La miniera di Ytterby: il luogo più chimico del mondo

Immaginate di trovarvi su una piccola isola rocciosa della Svezia, circondata da fitte foreste di conifere e affacciata sulle acque placide dell’arcipelago di Stoccolma. Qui, tra sentieri silenziosi e case di legno, sorge il villaggio di Ytterby, un luogo che a prima vista sembrerebbe del tutto insignificante, se non fosse per una delle miniere più straordinarie della storia della chimica.

Oggi, le sue gallerie abbandonate sono poco più di un ricordo, un’anonimo ingresso per il sottosuolo come ce ne sono tanti, ma nel passato questa miniera ha rivelato più elementi chimici di qualsiasi altro luogo al mondo. Eppure, in questo piccolo angolo di Svezia, tra il rumore dei picconi che scavavano la pietra e il freddo vento del Nord, è andata in scena una delle più straordinarie cacce agli elementi mai avvenute.

Per lungo tempo, Ytterby è stato un vero e proprio “luogo di culto” per i chimici, un nome che attirava studiosi da tutto il mondo. 

La vicenda iniziò nel 1787, quando Carl Axel Arrhenius, tenente dell’artiglieria svedese e appassionato di chimica, trovò un minerale nero sconosciuto in una cava locale. Arrhenius (che non va confuso con Svante Arrhenius, premio Nobel per la chimica) , convinto che la roccia contenesse tungsteno – un elemento appena scoperto – decise di inviarla al suo amico Johan Gadolin, un chimico di talento. L’analisi di Gadolin rivelò che il 38% del minerale era composto da un elemento mai identificato prima. Fu scoperto così l’ittrio, il primo di una lunga serie di elementi legati al nome della miniera di Ytterby.

Un nome, quattro elementi

Il minerale nero trovato da Arrhenius si rivelò un vero enigma per gli scienziati dell’epoca. Una volta inviato a Johan Gadolin, fu identificata una nuova sostanza mai vista prima. Per onorare il lavoro del chimico finlandese, il mineralogista Martin Heinrich Klaproth battezzò il minerale con il nome di gadolinite. Questo minerale, apparentemente senza valore per i minatori che lo scartavano come inutile, si rivelò una vera miniera di elementi chimici straordinari, dando il via a una serie di scoperte scientifiche senza precedenti.

Tra il 1794 e il 1878, in campioni di gadolinite e altri minerali estratti dalla cava di Ytterby, furono identificati diversi elementi chimici, oggi conosciuti come terre rare. In quel periodo, i chimici europei erano impegnati in una vera e propria corsa alla scoperta degli elementi, e la miniera di Ytterby divenne un punto di riferimento cruciale. Da queste rocce furono isolati erbio, terbio e itterbio, tutti derivati da analisi meticolose di minerali apparentemente indistinguibili tra loro.

Ma la storia non finì qui. Negli anni successivi, altri ricercatori continuarono a studiare i campioni di Ytterby, identificando lo scandio, l’olmio, il tullio e il gadolinio. Ogni elemento portava con sé proprietà uniche e contribuiva a espandere la nostra comprensione del mondo microscopico. Per esempio, lo scandio, isolato nel 1879 dal chimico svedese Lars Fredrik Nilson, dimostrò un comportamento chimico che colmava una lacuna importante nella tavola periodica proposta da Mendeleev.

Ciò che rende queste scoperte ancora più straordinarie è il fatto che i minerali di Ytterby fossero considerati di poco interesse commerciale dai minatori dell’epoca. Per loro, la priorità era estrarre quarzo e feldspato, materiali richiesti per la produzione di ceramica e vetro. Tuttavia, per i chimici, queste rocce contenevano tesori nascosti che richiedevano metodi di analisi sempre più sofisticati per essere portati alla luce.

 

Un problema di nomi

Oltre alla ricchezza scientifica, la miniera di Ytterby ha lasciato in eredità alla chimica un problema curioso: la confusione dei nomi. Tutto ebbe inizio quando Friedrich Wöhler riuscì a isolare l’ossido di ittrio, confermando il nome dato da Gadolin. Ma la vera confusione iniziò nel 1843, quando il chimico svedese Carl Mosander, analizzando campioni della cava, identificò due nuovi elementi. Invece di scegliere nomi legati a miti, pianeti o figure storiche, decise di rendere omaggio a Ytterby. Nacquero così il terbio e l’erbio.

Qualche decennio più tardi, il chimico francese Jean Charles Galissard de Marignac isolò un ulteriore elemento dai minerali della miniera e scelse di chiamarlo itterbio. In totale, ben quattro elementi della tavola periodica devono il loro nome a questo piccolo villaggio svedese, il cui nome, tradotto, significa semplicemente “villaggio esterno”.

Questa scelta stilistica creò già all’epoca un’enorme confusione tra gli scienziati. La somiglianza tra i nomi – ittrio, itterbio, erbio e terbio – portò a una serie infinita di errori e scambi. Per anni, campioni di un elemento vennero scambiati per un altro, e perfino chimici esperti faticavano a distinguere le loro proprietà con certezza. Una sorta di rompicapo linguistico che ancora oggi può confondere chi si avvicina alla chimica delle terre rare.

Il lascito di Ytterby

La miniera di Ytterby non è solo un luogo di scoperte passate: le terre rare che vi furono individuate sono oggi più importanti che mai. Questi elementi sono alla base della tecnologia moderna, utilizzati in tutto, dai magneti superconduttori agli smartphone, dalle turbine eoliche alle batterie per veicoli elettrici. 

Oggi, gli elementi scoperti a Ytterby e in altre miniere di terre rare sono diventati fondamentali per la tecnologia moderna. L’ittrio è impiegato nei laser e nei fosfòri delle luci a LED e degli schermi LCD. L’erbio trova applicazione nelle fibre ottiche, mentre il terbio e l’itterbio vengono utilizzati nei magneti ad alte prestazioni, fondamentali per le auto elettriche, le turbine eoliche e i dischi rigidi. Senza le terre rare, molte delle tecnologie che usiamo quotidianamente, dagli smartphone ai satelliti, non esisterebbero. La loro crescente domanda ha portato a una vera e propria “corsa alle terre rare”, con implicazioni geopolitiche e ambientali significative. Il piccolo villaggio di Ytterby, un tempo sconosciuto, ha lasciato un’eredità che oggi è al centro dell’innovazione globale.

Oggi, la miniera di Ytterby non è più in attività, ma è diventata un simbolo della chimica. Un luogo apparentemente insignificante, in un piccolo villaggio svedese, si è rivelato una chiave di volta per la scienza, cambiando la nostra comprensione degli elementi e il nostro modo di vivere. Un minerale scuro e insignificante, scartato dai minatori perché privo di valore commerciale, si è trasformato in un tesoro di conoscenza, rivelando i segreti nascosti della materia. La chimica, dopotutto, è proprio questo: l’arte di svelare l’invisibile, di trasformare il banale in straordinario. 

Materia, energia e trasformazioni

Gli elementi scoperti nella miniera di Ytterby e tutti quelli che sono seguiti, dopo aver scoperto che la caccia agli elementi era tutt’altro che finita, risultano fondamentali quindi in molte innovazioni tecnologiche. Scoprite di più sul libro “Materia, energia e trasformazioni”, un corso di Chimica per licei scientifici che coniuga rigore scientifico e innovazione didattica.

 

 

 

 

 

Hai mai sentito parlare di Ingegneria Agraria?

Il settore agrario viene comunemente associato agli agricoltori che hanno un ruolo fondamentale nel soddisfare il fabbisogno calorico della popolazione, ovvero l’energia che introduciamo attraverso il cibo. Tuttavia non sono gli unici. Infatti, dietro le quinte di un buon prodotto alimentare ci sono molteplici figure professionali, tra cui l’ingegnere agrario o l’ingegnera agraria

Di cosa si occupa un/un’ ingegnere/a agrario/a? 

L’agricoltura deve affrontare la sfida del cambiamento climatico e, contemporaneamente, continuare a soddisfare il fabbisogno alimentare di una popolazione sempre più numerosa. Per queste ragioni, possiamo considerare l’agricoltura un settore di enorme complessità.

Chi ha una formazione in ingegneria agraria può ricoprire diversi ruoli. L’Associazione Italiana di Ingegneria Agraria (AIIA) identifica ben 7 sezioni di specializzazione. 

  • Utilizzazione del suolo e delle acque: promuove il progresso nelle attività di monitoraggio e gestione dei sistemi agro-forestali. Include la gestione della risorsa idrica, la bonifica, la difesa del suolo ed anche le azioni per contrastare l’inquinamento agricolo. 
  • Costruzioni rurali, impianti e territorio: questo lavoro spazia dalla progettazione di strutture e infrastrutture per il territorio rurale alla valorizzazione del paesaggio rurale. Le tematiche principali sono l’efficienza energetica, la sicurezza ed il recupero degli edifici storici. 
  • Meccanizzazione e tecnologie per le produzioni agricole: questa sezione è incentrata sulla progettazione di nuove macchine e sull’ottimizzazione delle prestazioni. I meccanici sono concentrati sulla riduzione dell’impatto ambientale, economico e sociale, migliorando la performance delle macchine. 
  • Elettrificazione agricola ed utilizzazione dell’energia: è un ambito molto interessante che modifica il ruolo dell’agricoltura da semplice utente a produttore di energia da fonti agro-forestali-industriali. 
  • Ergonomia ed organizzazione del lavoro: anche in ambito agrario è fondamentale migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza degli operatori. Per farlo, è opportuno ottimizzare la gestione aziendale e la logistica dei settori coinvolti. 
  • Macchine e impianti per la trasformazione delle produzioni agricole: la filiera agricola non si ferma in campo ma prosegue anche nell’industria agroalimentare. Questa sezione ha come obiettivo quello di ottimizzare macchine e impianti, nonché tutto il processo di trasformazione e conservazione dei prodotti. 
  • Tecnologie informatiche e delle comunicazioni: è l’ambito che utilizza l’informatica per migliorare la qualità e la sostenibilità del settore. Si focalizza su tecnologie come sensoristica avanzata, automazione, robotica, intelligenza artificiale, sistemi di supporto alle decisioni, e agricoltura di precisione.

Come si diventa ingegnere/a agrario/a? 

Si tratta di una figura professionale ibrida che raggruppa sia le competenze dell’agronomo sia quelle dell’ingegnere. Per questo motivo sono considerati ingegneri agrari sia gli agronomi specializzati in materia sia i laureati in ingegneria civile ed ambientale.  

È fondamentale scegliere un percorso di studi che sia formativo nel settore agro-forestale ed ambientale con un approccio ingegneristico. Ad esempio, io ho studiato Scienze e Tecnologie Agrarie in triennale, iniziando a specializzarmi in meccanica agraria attraverso la tesi. Poi, per ottenere una vera e propria specializzazione in ingegneria agraria esistono dei corsi di laurea magistrale “ibridi” che combinano ingegneria e agraria. 

Ma l’intelligenza artificiale è utile per l’agricoltura? 

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il settore agricolo, migliorando l’efficienza, la sostenibilità e la produttività. Gli algoritmi di machine learning sono impiegati per analizzare enormi quantità di dati provenienti da sensori, droni e satelliti. L’analisi dei dati è fondamentale per ottenere previsioni accurate sulle condizioni climatiche e sullo stato di salute delle colture. Inoltre, l’automazione basata sull’intelligenza artificiale permette di realizzare macchine agricole autonome e capaci di eseguire le operazioni in modo preciso. Ad esempio, è possibile ridurre la quantità di agrofarmaci, utilizzando dei sensori che rilevano in tempo reale la presenza di malattie. Questo contribuisce anche a ridurre l’impatto ambientale dell’agricoltura e migliorare la sostenibilità della filiera.

Rubrica a cura di Generazione Stem

Biografia autrice 

Luana Centorame è laureata magistrale in scienze agrarie presso l’Università Politecnica delle Marche e ha conseguito il master in agricoltura di precisione all’Università di Teramo in collaborazione con numerose università, istituti di ricerca e aziende.

Attualmente è dottoranda in scienze agrarie presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’UNIVPM. Il topic del dottorato è la meccanica agraria con un particolare indirizzamento all’agricoltura di precisione. Nel 2024 è stata ospite della Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI) per lo sviluppo di algoritmi di intelligenza artificiale applicati all’agricoltura.

Malcolm X: A revolutionary voice in the Civil Rights Movement

February 21st, marks the 60th anniversary of the assassination of one of the most influential figures in the fight for civil rights: Malcolm X. Malcolm Little was born in 1925 and his story became one of the defining narratives of the civil rights movement. His transformation into a controversial figure began during his time in prison, where he adopted the name “Malcolm X” to signify his lost African heritage.  Malcolm X’s message was revolutionary, challenging the non-violent civil rights approach led by Martin Luther King. He was outspoken in advocating for Black self-defense and empowerment, famously asserting, “by any means necessary.”

Malcolm X’s assassination in 1965 marked a turning point in the civil rights movement. His strong belief in Black self-determination inspired generations to challenge racism. For example the rise of the Black Power movement in the early 1970s was inspired by this idea. Leaders like Stokely Carmichael, who made the phrase “Black Power” popular,  was also inspired by Malcolm’s call for radical change. 

February is therefore the perfect month to speak about the Civil Rights Movement in class.

CLASSROOM ACTIVITIES AROUND THE CIVIL RIGHTS MOVEMENT

THE CIVIL RIGHTS MOVEMENT THROUGH MOVIES

Film is a part of popular culture and is relevant to students’ everyday lives. Most students spend over 7 hours a day using media (over 50 hours a week). With the popularity and availability of film, it is natural to engage students with such a relevant medium. The purpose of this section is to provide teachers with a rationale and model for teaching civil rights movement with film.

STAGE 1: PREPARATION

This stage involves creating lesson plans that incorporate film, while meeting instructional goals and objectives. Since this article is about the Civil rights movement, here there are some lessons teachers can use in stage 1 in class.

https://ed.icivics.org/curriculum/pushing-towards-civil-rights

https://www.learningforjustice.org/sites/default/files/kits/A_Time_for_Justice_Teachers_Guide.pdf

https://hti.osu.edu/opper/lesson-plans/the-civil-rights-movement

STAGE 2: PRE-VIEWING

Present the movie and pre-teach some important words students will find.

STAGE 3: WATCHING THE FILM

When students are watching the film (in its entirety or selected clips), ensure that they are aware of what they should be paying particular attention to. Pause the film to pose a question, provide background, or make a connection with an earlier lesson. Interrupting a showing (at least once) subtly reminds students that the purpose of this classroom activity is not entertainment, but critical thinking.

 

THE HELP

THE BUTLER

THE GREEN BOOK

THE FREEDOM RIDERS

HIDDEN FIGURES

STAGE 4: POST-VIEWING ACTIVITY

As a post viewing activity teachers could use a choiceboard (check the webinar to find out more about choice boards.

Some activities that could be included in the choice board are:

  • Write a film review
  • Record a FilmTok
  • Create a poster with a visual summary of the film
  • Choose a piece of music that best communicates your feelings while watching the movie. Write a paragraph to explain your choice.

THE CIVIL RIGHTS MOVEMENTS THROUGH BOOKS

Novels can be incredibly useful in explaining history, as they offer a unique way of engaging with historical events and periods. Here teachers will find a list of various titles and various genres that bring human experience to the forefront, allowing students to connect emotionally and personally with the period and its protagonists.

MARCH – GRAPHIC NOVEL, John Lewis

LEVEL: B1

TEACHER’S GUIDE AND CLASS ACTIVITIES: https://popcultureclassroom.org/wp-content/uploads/2018/01/MARCH_GUIDE.pdf?srsltid=AfmBOopdyBUR2zCvYwEbF22_3f9FXJHtZ7ulWqVHNO_skrkaWlNx6KcD

 

THE HELP, Kathryn Stockett
LEVEL: C1
TEACHER’S GUIDE AND CLASS ACTIVITIES: https://images.penguinrandomhouse.com/promo_image/9780425232200_5163.pdf

 

THE SECRET LIFE OF BEES, Sue Monk Kidd
LEVEL: B2/C1TEACHER’S GUIDE AND CLASS ACTIVITIES: https://suemonkkidd.com/wp-content/uploads/2018/08/SMK-SecretLifeofBees-TG.pdf

 

THE REBELLIOUS LIFE OF MRS. ROSA BARS, Jeanne Theoharis
LEVEL: B1
CLASS ACTIVITIES: https://www.zinnedproject.org/news/the-rebellious-life-of-mrs-rosa-parks-teaching-guide/

 

TURNING 15 ON THE ROAD TO FREEDOM, Lynda B. Lowery

LEVEL: B1/B2

CLASS ACTIVITIES: https://www.njpac.org/wp-content/uploads/2019/09/TRG_Turning-15-_spreads_FINAL.pdf

THE CIVIL RIGHTS MOVEMENT IN THE NEW LIT HUB

The new edition of LIT HUB includes various activities on the topic. Don’t miss the opportunity to get you free copy.

 

1 Kaiser Family Foundation, Generation M: Media in the Lives of 8-18 Years Old (National Public Study, 2005), https://www.kff.org/entmedia/entmedia030905pkg.cfm

2 William Benedict Russell III, The Reel History of the World: Teaching World History with Major Motion Pictures, https://www.socialstudies.org/system/files/publications/articles/se_760122.pdf 

Busta paga 2025: tutte le novità introdotte dalla legge di bilancio

Dall’indice di massa corporea all’impedenziometria segmentale

L’insegnamento di Scienza e cultura dell’alimentazione negli Istituti alberghieri richiede un approccio didattico in continua evoluzione, soprattutto per quanto riguarda la valutazione della composizione corporea, tematica trattata sia in riferimento alla dietologia generale, sia in riferimento alla dietoterapia da mettere in atto in caso di obesità, condizione complessa che va oltre il semplice aumento di peso e richiede una valutazione accurata dell’adiposità.

Tradizionalmente, da un punto di vista didattico, l’Indice di Massa Corporea (IMC) è stato un punto di riferimento. Oggi, tuttavia, è fondamentale trasferire agli studenti informazioni aggiornate e corrette in merito alla reale sequenza di valutazioni messe in atto quotidianamente da medici e biologi nutrizionisti circa la composizione corporea di un soggetto gravemente in sovrappeso o obeso. Il calcolo dell’IMC, infatti, viene integrato con altre metodologie più precise, come l’impedenziometria segmentale.

L’Indice di Massa Corporea (IMC): un’analisi critica e il suo ruolo

L’IMC, calcolato come il rapporto tra peso (kg) e il quadrato dell’altezza (m²), è stato adottato dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dal NIH (agenzia governativa statunitense “National Institutes of Health”) come strumento per classificare l’obesità. La sua semplicità di calcolo, il basso costo e la correlazione con l’adiposità a livello di popolazione lo rendono utile per lo screening iniziale e la ricerca epidemiologica. Esiste infatti una chiara relazione tra un IMC elevato e il rischio di sviluppare patologie come diabete di tipo 2, aterosclerosi e alcune forme di cancro.

Tuttavia, l’IMC presenta importanti limiti:

  • non distingue tra massa grassa e massa magra, un individuo muscoloso può avere un IMC elevato pur non avendo eccesso di grasso;
  • non considera la distribuzione del grasso corporeo, il grasso addominale, ad esempio, è associato a un rischio maggiore per la salute rispetto al grasso sottocutaneo;
  • può essere impreciso a livello individuale, in quanto sovrastima l’adiposità negli atleti e la sottostima negli anziani con perdita di massa muscolare.

Oltre l’IMC: una valutazione più completa

Per superare i limiti dell’IMC è necessario integrarlo con altre misure, tra cui:

  • rapporto vita-altezza (WHtR), che fornisce una stima della distribuzione del grasso corporeo e del rischio metabolico;
  • impedenziometria bioelettrica (BIA), che analizza la composizione corporea stimando la quantità di massa grassa, massa magra e acqua corporea. In particolare, l’impedenziometria segmentale fornisce informazioni dettagliate sulla distribuzione della massa corporea nei diversi segmenti del corpo (braccia, gambe, tronco).

Questo approccio integrato permette di:

  • personalizzare il trattamento, con interventi mirati in base alle specifiche esigenze del soggetto;
  • identificare casi nascosti, individuando soggetti con un IMC relativamente basso ma con eccesso di grasso corporeo, o viceversa, soggetti con IMC elevato ma senza complicanze metaboliche.

La diagnosi di obesità viene affinata poi con una valutazione clinica completa, per identificare eventuali complicanze legate al peso, come ipertensione o diabete.

L’impedenziometria segmentale (BIA): un valore aggiunto nella didattica

L’introduzione in Scienza e cultura dell’alimentazione dello studio dei fondamenti della BIA si presta a numerose attività didattiche:

  • incontri con esperti: coinvolgimento di biologi nutrizionisti o medici per approfondire la tematica e presentare casi clinici reali;
  • esercitazioni pratiche: misurazione dell’impedenza su volontari, interpretazione dei risultati, confronto con l’IMC e discussione in classe;
  • analisi di casi studio: valutazione di individui con diverse caratteristiche e discussione delle implicazioni per la salute, considerando sia l’IMC sia la composizione corporea.

Altrettanto numerosi sono i vantaggi didattici:

  • approccio pratico: gli studenti possono effettuare misurazioni dirette, comprendendo il funzionamento della tecnica e interpretando i risultati;
  • consapevolezza: la visualizzazione della propria composizione corporea sensibilizza sull’importanza di un’alimentazione equilibrata e di uno stile di vita attivo;
  • connessione con la realtà professionale: i futuri professionisti potranno utilizzare queste conoscenze per offrire un servizio personalizzato, ad esempio nella ristorazione e nel settore del benessere;
  • aggiornamento scientifico: l’utilizzo di tecniche moderne come la BIA allinea i contenuti del corso alle più recenti evidenze scientifiche.

Conclusioni

L’IMC rimane uno strumento utile per lo screening iniziale, ma deve essere interpretato con cautela. Per una diagnosi accurata e una didattica efficace, è essenziale integrare l’IMC con altre misure, come, appunto, l’impedenziometria segmentale, tecnica in grado di offre informazioni più complete e utili per una comprensione approfondita della composizione corporea e delle sue implicazioni per la salute. Questo è particolarmente rilevante nell’ambito dell’educazione alimentare, dove è importante promuovere uno stile di vita sano che tenga conto non solo del peso, ma anche della qualità della composizione corporea.

L’integrazione di concetti come l’IMC e, soprattutto, l’impedenziometria segmentale nella didattica di Scienza e cultura dell’alimentazione rappresenta un’opportunità per fornire agli studenti una formazione più completa e attuale, in linea con le esigenze del mondo del lavoro e con le più recenti acquisizioni scientifiche. I nuovi LARN 2024 a partire dai quali sono stati aggiornati i nuovi volumi del triennio conclusivo del corso Scienza e cultura dell’alimentazione ad esempio, fanno riferimento alla necessità di valutare con precisione il metabolismo basale di un soggetto. Operazione, questa, resa possibile dall’uso delle bilance impedenziometriche usate a livello ambulatoriale dai Nutrizionisti. Questo approccio permette di passare da una visione statica e limitata della valutazione del peso corporeo a una prospettiva dinamica e multidimensionale, centrata sulla composizione corporea e sul benessere della persona. In questo modo, si contribuisce a formare professionisti dell’ospitalità non solo competenti in ambito culinario, ma anche consapevoli dell’importanza di un’alimentazione sana e in grado di promuoverla attivamente.

L’autore

Luca La Fauci è autore, per Rizzoli Education, di testi scolastici dedicati alle discipline Scienza e Cultura dell’Alimentazione e Scienza degli Alimenti.

I giorni della merla. Il clima tra leggende e detti popolari

Il nuovo anno è iniziato e l’inverno è ormai nel suo massimo splendore. La fine delle vacanze invernali segna la fine del primo quadrimestre e l’arrivo delle pagelle. In questo momento tanto atteso si cominciano a percepire i primi cambiamenti nel clima: l’aria comincia a profumarsi di essenze vegetali e gli uccelli cominciano a farsi notare nei giardini e nei cespugli. 

Molti sono i detti, i proverbi e le storie della tradizione popolare che ricordano il cambiamento stagionale del clima, una delle più affascinanti è quella che narra di come la merla dal piumaggio bianco sia diventata completamente nera dopo aver trascorso i tre giorni più freddi dell’anno al riparo in un comignolo di una casa. Da questa leggenda si evince che, se la merla esce dal nido presto perché le temperature sono miti nei tre giorni del 29-30-31 allora l’inverno sarà lungo, mentre se i giorni saranno molto freddi allora la primavera arriverà presto.

Per riflettere sul tema dei giorni della merla e del cambiamento del clima nelle stagioni vi proponiamo di svolgere un’attività con la metodologia della didattica a stazioni (i bambini divisi in gruppi ruotano tra le diverse postazioni di lavoro per svolgere le attività). 

Dopo aver allestito l’aula con quattro isole di tavoli (stazioni/postazioni) consigliamo di introdurre l’argomento con la lettura della storia “La merla nel comignolo” (vedi allegati). Dopo la lettura dividete i bambini in quattro gruppi, fateli accomodare nelle stazioni e invitateli a svolgere l’attività proposta sui tavoli. Ogni 15 minuti, al termine delle attività, fate spostare i bambini in senso orario nella stazione successiva. Al termine delle due ore tutti i bambini avranno affrontato tutte le attività.

Gli argomenti delle stazioni sono i seguenti:

STAZIONE 1: “La merla nel comignolo” lettura e comprensione 

STAZIONE 2: proverbi e detti popolari sul clima

STAZIONE 3: “il kamishibai” realizza i disegni per raccontare la storia

STAZIONE 4: la grammatica della merla

MATERIALI

Scarica i materiali in pdf

LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

Shoah e didattica della storia: sviluppare il pensiero critico per non restare indifferenti

Quest’anno ricorre il venticinquesimo anniversario dell’istituzione del Giorno della Memoria. Fu approvato con una legge votata all’unanimità da tutti i partiti (L.211/2000) promossa dal deputato Furio Colombo con l’intento di «ricordare lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati», come recita la legge. L’obiettivo era quello di mantenere vivo il ricordo e la riflessione delle giovani generazioni su un complesso fenomeno come quello della Shoah. Ma la ricostruzione dei fatti può essere anche un’ottima occasione per esercitare il pensiero storico. La possibilità di sfruttare quest’opportunità dipende anche dalla capacità delle proposte didattiche di coniugare ambito emotivo e esercizio del pensiero critico in una dimensione che metta in connessione il passato con il presente e viceversa. All’interno di questa cornice circolare presente-passato-presente è possibile esercitare il pensiero storico come pensiero critico, con l’obiettivo di contestualizzare nello spazio e nel tempo gli eventi esaminati per una riflessione, anche di carattere etico e morale, che renda il discente capace di comprenderne le specificità attraverso la messa a fuoco, dei differenti aspetti coinvolti nel processo (politico, sociale, culturale, economico, personale, collettivo, affettivo ecc.).

Ma come insegnare la singolarità della Shoah in un contesto nel quale la lontananza delle nuove generazioni da quell’evento è sempre maggiore e lo svuotamento di senso un rischio sempre più concreto? 

Le vicende in corso in Medio Oriente accrescono, inoltre, le difficoltà della commemorazione, ma ci offrono anche l’opportunità di proporre alle classi percorsi tematici significativi che sappiano dar conto delle vicende storiche attraverso una riflessione che coinvolga aspetti persistenti del presente (antisemitismo, razzismo, autoritarismo, violenza, discriminazione). Questi aspetti ci permettono l’utilizzo della prospettiva storica come strumento per la riflessione critica interdisciplinare. 

Il Giorno della Memoria dovrebbe, dunque, far riflettere studentesse e studenti principalmente sulle responsabilità dei soggetti protagonisti nei diversi contesti storici e sugli atteggiamenti acquiescenti della maggioranza dei cittadini, accompagnando il ragionamento con riferimenti alle storie attualmente in corso, in tutte le parti del mondo. Il racconto della Shoah non dovrebbe presentarla come un evento in sé, isolato cronologicamente da un inizio e una fine, ma dovrebbe permettere di mettere in relazione le vicende degli ebrei in Europa e degli altri gruppi discriminati con la sequenza dei fatti sia precedenti che conseguenti. All’interno di tale cornice l’Olocausto può diventare una lente di ingrandimento capace di far comprendere alle classi passato e futuro, muovendo dalle domande che pone il presente. Non una narrazione fossilizzata nel racconto di tremende atrocità, bensì l’occasione per ripercorrere storie significative, per imparare a padroneggiare storicamente alcuni concetti importanti (genocidio, crimini contro l’umanità, sterminio di massa, razza, antisemitismo, campi di concentramento e sterminio, ecc.), per sviluppare maggiori consapevolezze sulla realtà, ad esempio per quanto riguarda la discriminazione e la violenza alle quali assistiamo ogni giorno nelle diverse zone del mondo. 

Un’occasione da non sprecare per insegnare a porsi domande ed esercitare il pensiero critico attraverso interrogativi che partono dal passato per giungere fino al nostro presente, all’interno di una dimensione in cui le vicende della Shoah forniscano strumenti di lettura del reale suscitando interesse da parte delle nuove generazioni.

If you are happy and you know it…

Ci abbiamo giocato tutti almeno una volta nella vita: Se sei felice e tu lo sai… In inglese la stessa, identica filastrocca, sulla stessa, identica melodia, si chiama, senza un grande sforzo di fantasia If you are happy and you know it… e suona e recita esattamente le stesse parole della versione italiana:

 

If you are happy and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are happy and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are happy and you know it, and you really want to show it,

If you are happy and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are happy and you know it… STOMP YOUR FEET!

If you are happy and you know it… (l’azione può essere liberamente scelta dal docente)!

 

Semplice, lineare, sempre uguale a se stessa, e per questo così efficace e rassicurante per i bambini, che amano le routine. Allo stesso tempo, poiché particolarmente adattabile a modifiche estemporanee – semplicemente cambiando le azioni da fare – divertente, perché imprevedibile.

Ma questa filastrocca non è solo un gioco simpatico, è anche e soprattutto uno strumento eccezionale per l’ampliamento del vocabolario in L2. Con pochissimi accorgimenti, la si può usare praticamente sempre. Vediamo come.

Perchè le canzoncine per imparare la L2?

Il binomio canzoncine (o nursery rhymes, per dirla all’Inglese) e seconda lingua sembra essere, in fase di apprendimento, un binomio vincente. Vediamo, in dettaglio, quali sono i vantaggi e le motivazioni di questa felice abbinata:

  • Le nursery rhymes sono divertenti e orecchiabili. Anche se non si capiscono le parole, anche se le si sente per la prima volta, catturano l’ascoltatore..
  • Le nursery rhymes stimolano molti canali sensoriali nella stessa situazione. Non solo l’aspetto uditivo, ma spesso anche quello cinestetico e tattile sono coinvolti in un’esperienza di apprendimento ampia.
  • Le nursery rhymes aiutano a sviluppare il senso del ritmo, della ripetizione, della sequenzialità. Proprio per la loro struttura prevedibile e riconoscibile, sono particolarmente indicate per lavorare sui patterns.
  • Le nursery rhymes espongono i bambini a una varietà di vocaboli non sempre presente nel parlato. Pensiamo a filastrocche come comò, brucare, mugnaio… questo vale sia per la Lingua Madre, sia per la L2.
  • Le nursery rhymes espongono ai suoni di una lingua straniera in  maniera naturale. Senza forzature, i suoni sono, accompagnati dal ritmo, riconosciuti e e pronunciati molto più in fretta.
  • Le nursery rhymes si imparano in un attimo. Data la loro struttura ripetitiva e orecchiabile, è facile impararle e, soprattutto, ricordarle.

IF YOU ARE HAPPY… come usarla in classe?

Tornando alla nostra If You Are Happy and You Know It, vediamo come la struttura di base può essere smontata, modificata e rimontata dall’insegnante per raggiungere differenti obiettivi linguistici.

  • LEARNING ABOUT EMOTIONS:
    • Emotions vocabulary,
    • Simple actions vocabulary

Le parole della filastrocca possono essere modificate in modo che a ciascuna strofa corrisponda una diversa emozione, seguita da una diversa azione corrispondente:

 

If you are HAPPY and you know it… CLAP YOUR HANDS!

If you are SAD and you know it… CRY AND CRY!

If you are MAD and you know it… SCREAM AND SHOUT!

If you are BORED and you know it… YAWN SO BIG!

If you are TIRED and you know it… SLEEP IN BED!

  • LEARNING ABOUT BODY PARTS:
    • Body related vocabulary
    • Movement vocabulary

Anche in questo caso, mentre la prima parte della filastrocca può rimanere invariata, le risposte saranno di volta in volta diverse:

 

If you are HAPPY and you know it… CLAP YOUR HANDS!

      … TOUCH YOUR NOSE!

      … OPEN YOUR MOUTH!

      … SWING YOUR ARMS!

      … POINT YOUR TOES!

      … SLAP YOUR TUMMY!

 

  • LEARNING ABOUT ANIMALS:
    • Animals vocabulary
    • Movement vocabulary

Poiché ogni animale si muove in un modo diverso, e quello degli animali e dei loro movimenti è un mondo affascinante per i bambini, si può proporre questa attività in palestra, magari mostrando ai bambini, le prime volte che la si esegue, delle grandi immagini degli animali che di volta in volta si proporranno, per arrivare infine al punto in cui le immagini potranno essere rimosse e verrà usata solo la comprensione orale:

 

If you are A DOG and you know it… BARK AND SNIFF!

If you are A CAT and you know it… WASH YOUR EARS!

If you are A SNAKE and you know it… SLITHER DOWN!

If you are A LION and you know it… ROAR OUT LOUD!

If you are A BIRD and you know it… FLY UP HIGH!

 

  • LEARNING ABOUT COLOURS:
    • Colours vocabulary

In una versione che può ricordare vagamente il nostro Strega Comanda Color i bambini saranno invitati, di volta in volta a cercare, toccare o portare degli oggetti del colore indicato dall’insegnante:

 

If you are HAPPY and you know it… TOUCH (colour)

    BRING ME (colour)

      NAME SOMETHING (colour)

 

Un gioco che non finisce

Quelle fin qui presentate non sono che alcune delle versioni possibili della nursery rhyme che stiamo usando, nonché solo un numero limitato di utilizzi. Ciascun insegnante potrà, sulla base della sua fantasia e delle competenze dei suoi studenti, modificarne le strofe, le parole e inventare nuove modalità legate ai propri contenuti di apprendimento. Si potranno avere versioni sugli oggetti della casa, versioni, sugli sport, versioni su qualsiasi cosa venga in mente!

Ancora più interessante sarà, una volta che i bambini avranno capito il meccanismo delle modifiche e la logica del gioco, chiedere proprio a loro di elaborare una loro speciale versione su uno specifico argomento, da proporre ai compagni di classe.