa azienda possiede diversi siti produttivi lontani tra loro (scrofaia, post-svezzamento, accrescimento e finissaggio). Quest’ultima modalità permette di effettuare il vuoto sanitario, riduce il rischio di trasmissione di patologie e ha effetti positivi sul profilo sanitario degli animali.

 

Fig. 1 Large White Italiana

Fig. 2 Landrace Italiana

Fig. 3 Duroc Italiana

 

L’Artificial Intelligence Act

Insegnamento della storia e cultura storica

Lo scopo supremo che viene assegnato all’insegnamento della storia nella letteratura internazionale è espresso con vari concetti: coscienza storica, pensiero storico, cultura storica. I tre concetti non sono alternativi, sono integrabili. Ma a fondamento sia della coscienza sia del pensiero dobbiamo pensare che ci sia la cultura storica. Dunque, le domande da porsi sono varie: 

  1. Che cosa si intende per cultura storica di alunni di scuola secondaria di I grado?
  2. Di quali conoscenze è formata la loro cultura storica?
  3. Con quale selezione di conoscenze si forma la loro cultura storica?
  4. Con quale didattica si forma tale cultura storica? 

L’articolo cerca di dare risposte a queste domande.

Che cosa si intende per cultura storica di alunni di scuola secondaria di I grado?

La maggioranza degli insegnanti ha verificato e verifica tuttora il sapere storico acquisito dagli alunni e dalle alunne mediante le interrogazioni e i test rivolti a controllare la padronanza di nozioni (date dei fatti, nomi di personaggi, riferimenti spaziali, definizioni di concetti…), insomma il pulviscolo delle informazioni presenti nel testo storiografico manualistico. La presentazione degli argomenti e la verifica dell’apprendimento fatta in tal modo respinge studentesse e studenti che confessano che le principali difficoltà del loro rapporto con la storia insegnata consistono proprio nella memorizzazione delle nozioni e nella mancanza di significato dei fenomeni storici studiati. 

Prendiamo la definizione che il dizionario Treccani dà di “cultura” e vediamo come utilizzarla per formarci una idea della cultura storica da formare con le conoscenze proposte nei tre anni della scuola secondaria di I grado. 

Cultura. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo.

Ecco, si tratta di insegnare le conoscenze storiche in modo che diventino elemento costitutivo della personalità degli alunni, del loro pensiero, del loro modo di considerare il mondo come mondo generato storicamente. Che caratteristiche devono avere le conoscenze storiche insegnate per concorrere alla formazione della cultura storica così intesa?

Quali conoscenze possono formare la cultura storica così intesa?

Innanzitutto quelle che possono dare conto dei rapporti tra passato e presente. Sono le ricostruzioni di processi di trasformazione che hanno prodotto effetti che si protraggono fino ai giorni nostri sono sufficienti due esempi:

1. la diffusione della carta dalla Cina – dove era stata inventata nel II secolo a. C. – verso occidente per opera degli arabi;
2. La invenzione e la diffusione dell’orologio meccanico dal XIII secolo in poi. 

Altre conoscenze possono riguardare stati di cose, contesti come, ad es., caratteristiche della civiltà. Ma in questo caso è importante che apprendano a mettere in connessione le caratteristiche in modo da applicare il ragionamento ai nessi tra le caratteristiche delle civiltà presenti oggi sul pianeta. 

Infine, possiamo attribuire un forte potenziale formativo alle conoscenze che permettono di sviluppare i concetti fondanti della storia e della geografia, che gli alunni potranno applicare alla comprensione di fenomeni attuali (si pensi alle questioni relative ai rapporti tra clima, ambiente, territorio e tecnologia).

Quante conoscenze formano la cultura storica di alunni e alunne della secondaria?

Bastano poche conoscenze opportunamente selezionate, ma trattate in processi di insegnamento e di apprendimento impostati in modo da promuovere le abilità e le competenze a usarle per comprendere le caratteristiche del mondo attuale e le storie che vi si stanno svolgendo. 

Si immagini che possano essere insegnate a regola d’arte 6 conoscenze storiche ogni anno. Alla fine del triennio gli alunni disporranno di 18 conoscenze rilevanti e significative e grazie ad esse potranno rendersi conto del vantaggio cognitivo ricevuto e saranno disposti ad interessarsi alla Storia e ad acquisire altre conoscenze lungo la loro vita. 

Gli insegnanti non dovrebbero pensare che tutti i capitoli del manuale vadano spiegati e assegnati come oggetti di apprendimento. Le indicazioni per il curricolo non l’impongono, anzi incoraggiano a selezionare conoscenze in rapporto con gli obiettivi formativi e i traguardi di competenze assunti nella programmazione. 

Quali sono i criteri per connettere le conoscenze selezionate in un sistema o in un sapere sistematico? Il primo criterio è che ciascuna delle conoscenze contribuisce alla comprensione del mondo attuale. Il secondo criterio è che tutte insieme inducono a pensare il mondo storicamente. Il terzo è che tutte alimentano il pensiero storico critico. 

Con quale didattica si forma tale cultura storica? 

  • Innanzitutto occorre introdurre ogni conoscenza proposta in modo che risulti il rapporto col presente.  Agli alunni e alle alunne deve apparire chiaro che la conoscenza storica tematizzata ha un rapporto col mondo attuale.
  • In secondo luogo, conviene tematizzare la conoscenza in modo che siano evidenti il periodo e lo spazio nei quali il fenomeno si è realizzato.
  • In terzo luogo, si tratta di comunicarla giovandosi di buoni testi storici che permettano la trasposizione didattica efficace e coinvolgente.
  • La quarta mossa del processo di insegnamento deve consistere nel mettere in correlazione la conoscenza trattata in nesso con le altre che sono state insegnate o che verranno insegnate, affinché i processi di apprendimento generino il sapere sistematico che dà fondamento alla cultura storica.

La meccanizzazione in arboricoltura: i trattori

Oggi l’arboricoltura si avvale di un’eccellente meccanizzazione per l’esecuzione della maggior parte delle operazioni colturali che vengono così svolte in modo più tempestivo, meno faticoso e con minor personale.

A livello di costi il ricorso alle macchine permette spesso un contenimento degli oneri di esecuzione delle specifiche operazioni; i costi, tuttavia, non sono semplicemente quelli legati ai tempi di intervento ma sono gravati dalla rispettiva quota di ammortamento della macchina; questa può essere utilizzata per differenti operazioni colturali o su specie differenti, come per esempio su melo e vite, come accade con la trattrice, oppure può essere un attrezzo specifico dedicato a una particolare operazione, come, per esempio, la vendemmiatrice. 

In questo articolo ci concentreremo sulle trattrici.

Le trattrici 

Descriviamo qui le principali trattrici di utilizzo in arboricoltura

La trattrice è il mezzo simbolo della meccanizzazione in arboricoltura e svolge nel corso della stagione il maggior numero di ore poiché costituisce il ‘motore’, nel vero senso della parola, per tutti gli altri attrezzi, salvo per le macchine semoventi. Le trattrici per l’arboricoltura sono compatte, più strette e più basse delle trattrici da pieno campo, pur se spesso dotate di una potenza elevata.

Si distinguono trattori per vigneto o per frutteto, in funzione della loro larghezza; nel vigneto generalmente si utilizzano trattori più stretti che possono essere classificati per classi di potenza o per tipologia di trazione. La tendenza è quella di dotarsi di trattori con potenza medio elevata, fra 80 e 120 hp, anche se macchine di 40-50 hp hanno il vantaggio di essere più leggere.

Per tutti i trattori a ruote, in funzione delle dimensioni strette, con punti di appoggio ravvicinati, è fondamentale la doppia trazione, ormai irrinunciabile. Le gommature devono essere il più possibile ‘galleggianti’, per limitare i compattamenti; in certi casi, a questo scopo, si installano semi-cingoli posteriori e, in altri casi, anche anteriori. I trattori cingolati classici restano una prerogativa delle viticolture collinari. I trattori con ruote isodiametriche, invece, trovano ancora spazio in arboricoltura.

La cabina pressurizzata non è più considerata un accessorio per la sua importanza sia ai fini del comfort sia della sicurezza oltre che per la protezione delle apparecchiature elettroniche, sempre più sofisticate, presenti a bordo macchina.

Il sollevatore anteriore permette l’installazione frontale di alcuni attrezzi, talvolta per avere una migliore visibilità in fase di lavoro, ma anche per permettere l’esecuzione di operazioni combinate con due attrezzi.

La dotazione idraulica deve essere adeguata a tutte le esigenze delle attrezzature più moderne; deve pertanto offrire olio abbondante e un sistema di raffreddamento adeguato per evitare l’installazione di centraline idrauliche supplementari.

In ambito fruttiviticolo si inizia a parlare di trattrici elettriche che, pur se in fase di sperimentazione, offrono interessanti potenzialità (per esempio nelle operazioni di potatura). Iniziano anche a diffondersi i robot a guida autonoma che potrebbero raggiungere un’ampia diffusione fra i filari.

 

Fig. 1 Le trattrici per l’arboricoltura sono potenti,
cabinate, con doppia trazione e sollevatore anteriore.

 

Fig. 2 Trattore a doppia trazione
con ruote isodiametriche.
 

Fig. 3 Trattrice cingolata per le aree collinari.

Fig. 4 La cabina è un accessorio irrinunciabile.

Fig. 5 Semicingoli su trattrice da frutteto.

 

Fig. 6 Semicingoli isodiametrici.

 

Fig. 7 Attrezzi installati frontalmente e
posteriormente alla trattrice per operazioni combinate.

Fig. 8 Robot portattrezzi a guida autonoma
con irroratrice.

 

La meccanizzazione in arboricoltura: le principali attrezzature

In questo articolo ci concentreremo sulle principali attrezzature utilizzate in arboricoltura che possono essere macchine adatte a più colture oppure attrezzi per operazioni specifiche.

Macchine adatte a più colture

Le macchine adatte a più colture possono essere utilizzate indistintamente sulle diverse specie frutticole perché assolvono funzioni che hanno lo stesso scopo; tuttavia, molto spesso le attrezzature sono progettate per specifici scopi, come per esempio nei vigneti in cui i filari sono più stretti rispetto a quelli del frutteto; inoltre è sempre più diffusa la tendenza a ricercare macchine a misura di coltura.

Descriviamo qui le principali macchine che possono essere considerate adatte a più colture.

  • Trinciatrici – Sono macchine per la gestione del cotico erboso e possono avere organi di taglio a rotazione orizzontale o verticale, rispettivamente a coltelli o a lame; questi ultimi possono essere di tipo leggero, adatti al solo taglio dell’erba, o pesante se adatti anche alla triturazione del legno di potatura. 

A seconda delle loro caratteristiche possono operare solo nell’interfila o essere equipaggiate di organi rientranti per la pulizia del filare (in alcune versioni possono essere a filo). Oggi, generalmente, si utilizzano macchine di larghezza adatta per completare il lavoro in un unico passaggio per filare.

  • Macchine per la lavorazione della fila – Spaziano dalle più classiche interceppo, dette anche rientranti – fresatrici, erpici o dischiere – fino alle più moderne sarchiatrici orizzontali o verticali rispettivamente a stelle metalliche o gommate.

Possono essere semplici, se operano su di un solo filare per passaggio, o doppie nel caso lavorino sia sul filare di destra sia su quello di sinistra.

  • Diserbatrici – sono tutte quelle macchine che permettono il controllo delle infestanti sia in modo chimico che fisico. Il diserbo chimico si effettua con irroratrici a barre mentre quello fisico con vapore, pressione, schiuma o fuoco (pirodiserbo).
  • Carri e rimorchi – Sono attrezzature generiche idonee al trasporto di materiali e prodotti che si stanno sempre più diffondendo; devono essere presenti in ogni azienda e possono avere caratteristiche specifiche in funzione della tipologia di prodotto da trasportare.

 

Fig. 1 Trinciatrice installata su
sollevatore anteriore
.

Fig. 2 Trinciatrice a lame orizzontali.

 

Fig. 3 Lavorazione della fila con macchina
interceppo – in questo caso erpice rotante.

Fig. 4 Diserbatrice per pirodiserbo.

 

Macchine specifiche

Le macchine specifiche sono dedicate a una particolare specie e, talvolta,  una precisa forma di allevamento. L’elenco di questo tipo di attrezzi potrebbe essere infinito ma è possibile classificarle in base alla loro funzione; descriviamo di seguito le principali.

  • Potatura estiva – Sono generalmente potatrici a barre falcianti o a coltelli; il loro utilizzo più diffuso è in viticoltura ma si stanno diffondendo anche per altre colture. Possono essere semplici o doppie, ossia unilaterali o bilaterali.
  • Potatura invernale – Sono potatrici a barre o a dischi con lame adeguate per effettuare tagli su tralci ben lignificati. Sono molto diffuse in viticoltura e sono in fase di sperimentazione anche in frutticoltura.
  • Difesa – Nell’ambito della difesa, esistono macchine ideate a misura di coltura e forma d’allevamento, come, per esempio, le irroratrici a recupero per la viticoltura, le macchine tri-fila o le particolari schermature per la precisa diffusione dell’aria sulla parete vegetativa. Possono essere portate o trainate – a basso, medio o alto volume – e possono avere una diversa dotazione elettronica in grado di agevolare la precisione nella distribuzione dei prodotti. La capacità della cisterna può essere variabile ma, generalmente, non rappresenta un aspetto particolarmente rilevante soprattutto per volumi di irrorazione medi e bassi.
  • Raccolta – Queste macchine possono essere agevolatrici, come quelle per la raccolta della frutta che rendono più comodo, veloce e sicuro il lavoro degli addetti, o possono effettuare la raccolta vera e propria, come nel caso delle vendemmiatrici o delle macchine per la raccolta di olive, susine o albicocche.

Possono essere trainate o semoventi a seconda che utilizzino una trattrice o siano dotate di motore proprio. Il grado di meccanizzazione della raccolta dipende dalla destinazione del prodotto.

  • Movimentazione – In questa categoria rientrano sia i muletti, per la movimentazione di bancali, casse o bins, sia i carri per il trasporto dei prodotti, confezionati o sfusi, come nel caso delle vasche per il trasporto delle uve. I muletti possono essere semoventi o installati a una trattrice preferibilmente a guida reversibile in modo da renderne più comodo e sicuro l’utilizzo.

Fig. 5 Cimatura estiva su vigneto.

Fig. 6 Potatura invernale su pero.

 

Fig. 7 Irroratrice a recuopero di prodotto.

Fig. 8 Vendemmiatrici semoventi.

 

Fig. 9 Muletto semovente per la
movimentazione dei bancali o dei bins.

Fig. 10 Vendemmiatrice trainata.

 

Fig. 11 Carro raccolta per frutteto.

Fig. 12 Carri per il trasporto
delle uve raccolte a macchina.

 

Il valore dell’istruzione

Il valore dell’istruzione

Benjamin Franklin apre l’articolo “Proposals Relating to the Education of Youth in Pensylvania”, già citato nell’articolo del mese scorso, con queste parole: The good Education of Youth has been esteemed by wise Men in all Ages, as the surest Foundation of the Happiness both of private Families and of Common-wealths”.

La ricchezza collettiva si fonda sulla buona istruzione dei giovani. Franklin ne era talmente consapevole da aggiungere:

Molti dei primi coloni di queste province erano uomini che avevano ricevuto una buona istruzione in Europa, e alla loro saggezza e buona gestione dobbiamo molto della nostra attuale prosperità. … La razza attuale [cioè, la generazione di coloni] non è generalmente ritenuta di pari capacità: … “.

Franklin sta notando che le nuove generazioni di americani sono meno istruite delle precedenti e meno capaci nelle diverse arti. Franklin è preoccupato, cerca di riformare le scuole per migliorare l’istruzione e per prevenire il più possibile le conseguenze dannose che accompagnerebbero un’ignoranza generale… “.

Il mismatch tra istruzione e mondo del lavoro

Negli ultimi due secoli, il successo di una Rivoluzione Industriale trainata da molte singole iniziative ha convinto il mondo occidentale dell’utilità di assecondare le aspirazioni individuali, nella convinzione che la ricerca dell’interesse individuale realizzi di riflesso anche quello collettivo. Tendiamo quindi a stimolare i giovani a riflettere su se stessi per scoprire le proprie inclinazioni in modo da coltivarle e realizzarsi individualmente.

Questo paradigma è una delle cause dello scostamento, continuamente rilevato, tra le scelte formative dei giovani e i lavori richiesti dalla collettività. Ci sono giovani ben istruiti in settori di cui la collettività non necessita; e quest’ultima ha bisogno di profili che tra i giovani non si trovano. La crisi è doppia: giovani e famiglie avvertono la quasi inutilità sia degli studi sia delle risorse e del tempo spesi; le imprese non trovano le figure qualificate di cui necessitano, senza le quali non possono ammodernare gli impianti e migliorare la loro competitività. Il risultato ultimo è l’impoverimento generale, già in corso.

Una bussola per l’orientamento

Il tema è delicato; riguarda la posizione dell’individuo all’interno della comunità e come quest’ultima valuta il merito dei giovani. Franklin chiude l’articolo sottolineando che:

L’idea di ciò che è vero merito dovrebbe essere spesso presentata ai giovani, spiegata e impressa nelle loro menti, come consistente in un’inclinazione unita alla capacità di servire l’umanità, il proprio Paese, gli amici e la famiglia; capacità che (con la benedizione di Dio) è da acquisire o da aumentare notevolmente tramite il vero apprendimento; e dovrebbe davvero essere il grande obiettivo e fine di tutto l’apprendimento”.

L’individuo, dunque, si realizza nella comunità e quest’ultima ha le sue esigenze. Cosa ne pensano i nostri studenti?

ITADINFO 2024 a Genova

Dal 18 al 20 ottobre 2024 si è svolta a Genova la seconda edizione di ITADINFO, sulla didattica dell’informatica.

Come si legge sul sito del convegno, il convegno mira a raccogliere e presentare testimonianze di metodo e pratiche didattiche innovative, contributi di ricerca, esperienze, brevi video e laboratori formativi sui temi dell’apprendimento dell’Informatica.

Il convegno è organizzato dal Laboratorio Nazionale CINI “Informatica e Scuola”, in collaborazione con il Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei Sistemi – DIBRIS dell’Università di Genova e con l’associazione di promozione sociale “APS Programma il Futuro”, con il contributo del Progetto Nazionale “Informatica” del Piano Lauree Scientifiche, e rientra nel quadro del Protocollo d’Intesa tra CINI e Ministero dell’Istruzione per sviluppare nella scuola l’insegnamento dei concetti scientifici di base dell’informatica e l’educazione all’uso responsabile della tecnologia informatica.

Ci sono stati tantissimi contributi di esperti, laboratori didattici, racconti di esperienze e in ultimo la tavola rotonda “Intelligenza Artificiale generativa e didattica dell’Informatica: che fare?”. In questo articolo farò una brevissima carrellata degli interventi che mi hanno interessata maggiormente, rimandandovi per un approfondimento e per gli altri contenuti agli atti del convegno che sono pubblicati sulla pagina.

Insegnare l’informatica all’intelligenza artificiale: learning by teaching attraverso tecniche di prompt engineering 

Il Prof. Pedroncelli, insegnante di Informatica, ha presentato in questo intervento una modalità di fruizione dei chatbot di AI molto originale, una sorta di ribaltamento del concetto di utilizzo, dove l’AI viene configurata in modo da farle assumere, non il ruolo di “insegnante”, ma di “studente”.

Nell’abstract del paper si legge “Questo articolo propone un esempio di applicazione di prompt engineering per l’insegnamento dell’informatica, utilizzando l’intelligenza artificiale generativa come strumento pedagogico. Viene presentata una strategia di insegnamento assistito da Large Language Models (LLMs) ispirata al paradigma del Learning By Teaching (LBT). Si forniscono esempi concreti di come questa strategia possa essere implementata nella pratica didattica dell’Informatica, analizzando i risultati derivanti da test sui più popolari LLM. …Un esempio di prompt engineering ottimizzato per l’apprendimento dell’informatica .. può essere quello di  implementare …un modello di interazione “flipped”, in cui l’agente conversazionale (chatbot) pone domande allo studente fino a ottenere informazioni sufficienti per raggiungere un obiettivo specifico. …viene proposta una struttura di prompt in cui l’IA si comporterà da studente, leggerà la spiegazione di un argomento da parte del suo interlocutore (che in effetti uno studente che interpreta il ruolo di docente), chiederà chiarimenti e proverà a risolvere un esercizio relativo a tale argomento che dovrà poi essere corretto dall’interlocutore, cioè dallo studente.

Questa idea di scambiare le parti e fare in modo che lo studente debba rispondere alle domande dell’AI è molto intrigante, penso che lo sperimenterò in una delle mie classi.

Esercizi di programmazione non banali con Chat GPT nelle superiori: un esperimento

Questo intervento è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Genova in collaborazione con un docente di un istituto di istruzione secondaria di secondo grado. L’esperimento si distingue per il suo particolare interesse, in quanto esplora l’impiego di ChatGPT come assistente alla programmazione, evidenziando una conclusione rilevante e non scontata, che può stimolare riflessioni sull’uso dell’intelligenza artificiale da parte degli studenti.

Si legge nell’abstract “Negli ultimi anni, i Large Language Models (LLM), tra cui ChatGPT, sono diventati strumenti popolari tra gli studenti delle scuole secondarie e delle università per risolvere esercizi di programmazione. Tuttavia, l’uso improprio di questi strumenti può danneggiare il processo di apprendimento. Questo studio analizza l’effetto di ChatGPT sulle prestazioni degli studenti delle scuole superiori in esercizi di programmazione, concentrandosi sulla comprensione di concetti non familiari. Abbiamo condotto un esperimento su una classe terza di un istituto tecnico informatico, suddivisa in due gruppi: uno con accesso a ChatGPT e l’altro senza. I risultati mostrano che gli studenti senza accesso a ChatGPT hanno ottenuto risultati leggermente migliori. Le difficoltà maggiori si sono riscontrate nella comprensione delle richieste e nell’uso delle funzioni fornite insieme all’esercizio. I risultati suggeriscono che l’accesso a ChatGPT senza una formazione adeguata può non essere vantaggioso per risolvere esercizi di programmazione complessi.

Ascoltiamo gli errori più comuni nella programmazione concorrente con Sonic Pi

I professori Giorgio Delzanno, Giovanna Guerrini e Daniele Traversaro del Dipartimento DIBRIS dell’Università degli Studi di Genova hanno introdotto un originale ed efficace metodologia per far approcciare gli studenti ad una materia complessa come la programmazione concorrente.

Tale metodologia è stata proposta attraverso un laboratorio pratico nel quale siamo stati chiamati a interagire utilizzando il linguaggio Sonic Pi, nato per live coding e utilizzato in questa esperienza per introdurre i concetti di base della programmazione concorrente e provare a risolvere le misconcezioni più tipiche di questo argomento facendo “suonare” gli errori più comuni come data race e drifting.

Il laboratorio si è articolato in una sessione della durata di 90 minuti, in cui abbiamo affrontato direttamente le attività che potranno essere proposte ai nostri  allievi. Il concetto è quello di scrivere un programma con le regole della programmazione concorrente utilizzando le funzioni di Sonic Pi, in pratica il nostro programma ha lo scopo di produrre suoni in quanto Sonic Pi trasforma l’elaboratore in uno strumento musicale. Eseguendo il programma e “ascoltando” il risultato si comprende con molta più facilità come funziona questa tecnica di programmazione.

Pytch – Introdurre la programmazione Python con una soluzione innovativa

Per quanto riguarda questo interessante argomento vediamo l’abstract dell’articolo: “Il progetto di ricerca Pytch, svolto al Trinity College Dublin con collaboratori in TU Dublin, mira a promuovere e supportare interesse e coinvolgimento nell’apprendimento dell’Informatica nella scuola Secondaria. Come parte del progetto, il team di ricerca ha sviluppato Pytch, un ambiente web di programmazione gratuito, co-progettato con docenti e studenti per aiutare quest’ultimi a passare da programmazione a blocchi (Scratch) a programmazione testuale (Python).

 Con Pytch, gli studenti mantengono tutte le conoscenze, l’intuizione e le competenze acquisite con Scratch e possono concentrarsi sull’imparare Python.  Questo grazie a concetti come sprite e script basati su eventi, grafica e suoni, introducendo allo stesso tempo l’idea di scrivere codice Python testuale anziché trascinare e impilare blocchi. 

Per maggiori informazioni possiamo consultare il sito.

Ho seguito con soddisfazione il laboratorio proposto dalla ricercatrice Sara Fiori e l’ho trovato davvero stimolante, tanto da volerlo provare già da quest’anno con i miei studenti.

Ci sono stati anche laboratori e contributi sulla realtà virtuale per applicazioni da realizzare e da utilizzare con e senza visore, non le elenco in questo articolo perché sono esperienze veramente uniche e ancora molto a livello sperimentale, ma per chi è interessato si possono trovare approfondimenti e informazioni nel libro degli atti del convegno.

Intelligenza Artificiale generativa e didattica dell’Informatica: che fare? Interventi e dibattito 

Moderatore: Alberto MontresorInterventi di: Giovanna Guerrini, Violetta Lonati, Mattia Monga, Enrico Nardelli.

È poi stato davvero interessante assistere e partecipare all’ultimo atto del convegno nel quale si è svolta una tavola rotonda sull’argomento più controverso e attuale: quello dell’Intelligenza artificiale, questa volta calata nella didattica dell’Informatica. I professori intervenuti hanno dato vita a un dibattito molto profondo che ha stimolato il discorso anche con interventi della platea.

Elenco una serie di punti emersi dal panel, sicuramente non esaustivi, di quello che è stato detto:

  • L’AI potrebbe “schermare” la natura dell’informatica, facendo credere che l’informatica sia solo AI, come è successo con la diffusione dell’ECDL.
  • L’AI può essere un argomento politico, può plasmare le menti, riflettiamo “cui prodest” con estrema prudenza.
  • Didattica dell’intelligenza artificiale e didattica con l’intelligenza artificiale (o didattica nonostante l’intelligenza artificiale)?
  • L’AI serve per potenziare le capacità di calcolare e di scrivere degli studenti? O piuttosto li disabitua all’utilizzo di queste facoltà?
  • Le risposte dell’AI si basano su algoritmi che utilizzano basi statistiche, potrebbe essere un’occasione per far prendere coscienza dei limiti dell’AI aumentando nella scuola l’attenzione verso il calcolo della probabilità e la statistica.
  • La quantità di risorse che richiede l’AI è sostenibile? È economicamente produttiva?

Cosa possiamo fare noi insegnanti nel brevissimo termine?

Nella formazione dei nuovi insegnanti, insegniamo cosa sono i dati, la qualità del dato, da dove viene fuori, cosa significa avere a che fare con strumenti che hanno un grado di incertezza. I compiti a casa non sono più rilevanti, pertanto diventa più importante il lavoro in classe, quindi sarà necessario avere meno studenti per classe: la scuola dovrebbe avere più insegnanti e più risorse. L’allucinazione collettiva è che chatGPT ragiona, ma è solo uno strumento e dobbiamo usarlo per quello che serve, dobbiamo educare gli studenti a capire per quali compiti l’AI non è adeguata, mostrare delle situazioni in cui chi ha competenza riceve una risposta sbagliata e se ne rende conto (meglio chiamarla machine training che machine learning perché non impara nulla di nuovo, rielabora le informazioni che riceve).

Il valore della scuola è anche quello di convincere gli studenti che rifare cose che qualcuno ha già fatto ha valore, non bisogna cadere nel rischio dell’innovazione permanente, magari non ha più senso diventare un programmatore in Assembler ma per chi sta studiando è un problema se si perde la conoscenza del fatto che esiste l’Assembler. Stiamo formando dei fruitori di tecnologia o dei creatori di tecnologia? Open source e AI: gli strumenti di AI sono tutti proprietari, sottolineiamo il problema del software libero, c’è il problema di sapere sulla base di quali dati viene fatto l’addestramento dell’AI.