Il ruolo dell’agricoltura e l’analisi di vulnerabilità ai cambiamenti climatici

La Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (UNFCCC) definisce il cambiamento climatico come un cambiamento del clima che sia attribuibile direttamente o indirettamente ad attività umane che alterino la composizione dell’atmosfera planetaria e che si sommino alla naturale variabilità climatica osservata su intervalli di tempo analoghi.

Il riscaldamento della Terra determina lo scioglimento della criosfera, l’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani, la desertificazione, la perdita di biodiversità, il deterioramento della qualità dell’acqua, la progressiva carenza di risorse idriche, la diminuzione della precipitazione annua, la diminuzione del deflusso fluviale, l’incremento degli incendi boschivi, la diminuzione delle rese colturali, l’incremento delle malattie legate allo spostamento su scala geografica di persone, animali e merci.

Dal punto di vista zootecnico e veterinario si sono evidenziate variazioni nella qualità e quantità delle produzioni animali in quanto l’incremento delle temperature ed il fenomeno delle ondate di calore, specialmente nelle stagioni estive, sottopongono gli allevamenti a condizioni di stress termico importanti e prolungate, tali da compromettere la naturale capacità degli animali di autoregolare le proprie funzioni fisiologiche, pregiudicando dunque il benessere. Nel settore forestale l’aumento delle temperature incide sulla frequenza ed intensità degli incendi e sulla diffusione di parassiti. Le coltivazioni maggiormente colpite sono in particolare gli agrosistemi, le colture a ciclo primaverile – estivo quali, ad esempio, mais, soia, girasole e le colture arboree come la vite e l’olivo.

Il settore dell’agricoltura svolge un duplice ruolo sia dal punto di vista degli impatti che gravano sulla stessa attività agricola che delle emissioni climalteranti sull’ambiente.

Nel 2018 le emissioni derivanti dal settore agricoltura costituiscono il 7% delle emissioni di gas serra totali, circa 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. L’agricoltura, infatti, determina emissioni di gas climalteranti in atmosfera, prevalentemente imputabili alla produzione di metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e, in misura minore, anidride carbonica (CO2).

Dall’analisi dei dati ISPRA si rileva, tra il 1990 e il 2018, una riduzione delle emissioni di gas serra pari al 13%.

Tali riduzioni si attribuiscono principalmente a una concomitanza di diversi fattori, quali la diminuzione della consistenza zootecnica, i cambiamenti nella gestione delle deiezioni animali, la riduzione delle superfici coltivate e delle produzioni agricole, il minor impiego di fertilizzanti sintetici azotati e all’attuazione dei programmi della Politica Agricola Comune. Inoltre, negli ultimi anni, è aumentata la quota di energie rinnovabili da consumi energetici nazionali, con una forte espansione del numero di impianti per la produzione di energia da biogas, da biomasse e fotovoltaico.

Tutto ciò premesso, l’agricoltura, di contro, ha enormi potenzialità in termini di mitigazione climatica perché produce fonti energetiche rinnovabili e svolge la funzione di sequestro di carbonio e di assorbimento dei pozzi, specialmente per quanto concerne il settore LULUCF (Destinazioni dei suoli, Cambiamento di destinazione dei suoli e Silvicoltura). Nel 2018, infatti, il settore LULUCF contribuisce alla mitigazione dei cambiamenti climatici assorbendo oltre 36 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti.

Nelle conclusioni si evince che il tema della riduzione delle emissioni climalteranti è senza dubbio centrale nel dibattito pubblico e nelle scelte politiche in ottica ambientale e il paesaggio rurale-agricolo riveste, da questo punto di vista, un ruolo fondamentale.

La futura politica agricola, infatti, sarà tenuta a svolgere un ruolo di primo piano per incrementare la sostenibilità del settore agricolo, attraverso una serie di strumenti che, contestualmente allo sviluppo sociale delle aree rurali e alla competitività delle aziende agricole, siano in grado di contribuire, tutti insieme e in modo sinergico e coordinato al raggiungimento degli obiettivi ambientali e climatici. Infatti, occorre consolidare il ruolo di custode dell’ambiente da parte dell’agricoltura nel perseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi, dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, del Green New Deal, della Strategia sulla Biodiversità 2030 e della Strategia Farm to Fork dell’Unione Europea.

I punti cardine che dovranno essere sviluppati nella futura programmazione della PAC sono:

  • attuare pratiche agronomiche conservative e sostenibili;
  • garantire l’uso efficiente delle risorse attraverso la diffusione di metodi di produzione moderni basati sulle nuove tecnologie del precision farming e sull’efficace ricorso a sistemi di supporto alle decisioni, sull’ammodernamento delle infrastrutture e delle tecniche moderne e innovative volte a minimizzare gli sprechi e a ottimizzare l’uso degli input in campo;
  • favorire la protezione e la conservazione delle riserve esistenti di carbonio organico nel suolo come, ad esempio, prati permanenti, torbiere e foreste;
  • accrescere l’attenzione verso l’importanza dei servizi ecosistemici forniti dal suolo, anche nell’ottica di preservare i benefici che ne derivano per l’uomo e, infine, privilegiare la visione integrata e intersettoriale al fine di incrementare il nesso tra qualità e sicurezza degli alimenti e la tutela e salute del suolo;
  • ridurre la pressione esercitata dalle attività agro-forestali sulle risorse naturali e sul clima;
  • promuovere nuove dinamiche di sviluppo e consumo basate su un innovativo e centrale ruolo del sistema agro-forestale, quali la bioeconomia, l’economia circolare, l’agroecologia, la valorizzazione dei sottoprodotti come gli effluenti zootecnici, i residui vegetali in campo e le colture.

Le minacce alla biodiversità

Le specie selvatiche sono state più volte nelle pagine dei giornali durante quest’ultimo anno a causa della pandemia da COVID-19. Sebbene non sia ancora accertato il ruolo del mercato di animali di Wuhan nell’origine della pandemia, sembra ormai sicuro che SARS-CoV-2 sia arrivato a noi in seguito a uno spillover. Ma le ricadute del commercio di specie selvatiche ricoprono molti altri aspetti. Infatti non vengono commerciate solo in Cina come cibo o rimedi tradizionali ma hanno floridi commerci in tutto il mondo inclusi i paesi occidentali. Questo perché le specie selvatiche vengono vendute come animali da compagnia e piante ornamentali ma riforniscono anche i mercati di lusso di avorio e pellicce.

Questi commerci però possono mettere in pericolo la biodiversità sia degli ambienti in cui le specie selvatiche vengono prelavati sia, in alcuni casi, di quelli in cui vengono vendute. Se da un lato alcuni di questi commerci sono legali, molti altri non lo sono e hanno alla base il bracconaggio o lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. Tuttavia, ci sono alcuni casi in cui il prelievo di specie selvatiche dagli ambienti naturali avviene in modo equo per le popolazioni umane e sostenibile per l’ecosistema. Purtroppo, accanto a queste pratiche virtuose esistono attività molto meno sostenibili sia a livello ambientale che sociale ma più vantaggiose economicamente per chi le pratica.

Esiste, tuttavia, un altro aspetto del commercio di specie selvatiche che può essere pericoloso per l’ambiente. Molte delle specie selvatiche importate per essere sfruttate commercialmente a un certo punto finiscono per “sfuggire di mano”. Se l’ambiente in cui queste specie si ritrovano libere è favorevole alla loro riproduzione ecco che queste diventano specie invasive. Due esempi noti di questo sono la nutria e la tartaruga palustre.

La nutria è un roditore selvatico originario del Sud America, importato in Europa e in altri paesi per essere allevato e per la sua pelliccia. Alcuni individui fuggiti o liberati dagli allevamenti hanno poi colonizzato i nostri corsi fluviali dove causano ora notevoli danni economici e ambientali. Destino simile è toccato alla tartaruga palustre. Originaria dell’America fu importata per popolare gli acquari delle nostre case ma è poi finita per colonizzare stagni e laghetti mettendo in serio pericolo le specie locali.

Per approfondire

  • In questo articolo su il Bo Live si parla della minaccia alla biodiversità rappresentata dal commercio di specie selvatiche Leggi l’articolo
  • In questo articolo pubblicato su Scienza in Rete si parla del costo economico dovuto alle specie invasive Leggi l’articolo
  • Sull’Eco di Bergamo c’è una interessante cronaca riguardo la tartaruga palustre Leggi l’articolo 
  • Infine, nei mesi scorsi una squadra dell’OMS si è recata a Wuhan per indagare sull’origine di Sars-cov-2 a questa pagina c’è un articolo al riguardo Leggi l’articolo 

Modelli di crescita

Cara lettrice, caro lettore,
spesso quando si parla del modo in cui cresce la popolazione umana si parla di crescita esponenziale. Dal punto di vista matematico, questo vuol dire che il numero di persone viventi si può descrivere in modo approssimato mediante una funzione della forma f(t) = a ebt, dove t è una variabile indipendente che rappresenta il tempo, mentre a e b sono dei parametri da determinare in base al fenomeno studiato. Utilizzando i dati messi a disposizione da https://www.worldometers.info/world-population/world-population-by-year/ e utilizzando un foglio di calcolo si può verificare che la popolazione umana nella storia si può approssimare mediante la funzione f(t)≈ 108 e1,2t (per comodità, il tempo t è misurato in millenni). Questo modello sovrastima la popolazione mondiale dal 1000 a.C. fino quasi al 2000 d.C. e dopo il 2000 la sottostima.

Crescite non esponenziali

Il modello esponenziale è il più semplice modello di crescita e anche il primo a essere stato studiato. Però ci sono delle altre dinamiche di crescita che, inizialmente, possono risultare indistinguibili da quella esponenziale. Un esempio è la crescita logistica, che si ottiene supponendo che l’ambiente abbia una capacità di carico oltre la quale non riesce più a dare nutrimento e risorse alla popolazione che lo abita. La crescita logistica è descritta da funzioni del tipo f(t)=c/a+ebt. Il parametro c indica la capacità di carico dell’ambiente, mentre a e b dipendono dalla popolazione studiata. Se la popolazione iniziale è inferiore alla capacità di carico dell’ambiente, aiutandosi con un grafico si può vedere che per tempi iniziali (che dipendono dai parametri a, b e c) la dinamica è simile a quella di una crescita esponenziale. Successivamente, la crescita della funzione logistica è molto più lenta di una esponenziale. Invece, per popolazioni iniziali già superiori alla capacità di carico dell’ambiente il modello logistico prevede una decrescita che per tempi iniziali sarà molto simile a quella esponenziale.

Prede e predatori

Cosa succede se anche la capacità di carico dell’ambiente cambia nel tempo, per esempio perché è espressa in funzione di una popolazione di prede che non è fissa, ma varia in base al numero di predatori? Per rispondere a questa domanda Vito Volterra e Alfred Lotka hanno sviluppato in modo indipendente un modello matematico che oggi porta il nome di entrambi. Per semplicità, pensiamo al fenomeno empirico osservato da Volterra: la variazione nella popolazione ittica nell’Adriatico. Durante la Prima Guerra Mondiale la pesca aveva rallentato, ma a sorpresa anche il numero di pesci era diminuito, contrariamente alle previsioni. Per spiegare questo fenomeno Volterra ipotizzò che la pesca riducesse in modo significativo solo il numero di pesci predatori. La carenza di predatori prodotta dalla pesca avrebbe quindi permesso alle loro prede di crescere. Invece con il diminuire della pesca il maggior numero di predatori avrebbe portato a una notevole diminuzione di quello delle prede. Questa dinamica è descritta in termini matematici dal modello di Lotka-Volterra.

La dinamica ciclica tra prede e predatori

In Internet sono disponibili molte simulazioni della dinamica preda-predatore prevista dal modello di Lotka-Volterra. Per esempio, su questa pagina è possibile scegliere la popolazione iniziale di prede e predatori e vedere un grafico che mostra le previsioni corrispondenti. Se il numero delle prede è sufficiente a sostenere una popolazione di predatori, si osserva un comportamento ciclico: dapprima la popolazione di predatori crescerà a scapito delle prede. Non appena il numero di predatori diventa troppo grande rispetto a quello delle prede, i predatori inizieranno a decrescere. Alla decrescita del numero dei predatori corrisponde una crescita del numero delle prede, che permetterà al ciclo di ricominciare anche in presenza di pochissimi predatori. Se questa dinamica ci sembra familiare è perché ci ricorda quella della diffusione delle malattie: esse sono i predatori, mentre gli organismi infettabili sono le prede. Quindi, anche se i modelli di diffusione delle malattie sono più complessi e si basano su ipotesi diverse, già un modello semplice come quello di Lotka-Volterra può aiutarci a capire come mai una malattia come il COVID-19 si ripresenti in più ondate successive, anche se a un certo punto potrebbe sembrare quasi sconfitta.

Per approfondire

  • Il modello esponenziale è chiamato anche malthusiano, in onore del demografo britannico Thomas Robert Malthus, che lo ha descritto per primo. Nel foglio Excel allegato è presentato un modello esponenziale per la crescita della popolazione mondiale.
    Scarica il file Excel
  • Un confronto tra crescita esponenziale e logistica è proposto in quest’attività con GeoGebra della professoressa Alice Caraceni: https://www.geogebra.org/m/qxa3a9FG
  • Sul sito MaddMaths! si può leggere una breve biografia di Vito Volterra:
    http://maddmaths.simai.eu/divulgazione/focus/vito-volterra/
  • Alla pagina http://www.ahahah.eu/trucs/pp/ è stato implementato un simulatore 2D di una popolazione di predatori (in rosso) e di prede (in blu). Ciascun animale si muove in modo casuale, quando un predatore incontra una preda la mangia. Inoltre predatori e prede hanno un tasso di natalità e un tasso di mortalità. Anche se il modello è all’apparenza più complesso di quello di Lotka-Volterra, le sue previsioni sulla dinamica delle due popolazioni sono analoghe.
  • Per una breve introduzione ai modelli di diffusione delle malattie si possono consultare le dispense del professor Stefano Bonaccorsi dell’Università di Trento: https://bit.ly/2RlQpbn
  • Un’analisi più approfondita e corredata di simulazioni numeriche è stata proposta dal dottor Paolo Caressa alla pagina https://github.com/pcaressa/note-epidemie/blob/master/epidemie.ipynb

Orto, un’aula all’aperto: come cresce una pianta!

L’uomo fin dalla preistoria ha imparato osservando la natura intorno a lui: stagioni, clima, ciclo vitale di piante ed animali erano una palestra di vita per comprendere il funzionamento delle cose.

L’apprendimento oggi passa principalmente attraverso libri, applicazioni e aule chiuse, un modo molto diverso di apprendere rispetto a quello naturale.

Ecco allora che progettare un orto nel cortile della scuola diventa espediente per tornare ad osservare la natura e a coltivare la pazienza.

La proposta di piantare dei semi e osservarli crescere potrebbe sembrare banale e anche molto scontata. La differenza dell’esperienza deve quindi stare nell’approccio.

Partendo dalla storia “Cinque in un baccello” di Hans Christian Andersen possiamo porci una domanda che darà il via a molte ipotesi su cui indagare: “Come mai proprio quel pisello sopravvive e diventa una pianta ben sviluppata mentre gli altri piselli muoiono?”.

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura e interpretazione della storia;
  • seconda parte: presentazione del lavoro;
  • terza parte: videotutorial con i passaggi per realizzare il template per l’osservazione della crescita della pianta.

Video

 

MATERIALI AGGIUNTIVI

Scarica il template

LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

Just Press Play

Music has, since time immemorial, been a fundamental teaching tool. From the earliest rhymes and rythyms heard from our mother’s embrace or croaking songs from our father’s arms, music has seemingly found it’s way to stimulate our memories and tickle our desire for learning more.

Before literacy and the advent of the written word, the Celtic Bardic traditions of song and poetry, for example,  kept the histories of the the tribes intact and through strict adherence to the rhythm and lyrics, allowed for the histories and stories held within to be passed through the generations with very little loss of information and language.

 The importance of song  as a medium of passing knowledge  over generations has diminished greatly but the learning aspect remains as valid as it has ever been, particularly  when it comes to language and vocabulary. It has been found that songs assists in the learning of a new language by assisting the memory to retain sentence and phrase constructions as well as learning new vocabulary in context. With the additional benefit being a lot more entertaining to listen to  than a droning teacher. 

The introduction of musical streaming sites such as Spotify and Tide has helped the gathering together of these musical resources for easy use in a classroom context. Whereas in the past the relative awkwardness of recording on to magnetic tape or burning onto CD hindered the full use of music , its utility in the class was not always ideal, we can now ,in minutes and a single click, find, organise and optimise our playlists to suit whatever teaching subject we require. Present Perfect Continuous?; Led Zeppelin, Since I’ve Been loving You; Modal Auxiliaries ; Muse , Resistance. The options are boundless  because where there is song , there are words and vocabulary and also grammar. Spotify and such sites have added an ease to the use of music in language teaching that is difficult to overstate and both students and teachers are reaping the benefits both in class participation and enjoyment as well as fluency and lexical enhancement.

Passeggia e parla

Se non fosse già evidente, almeno per gli/le insegnanti più attenti/e, ci hanno pensato le neuroscienze a dimostrare le interconnessioni tra percezione, emozione e apprendimento. Le dimensioni corporea ed emotiva entrano prepotentemente in gioco nei processi attivati dalla didattica. Non è un caso che, sempre più, la ricerca è orientata allo sviluppo di “competenze crossmodali”, ovvero a un approccio complessivo (corporeo-emotivo-empatico) attraverso il quale potenziare le più generali competenze di tipo disciplinare.

Alcune pratiche didattiche possono essere molto utili a questo scopo. Ne illustriamo solo una come esempio. Il “walk and talk”, una pratica derivata da tecniche di storytelling, consiste nell’organizzare la classe in “coppie di camminata”. Ai bambini e alle bambine della classe viene chiesto, passeggiando, di svolgere un compito disciplinare. Un esempio tipico è uno scambio verbale, con domande e risposte, su un argomento di studio. L’abbinamento tra compito cognitivo e attività motoria attiva sia il principio della motivazione che l’attenzione.

La progettazione di una lezione dovrebbe tenere conto dell’andamento dell’attività cognitiva e dell’andamento generale della concentrazione. In un’ora di lezione, infatti, è stato dimostrato che il massimo potenziale è concentrato all’inizio (prime time) e non supera i dieci-quindici minuti. Segue un veloce calo cognitivo (down time) che viene solo in parte recuperato verso la fine dell’attività. Ne consegue che, volendo sostenere l’attenzione e la concentrazione di tutta la classe, una buona progettazione dovrebbe seguire la successione di “alti e bassi”.

In questo quadro, l’attività motoria dovrebbe seguire la richiesta di compiti ad alta resa cognitiva, soprattutto nel momento del down time, e non essere concepita solo come specifica disciplina. Si tratterebbe di una piccola innovazione dalle grandi ripercussioni sugli apprendimenti. 

Una decisione informata ai tempi della pandemia

I ragazzi e, con loro, le famiglie che si apprestano a scegliere la scuola superiore sono stati messi a dura prova dalla pandemia. E l’epidemia influirà sicuramente sulle loro scelte: alla scuola non si chiede più solo di formare e di insegnare ma di essere maggiormente presente in tutti i momenti cruciali della vita dei giovani. Il ruolo della scuola nell’immaginario collettivo sembra aver finalmente conquistato la giusta importanza che gli compete. 

I ragazzi e, soprattutto, i genitori ora sanno che qualcosa può accadere e vogliono sapere come l’istituto che sceglieranno saprà farvi fronte. La scelta influenzerà la vita quotidiana di tutta la famiglia: a differenza della primaria e della secondaria di primo grado, la scuola ora non si sceglie più in base alla vicinanza all’abitazione. È la prima volta “da grande”; un momento simbolico di crescita e indipendenza. 

Il primo bivio che ragazzi e famiglie incontrano è la suddivisione tra licei e istituti tecnici e professionali: i primi sono ritenuti un viatico per l’università, i secondi sono riservati agli altri, a coloro che cercano uno sbocco lavorativo più immediato. In realtà la divisione non è così netta. L’offerta formativa, in questi anni, si è ampliata per venire incontro al cambiamento della società e del mondo del lavoro. I licei spaziano dai più classici classico, scientifico, artistico e linguistico, fino al coreutico e musicale, passando per lo scientifico con opzione scienze applicate e per il liceo delle scienze umane opzione economico-sociale. 

Gli istituti tecnici, suddivisi in due settori e vari indirizzi, dotano gli studenti di una preparazione dal carattere scientifico e tecnologico, adeguata sia per accedere al mondo del lavoro che per frequentare l’università, in modo particolare per le facoltà di carattere economico e scientifico. D’altro canto, i tanti indirizzi degli istituti professionali che, spesso, sono inseriti nel territorio in cui si trovano e cercano di rispondere alla domanda del locale mercato del lavoro, sono strutturati per una rapida immissione nello stesso. 

Il consiglio preliminare è di ascoltare i ragazzi, aiutarli a prendere consapevolezza dei loro desideri e interessi e a individuare i propri talenti e le proprie passioni. E poi frequentare gli open day, informarsi, chiedere, fare domande sulle materie, sugli orari, sui corsi pomeridiani, sull’accessibilità, sui trasporti, sull’organizzazione e su tutto quello che l’istituto offre. 

Non è un salto nel buio: ci sono dirigenti e docenti molto impegnati che si mettono a disposizione per accogliere al meglio i ragazzi. Quanto la scuola abbia a cuore la propria missione lo ha ampiamente dimostrato negli ultimi tre anni. I dirigenti scolastici, con i loro staff, hanno lavorato senza sosta, con la serietà e il senso di responsabilità che li caratterizza, per non far venir meno il servizio, a volte anche sopperendo alle carenze organizzative e di risorse umane di altre istituzioni. 

E con questa consapevolezza mi rivolgo proprio ai ragazzi: in questa guida troverete molti dirigenti che raccontano con passione il loro lavoro e la loro scuola; leggeteli con attenzione e poi andateli a trovare.