Sull’attualità della storia del costume nella moda contemporanea

All’insegnamento della Storia del Costume nei corsi di fashion design, non sempre è riservato lo spazio che le spetterebbe, considerata l’influenza che esercita sulla moda contemporanea e sui vari aspetti dell’organizzazione sociale, dei ruoli, dell’apparire, del riconoscere e del farsi riconoscere, della creatività e del lusso. 

La conoscenza della Storia del costume e della moda, in particolare nell’ambito scolastico, si presta notevolmente a facilitare numerosi collegamenti con discipline dell’ambito storico-umanistico, filosofico, tecnologico e socio economico. 

Per chi si applica allo studio della moda, sia sotto l’aspetto della progettazione, sia sotto l’aspetto dell’esecuzione pratica, sono continui e inevitabili i riferimenti al passato, non soltanto prossimo ma sovente anche remoto, che coinvolgono direttamente la realtà professionale di studio e di lavoro.

Aspetti didattici

I vantaggi didattici sotto il profilo dell’interdisciplinarietà sono davvero rilevanti: partendo dall’analisi di una sfilata di moda, o di costumi storici di un periodo particolare, si possono innescare percorsi di conoscenza, che stimoleranno una vasta gamma di interessi e curiosità, di comparazioni, di scoperte di analogie stilistiche spesso trascurate o sottovalutate.

Partiamo da un evento storico. Il 1789 segnò profondi cambiamenti nella vita sociale e politica della Francia e ben presto gli eventi rivoluzionari causarono ripercussioni visibili anche nel campo dell’abbigliamento. Le differenze sociali, espresse attraverso l’abbigliamento furono rimarcate in occasione della convocazione degli Stati Generali (nobiltà, clero e terzo stato).

I rappresentanti del terzo stato (cioè della borghesia), al contrario dei nobili e degli alti ordini clericali che sfoggiavano abiti dai colori vivaci con preziosi ornamenti,  a causa delle norme di corte relative agli aspetti cerimoniali, dovevano indossare il dimesso abito nero tipico degli avvocati e dei professionisti. Dopo la Rivoluzione, all’abbigliamento alla francese, identificato sempre più con l’Ancien Régime, simbolo di un ordinamento sociale non più rispondente alle nuove esigenze, la moda inglese, prediletta da chi professava ideali progressisti e democratici,  rappresentava una valida alternativa. La nuova discriminazione sociale e le differenze di ceto si espressero non più sull’esibizione del lusso e del superfluo, poiché gli abiti erano ormai simili per forma e colore, ma sul capo ben confezionato, attraverso la qualità del tessuto, la raffinatezza del taglio dell’abito e degli accessori.

Confronti con l’attualità

Le ultime sfilate di Haute couture per la Primavera/Estate 2025, ancora una volta, hanno riportato prepotentemente in evidenza stili del passato.  Due notissime griffe quali Dior e Valentino, hanno proposto reinterpretazioni dove passato e presente, seppure con modalità differenti, tornano prepotentemente a mescolarsi e la cui “interpretazione” richiede una indiscutibile conoscenza dei vari richiami stilistici e formali, possibile tramite la conoscenza  della Storia del Costume e della Moda .

 Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, propone quali elementi centrali della sua collezione, crinolina e panier e le citazioni continuano fino al costume della metà del 1800. Naturalmente la funzione di questi accessori viene profondamente modificata: non solo la struttura è messa in primo piano, ma offre spunti per  ricami elaborati e applicazioni preziose che contribuiscono a creare un efficace inno alla primavera.

Alessandro Michele, direttore creativo di Valentino, con la sfilata Vertigineux, restando fedele alla sua modalità operativa,  manifesta un’evidente richiamo filosofico (“vertigine” intesa come lista, elenco, inventario di oggetti, fenomeni o persone). La collezione così sfugge a una qualsivoglia classificazione: l’intreccio di epoche, stili e culture rende arduo il compito. Il creatore è volutamente disordinato e coinvolge gli spettatori in una carrellata di richiami mescolati: corsetti, pizzo, piumaggi, fiocchi, dinner jacket, plissé, robe à la française, gorgiere e tanto altro.

 

Questo genere di confronti ed altri argomenti che approfondiscono il complesso mondo della moda, si possono rintracciare nel volume Storia della Moda e del Costume.

 

 

 

 

 

 

Macchine contro macchine

Negli ultimi anni, i modelli di Intelligenza Artificiale per la generazione di testi hanno raggiunto livelli di sofisticazione impressionanti, sollevando interrogativi sulla loro identificabilità. Per rispondere a questa domanda, abbiamo condotto un’analisi sperimentale con un gruppo di studenti, testando diversi strumenti di rilevazione dell’AI. Questo articolo presenta la metodologia adottata e i risultati ottenuti, senza la pretesa di trovare una risposta definitiva.

 

 

Preparazione dei contenuti

Gli studenti liceo Scientifico M. Curie di Pinerolo  che frequentano il mio corso sull’ AI del  pomeriggio si sono divisi in tre gruppi, ciascun gruppo ha selezionato 5 testi generati da un chatbot e 5 testi scritti da umani (articoli di giornale, testi di esercizi proposti da un insegnante, testi recuperati da pagine web, purché non provenienti da libri famosi e di sicura provenienza umana), cercando di mantenere uno stile omogeneo tra i testi, variando temi come narrativa, descrizione, e contenuto informativo.

Procedura

Ciascun gruppo ha presentato i testi in ordine casuale ad un chatbot diverso:

gruppo 1: https://claude.ai/

gruppo 2: https://www.perplexity.ai/

gruppo 3: https://gptzero.me/

Nel presentare un testo all’AI gli studenti hanno chiesto di indicare per ciascun testo: se il testo sia stato scritto da un’AI o da un umano e la motivazione della scelta (es. “uso di parole insolite”, “mancanza di coerenza”, ….).

Registrazione dei risultati

Ogni gruppo ha registrato poi su un form quante volte ogni testo è stato identificato correttamente e ha raccolto le spiegazioni delle AI interrogate per analizzare i criteri usati.

Le AI hanno quasi sempre espresso le valutazioni con una percentuale di confidenza, indicando il grado di certezza sulla provenienza del testo, ovvero se fosse stato scritto da un umano o generato artificialmente.

Analisi dei risultati

Come si può vedere dal dettaglio delle registrazioni fatte dai tre gruppi a questo link, l’AI si è comportata molto bene in questa piccola ricerca:

I quadratini a sfondo verde rappresentano i testi nei quali l’AI ha rilevato correttamente la provenienza, quelli ha sfondo rosso sono i testi che l’hanno confusa.

Possiamo concluderne che su 30 testi l’AI si sbaglia solo 7 volte (gptzero non sbaglia mai!).

L’esperimento condotto dagli studenti del Liceo Curie emerge quindi che l’Intelligenza Artificiale può essere un valido strumento per riconoscere testi generati da AI, con un tasso di successo molto alto. Questo rafforza l’idea che l’AI possa essere usata come supporto nello studio e nella scrittura, ma mette anche in guardia sul suo utilizzo improprio in contesti scolastici. Il nostro consiglio? Sfruttare la tecnologia per apprendere meglio, non per aggirare il processo di valutazione dell’apprendimento.

Verifica scritta sulla busta paga

Université de la Terre 2025

Et si on réinventait notre monde, ensemble?

 

«Nature = Futur»: voilà la thématique forte sous laquelle l’Université de la Terre célèbrera ses 20 ans les 14 et 15 mars 2025 à l’UNESCO Accueil – l’Université de la terre à l’UNESCO, à Paris. Vous vous demandez sûrement: pourquoi cet événement est-il si important? Face aux défis environnementaux qui nous touchent tous, cet événement nous donne l’opportunité de réfléchir, d’échanger et surtout d’agir. Organisé en partenariat avec la Fondation Saint-Exupéry Les Actions de la Fondation et parrainé par l’Office Français de la Biodiversité (OFB) Office français de la biodiversité, il réunit scientifiques, entrepreneurs, activistes et citoyens – c’est-à-dire vous et moi – pour imaginer un avenir plus durable. Alors, comment pouvons-nous, chacun à notre échelle, réconcilier l’humain et la nature? C’est la question à laquelle cet événement nous invite à répondre.

 

L’Université de la Terre n’est pas seulement un rassemblement de spécialistes: c’est un rendez-vous pour tous, un événement engagé et engageant, que vous soyez expert ou simplement curieux. Plus de 200 intervenants animeront 50 conférences, débats et ateliers interactifs. Mais au fond, qu’est-ce qui rend cet événement si spécial? Et bien tout d’abord, il s’agit de définir des solutions concrètes: ici, pas de discours vagues. Vous découvrirez des actions réalistes pour lutter contre la crise climatique et préserver la biodiversité. De plus, il s’agit d’une occasion unique pour entendre des voix inspirantes: des scientifiques, des philosophes, mais aussi des chefs d’entreprise et des activistes qui partagent un même objectif: agir pour la planète. Notre rôle dans tout ça? Participer à des ateliers interactifs qui nous permettront de comprendre comment, nous aussi, nous pouvons être acteurs de cette transition écologique.

 

Cette édition 2025 met au cœur de ses discussions un sujet essentiel: le lien entre l’homme et la nature. “Nature = Futur”, une équation qui nous concerne tous. Vous êtes-vous déjà demandé comment votre mode de vie impacte la planète? Voici quelques-unes des questions qu’il sera possible d’ explorer:

 

Respecter les limites planétaires: Comment éviter l’épuisement des ressources naturelles? Et surtout, que pouvons-nous changer dans notre quotidien?

Intelligence artificielle et environnement: menace ou opportunité? Vous serez surpris par certaines réponses…

Vers de nouvelles économies: Peut-on concilier développement et responsabilité écologique?

 

L’objectif est clair: réfléchir ensemble à des solutions durables et encourager chacun de nous à passer à l’action. Que vous soyez passionné par l’écologie, entrepreneur engagé ou étudiant curieux, l’Université de la Terre a un parcours adapté à chacun. Eh bien oui, il y en a pour toutes les envies. Un premier parcours Universel proposera des débats, des films, des expositions et des ateliers interactifs pour nourrir notre réflexion. Ensuite, un parcours international organisera des sessions en anglais avec des experts du monde entier. Quant à l’ Université de la Terre Junior, elle offrira aux enfants qui sont les acteurs de demain, des activités ludiques! Citons aussi le Parlement des Entrepreneurs d’Avenir, pour ceux qui souhaitent repenser l’entreprise à travers une démarche responsable ou encore le parcours Biodiversité  qui mettra l’accent sur la préservation des écosystèmes et la richesse de notre planète. Quel que soit votre profil, vous trouverez des thématiques qui vous parlent et des idées pour passer à l’action.

 

L’Université de la Terre 2025 est bien plus qu’un événement: c’est une chance unique de comprendre les enjeux environnementaux qui nous concernent tous, et de découvrir des solutions concrètes pour agir. Que vous soyez passionné d’écologie, entrepreneur en quête de nouvelles idées ou simplement curieux de savoir comment vous pouvez contribuer à un avenir plus durable, cet événement est fait pour vous. Serez-vous de la partie?

La lingua è un gioco, con le rime basta poco!

Il 21 marzo ricorre la Giornata Mondiale della Poesia, istituita dall’UNESCO nel 1999 con il fine di promuovere e celebrare il genere poetico.

L’Italia può vantare una tradizione secolare di poeti e poetesse: a partire dal sommo poeta Dante fino ai poeti moderni per la letteratura dell’infanzia come Rodari.

Sicuramente tra i diversi tipi di poesia quella che piace e diverte maggiormente i bambini è quella che presenta le rime. 

 

La parola rima deriva dalla parola rhytmus che nel Medioevo indicava il verso ametrico, accentato, popolare, quello cioè che col tempo fu provvisto di rima. (Treccani)

 

Quando recitiamo una filastrocca o una poesia in rima i bambini e le bambine sorridono spontaneamente, come se avessero scoperto un gioco; l’attrazione è talmente forte che in maniera spontanea cercano di completare i versi indovinando la parola che farà rima con la precedente.

In modo giocoso, i bambini e le bambine cominciano a riflettere, ragionare e analizzare su come sono costruite le parole: “Come si fa la rima?”, “Quante lettere ci vogliono?”, “Se è simile ma non perfettamente uguale va bene comunque?”.

Questo interesse spontaneo ci permette di avvicinare i bambini e le bambine al genere poetico già dalla Scuola dell’Infanzia. 

Il modo migliore di cominciare è quello di esporre i bambini e le bambine a molteplici tipologie testuali che presentano la rima, a partire da quelle della tradizione popolare come conte, scioglilingua, filastrocche, limerick e proverbi.

MATERIALI

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LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

WRW | Un laboratorio per imparare a definire i concetti

Spesso sono richiesti percorsi in itinere per aiutare i ragazzi e le ragazze con il metodo di studio, soprattutto in prima superiore: è un’esigenza trasversale a tutte le discipline. 

Si tratta di un tema ampio e complesso, qui ci focalizzeremo solo su una delle difficoltà che molti studenti incontrano nel loro percorso di studio, ovvero elaborare in maniera chiara e precisa una definizione, cioè produrre un testo espositivo breve, un esercizio di scrittura molto utile anche per l’orale.

Una definizione serve a spiegare un determinato concetto o termine chiave in modo sintetico, completo, e utilizzando il lessico della disciplina. Si tratta di una abilità solo apparentemente semplice, che non consiste nel puro apprendimento mnemonico, ma implica vari passaggi come la selezione e l’organizzazione delle informazioni in autonomia, la comprensione e il corretto utilizzo del lessico specifico.

Come possiamo quindi aiutare ragazzi e ragazze a diventare più competenti nell’elaborare una definizione? 

Uno strumento utile può essere proporre un laboratorio di lettura e scrittura con il metodo del Writing and Reading Workshop in cui si metta a fuoco una strategia per comprendere testi informativi (manuali scolastici, articoli, pagine web) e per rielaborare una propria esposizione sulla base dei dati raccolti.

Il Writing and Reading Workshop fa ampio uso di organizzatori grafici, ovvero disegni stilizzati che rendono concreto il ragionamento (making thinking visible), questi strumenti si rivelano particolarmente utili durante il laboratorio. 

Il laboratorio ha l’obiettivo di rendere autonomi e consapevoli i ragazzi nei processi di comprensione, rielaborazione ed esposizione: un apprendimento non solo in vista delle prove in classe, ma per la vita.

PER APPROFONDIRE 

  • Laboratorio “Impariamo a esporre una definizione” da proporre in classe.
  • Bibliografia:
    • Per il Writing and Reading Workshop, in particolare per approfondire il testo espositivo:
      Apolloni, Bianchin, Carollo, Giaretta, Maruzzo, Il club delle storie, La Nuova Italia, 2024. Il volume è disponibile in vendita separata o in abbinamento alle antologie Di lettura in lettura e Libere stelle.
    • Per l’autonomia dell’esposizione e dell’apprendimento utili indicazioni vengono dalla didattica di lingue straniere e L2
      – L.Mariani, Saper apprendere. Atteggiamenti, motivazioni, stili e strategie per insegnare ad imparare, libreria universitaria.it edizioni, 2010.
      – S.Ranzoli, Emily Dickinson Words and images, Alfa Edizioni, 2009.
      – L.Mariani (a cura di), L’autonomia nell’apprendimento, La Nuova Italia, 1994.
      –  P.Balboni, Fare educazione linguistica, UTET, 2008.
    • Per il making thinking visible:
      – F. Serafini e S. Serafini-Youngs, Leggere, giorno per giorno. Lettori e lettrici nel laboratorio di lettura, Equilibri, 2024, cap.6.
      WRW in Italia
      Educational Leadership – February 2008 | Volume 65 | Number 5 Teaching Students to Think Pages 57-61 Making Thinking Visible
    • Avanguardie educative – MLTV – Rendere visibili pensiero e apprendimento

Libri di testo e didattica innovativa

Esistono tante realtà scolastiche valide e innovative che non prevedono l’utilizzo del classico libro di testo: le scuole montessoriane e quelle del movimento Senza Zaino, per citarne solo alcune. Inoltre sappiamo bene che la matematica per essere compresa, appresa e amata ha bisogno di essere esperita, manipolata, praticata. Eppure il libro di testo resta un caposaldo nella scuola italiana e tanti insegnanti innovativi e appassionati dedicano ore e ore alla ricerca del libro di testo “perfetto”.

Ma quindi…libro di testo: sì o no?

La mia risposta è no se l’intenzione è quella di utilizzarlo in modo tradizionale o “passivo”: se il libro di testo diventa l’unico strumento didattico nelle mani del docente e se viene chiesto a bambini e bambine di aprirlo, leggerlo, risolvere gli esercizi, correggere gli errori individuati dall’insegnante e infine chiuderlo al termine della lezione. Questa è un’ottima prassi per non ricordare nulla di quanto fatto in classe e soprattutto, ahimè, per veicolare un approccio strumentale della matematica, intesa come disciplina che raccoglie regole, formule, algoritmi e definizioni da studiare a memoria, difficile (quasi impossibile!) da comprendere e assolutamente inopinabile.

Ma la mia risposta è sì (assolutamente sì!) se se ne fa un uso critico e consapevole, se si intende utilizzarlo come uno tra i tanti strumenti a disposizione per conoscere la matematica, utile per riordinare i concetti dopo averli compresi, per dargli una struttura chiara e facilitarne la memorizzazione e il ripasso, per esercitarsi e mettersi alla prova, ma soltanto DOPO aver acquisito le competenze necessarie per poterlo fare, attraverso un approccio relazionale alla matematica, fatto di attività laboratoriali e di scoperte, che vede il discente – protagonista attivo – appropriarsi via via delle conoscenze, dalle più elementari alle più complesse.

Approccio strumentale vs relazionale

Certo, l’approccio relazionale alla matematica è più efficace, consente a ragazze e ragazzi di addentrarsi davvero in quella che è la disciplina, utilizzando una didattica dominio cognitivo specifica, basata sulla manipolazione, sull’approccio visuo-spaziale e sulla comprensione dei concetti.

Eppure moltissimi insegnanti continuano a prediligere l’approccio strumentale; questo perché dà una sicurezza maggiore, permette di percorrere una strada già battuta, non lascia spazio all’incertezza, al pensiero divergente, a strategie differenti, in parole povere “fa meno paura”.

Ed è assolutamente comprensibile: insegnare matematica non è per niente facile.

Un libro di testo pensato per essere messo da parte

Ma se vi dicessi che esiste un libro di testo che permette di avventurarsi all’interno di un approccio relazionale alla disciplina, che guida insegnanti e alunni alla scoperta della matematica attraverso attività esperienziali, laboratoriali e ludiche, affiancando a queste ultime anche una salda base teorica a cui poter attingere ogniqualvolta se ne senta la necessità?

In questo caso sarebbe un po’ più facile salpare l’ancora e lasciarsi trasportare da una didattica davvero efficace e innovativa pur avendo sempre un porto sicuro al quale ormeggiare in caso di mare mosso, vero?

Bene, il nuovo libro di testo di Rizzoli Education vuole offrire esattamente questo:

– un doppio canale attraverso cui vengono presentati gli argomenti, quello pratico per mettere le mani in pasta con i “Mateludici” e la base teorica a cui fare sempre riferimento;

– un nuovo approccio alla risoluzione dei problemi guidata passo passo;

– tanti esercizi per allenarsi, ma anche molte prove non note per permettere a bambine e bambini di mettere in campo in modo creativo le loro competenze;

– uno spazio dedicato all’autovalutazione per aiutare i nostri alunni a riflettere su quanto appreso.

E ora volete sapere il titolo…

…di questo libro di testo pensato per essere aperto, letto e subito richiuso e messo da parte per lasciar spazio all’apprendimento autentico?

Cercate tra le novità editoriali I mondi di GEA (quello con la copertina viola)!

 

 

 

 

 

It’s better than real… It’s pretend!

In Inglese, il verbo TO PRETEND è un classico false friend, una di quelle parole che assomigliano a un vocabolo italiano che conosciamo, ma che vogliono dire qualcosa di molto diverso. To pretend non significa, come si potrebbe pensare, PRETENDERE – che, se volessimo essere precisi, si dice TO DEMAND, che non significa DOMANDARE, ed è quindi un altro false friend! -, bensì FARE FINTA. 

 

“I was pretending I remembered him, but I had no idea who he was!”

“Let’s pretend it never happened.”

“Don’t pretend you did not know what was going to happen!”

 

Particolarmente nel mondo dell’infanzia, e all’interno delle scuole, il verbo to pretend è uno di quei verbi non solo onnipresenti, ma particolarmente amati dagli studenti, che adorano immaginare, sognare, far finta, ma anche dagli insegnanti, che da decenni conoscono l’importanza del gioco immaginativo, di ruolo, di finzione nella trasmissione e nella costruzione degli apprendimenti.

Perché per i bambini è importante “fare finta”?

Per i bambini giocare a fare finta è uno strumento importantissimo per sviluppare un gran numero di abilità, competenze e life skills che vengono interiorizzate molto più rapidamente quando si esce dalla propria, limitata prospettiva, per vestire – e qui si intende letteralmente – i panni dell’altro. Cambiando il proprio punto di vista, facendo finta di non essere più se stessi, i bambini iniziano a superare quella condizione naturale chiamata EGOCENTRISMO INFANTILE, che non è, come si potrebbe credere, un negativo sentimento di desiderio di centralità, quanto piuttosto l’incapacità, del tutto naturale ad una certa età, di comprendere un punto di vista differente dal proprio. Questa incapacità si supera naturalmente con l’età, ma il processo può essere velocizzato con alcuni accorgimenti didattici, tra cui il gioco di finzione. Esso infatti:

  • Permette di esplorare situazioni che normalmente non si vivrebbero. Si può fingere di prendere l’aereo, senza averlo mai preso, fingere di essere proprietari di un animale domestico, quando non lo si ha, fingere di avere dei fratelli, essendo figli unici….
  • Aiuta a superare situazioni emotivamente difficili. Far finta che succedano cose brutte, permette di sperimentarle, seppur in maniera diluita, senza la paura che siano vere. Fingere di essere in ospedale, di andare dal dottore… permettono ai bambini di vivere delle emozioni forti in un ambiente sicuro.
  • Costringe a scendere a compromessi. Quando si creano mondi immaginari con altri bambini, è importante che quei mondo siano condivisi e che i loro contenuti siano accettati da tutti. Per questo i bambini devono imparare a negoziare (chi fa la mamma? Dove facciamo finta di andare in vacanza? …)
  • Aiuta a mettersi nei panni degli altri. Provando sulla propria pelle alcune situazioni anche spiacevoli, è più facile, in futuro, riconoscerle negli altri e avere una vaga idea di cosa stanno passando.

L’accoppiata vincente tra lingua straniera e role play

 Ciascun insegnante di L2 sa che c’è una grande differenza tra lingua “imparata” e lingua “parlata” e che finchè non si è in grado di conversare – comprendendo e producendo – nella Lingua Target, non si può parlare di reale apprendimento. In quest’ottica, il gioco del far finta, il role play, il “language in action” diventano strumenti importantissimi per aiutare gli studenti a passare dalla lingua del manuale alla lingua della reale comunicazione. 

Ci sono moltissime modalità che un insegnante di L2 può mettere in atto con la sua classe, a prescindere dall’età, per utilizzare il gioco del far finta nelle sue lezioni. In particolare, alcune ricorrenze come il CARNEVALE si prestano particolarmente a questo tipo di lezioni. Vediamo come un docente può agire in classe:

  • Creare un dress-up chest: utilizzando vecchi vestiti, oggetti, prompt anche semplicissimi come occhiali da sole, cappelli, sciarpe pitonate, borsette, sarà importante avere uno scatolone o un baule pronto per travestimenti anche molto veloci. I bambini saranno coinvolti nella catalogazione del contenuto del baule, creando un vero e proprio inventario in inglese di ciò che vi si trova all’interno. Gli studenti non solo elencheranno i capi di abbigliamento, ma per ciascuno ne scriveranno una breve descrizione, in  modo da renderlo riconoscibile (es: SUNGLASSES – red frame with dark blue lenses and a golden star on the top right corner). Questa attività non solo permette di lavorare sul vocabolario relativo all’abbigliamento, ma anche una valenza pratica, perché aiuta il gruppo a creare un inventario di ciò che la classe possiede.
  • Dress-up interview: a turno, l’insegnante inviterà un bambino a frugare nel cestone e a creare un travestimento. Il bambino si nasconderà poi dietro un paravento portatile (o dietro l’anta dell’armadio) e dovrà rispondere alle domande dei compagni, che cercheranno di indovinare da chi, o cosa, si è travestito. Si possono prevedere diverse versioni di questa attività:
  1. YES OR NO: le domande possono prevedere solo YES o NO come risposta. Alcuni esempi:
    • Are you a fairy tale character?
    • Do you work in the city?
    • Do you live in a house?
    • Do you wear a uniform?
  2. ONLY JOBS: in questo caso i bambini possono travestirsi solo da “mestieri”, non da personaggi come fate, principi, vecchietti. Le domande possono essere aperte o chiuse a seconda del livello di conoscenza della lingua della classe.
  3. LET’S WRITE AN INTERVIEW: tutta la classe sarà in precedenza coinvolta nella costruzione di un’intervista sufficientemente generica da poter essere applicata a diverse figure. Alcuni esempi di domande possono essere:
    • Are you real or imaginary?
    • Where do you live?
    • Where do you live?
    • How are you dressed?
    • Whom do you work with?

Questo tipo di domande permetterà di lavorare sulle WH questions e di fare pratica delle possibili risposte.

  • Just one prompt: ciascun bambino può selezionare un prompt dal chest, anche qualcosa di molto piccolo come un cappello o una borsa e indossarlo. Sul quaderno ciascun bambino disegnerà se stesso con un costume immaginario, che contenga anche l’elemento da lui selezionato. A questo punto, sarà possibile proporre diverse attività:
  1. DAILY ROUTINE: scrivere una serie di passaggi o frasi in sequenza per descrivere la giornata tipica del personaggio immaginato.
  2. DESCRIPTION: utilizzando non solo il vocabolario dell’abbigliamento, ma anche quello sul corpo, ciascun bambino descriverà il proprio personaggio. Il passaggio successivo sarà leggere la descrizione ai compagni e chiedere loro di disegnare quello che sentono, per poi confrontarlo con l’originale.
  • Funny dialogues: dividendo i bambini a coppie, e permettendo loro di selezionare i costumi/prompt che desiderano dal cestone, invitarli a creare e a mettere in scena una breve skit con dialoghi tra i due personaggi da loro creati. Ci si può sbizzarrire inventando vecchiette bisbetiche, poliziotti inflessibili, cuochi svalvolati…. L’idea sarà cercare di creare situazioni simpatiche, divertenti, dialoghi plausibili ma spassosi.

Liberare la fantasia

Per tutte le caratteristiche di cui abbiamo parlato, il pretend play è una attività che coinvolge i bambini e li diverte. A questo punto, l’insegnante non deve aver paura di lanciare la palla e lasciare che siano gli studenti stessi a raccoglierla, usando la loro immaginazione. Mostrare loro il cestone dei costumi e chiedere di inventare attività per usarne il contenuto, o stabilire una regola un po’ pazza che prevede che i costumi possano essere usati SOLO in L2, sono alcune strategie per coinvolgere i ragazzi e lasciare che dalla loro fantasia scaturiscano modi nuovi e spesso imprevisti per accostare la L2 al pretend play.

Il mondo ha bisogno di poesia

 

Il 21 marzo, primo giorno di primavera, è anche la Giornata Mondiale della poesia. Istituita dall’UNESCO nel 1999, questa ricorrenza può diventare un vero e proprio palcoscenico per le parole, un’occasione preziosa per riscoprire la magia dell’espressione in versi e un laboratorio di emozioni.

Per ricordare che la poesia non è solo testo scritto, ma un’esperienza viva, fatta di suoni, colori e sensazioni, faremo riferimento a “Le storie di Gea”, sussidiario dei linguaggi Fabbri-Erickson, fresco di stampa e pronto per le nuove adozioni ministeriali.  

Perché festeggiare la poesia?

La poesia è un linguaggio capace di trasformare anche una semplice parola in immagine, emozione o ricordo. In un’epoca in cui la comunicazione si riduce spesso a messaggi diretti e brevi, dedicare del tempo alla poesia significa offrire ai bambini e alle bambine uno spazio di libertà. È l’occasione per insegnare loro che le parole offrono opportunità che vanno spesso oltre il loro uso comune.

Attività pratiche per la classe

In vista della Giornata Mondiale della poesia, quindi, anticipiamo con grande piacere alcune delle soluzioni contenute in “Le storie di Gea” che sarà presto in visione per le adozioni dell’anno scolastico 2025-26. 

  1. La poesia e le immagini
    • Immaginate una poesia (per esempio “Due sorelle”, di Chiara Carminati).
    • Affiancate un’immagine, vicina per assonanza, alla poesia (per esempio due maniglie come quelle contenute in “Occhio ladro”, Lapis Edizioni: sembrano davvero due impettite sorelle).
    • Avrete ottenuto un rimando creativo, una suggestione ben distante dalla semplice descrizione didascalica.
    • Infine, come suggerito nel taccuino di scrittura di “Le storie di Gea”, chiedete ai vostri alunni di fare una passeggiata per cercare “personaggi” dove meno se lo aspettano. Perché un personaggio, in fondo, è una questione di sguardi…
  2. Poesia e calligramma
    Il calligramma è un tipo particolare di poesia: in pratica, i versi sono scritti in modo da rappresentare un disegno che completa l’opera e la rende ancora più incisiva.
    Così, per esempio, un calligramma che faccia riferimento alla Luna avrà la forma di una Luna, uno dedicato al cuore sarà facilmente riconoscibile e così via.

Ovviamente un calligramma somma le difficoltà per i nostri piccoli poeti e poetesse: oltre alla scelta dei versi essi dovranno fare attenzione anche alla distribuzione delle parole sul foglio. Per questo, il taccuino de “Le storie i Gea” guida passo-passo i bambini nelle diverse fasi della produzione.

  1. Poesia collettiva
    Per scrivere una poesia bisogna chiudersi in una stanza e lasciare il mondo fuori? Ovvero: la poesia è necessariamente il trionfo della solitudine?
    Quando si parla di poesia non bisognerebbe mai dar nulla per scontato.
    La xeropoesia, per esempio, è una tecnica di scrittura collettiva. Senza scendere troppo nel dettaglio, possiamo dire che si sceglie un tema, lo si mette al centro, e ogni persona di un gruppo scrive il proprio componimento intorno. Quello che si ottiene non è un collage di elementi diversi, ma un’unica opera d’arte che va apprezzata complessivamente.
    In “Le storie di Gea” e nel “Taccuino per esprimersi”, la produzione di una xeropoesia viene proposta in modo strutturato e offre l’occasione di approfondire le figure retoriche, i giochi linguistici o i tanti modi diversi per scrivere poesie.
  2. Diffondere la poesia
    Indubbiamente, il mondo ha bisogno di poesia.
    Per questo motivo, tra i nostri molti impegni da insegnanti ci dovrebbe essere l’attenzione a come favorire la diffusione di questa forma di espressione.
    Un buon modo, soprattutto con i ragazzi di quinta, è la realizzazione di una piccola rivista poetica. Analogica o digitale, con uscita periodica o a numero unico, il sussidiario “Le storie di Gea” mette a disposizione qualche strumento per orientare docenti e alunni.
    Un modo ancora più divertente è trasformare bambini e bambine in jukebox poetici. Sono sufficienti pochi strumenti di uso comune e l’occasione giusta (per esempio una festa di classe o di scuola). In questo caso, però, non diciamo di più perché la poesia è anche questo. Un piccolo mistero da scoprire un poco alla volta.

E per concludere…

Se vi siete iscritti alla seconda edizione di “La poesia è un segreto”, il contest di Rizzoli Education rivolto alle classi, non dimenticate di caricare gli elaborati. Se non avete ancora fatto, avete tempo fino al 31 marzo 2025. Noi ve lo consigliamo caldamente, perché la vera sfida didattica, per noi docenti, è trovare occasioni reali per agganciare la classe in progetti avvincenti e motivanti. E un contest è sicuramente una opportunità da cogliere! per tutte le informazioni, ecco il link: https://www.rizzolieducation.it/contest-poesia/

Buona poesia!

Il libro di testo e la comunicazione

La comunicazione orale

Per lungo tempo il parlarsi è stata la forma di comunicazione umana prevalente. Il senso più utilizzato era l’udito e il sapere era archiviato nella memoria; l’uomo che ricordava molto godeva di molta considerazione. La capacità limitata della memoria provocava un naturale processo di rimozione delle informazioni superflue.

L’efficacia della comunicazione era affidata al ritmo e alle frequenti ripetizioni. La poesia costituiva il modello formale con cui gli insegnamenti passavano da una generazione all’altra. I miti raccontavano vicende mai accadute, ma erano portatori di insegnamenti fondamentali per la sopravvivenza e il benessere della comunità. Il poeta, facendo leva sull’immaginario individuale e collettivo, ne narrava lo svolgersi alle giovani generazioni ed era considerato un maestro di vita.

L’epoca della scrittura

Poi venne la scrittura e, millenni dopo, il libro di testo; la stampa ne facilitò la diffusione; l’elettronica ci propone oggi il formato digitale. Con la scrittura fu possibile archiviare il sapere su un supporto fisico; venne meno la fatica della memorizzazione e con essa la rimozione delle informazioni superflue, le quali, continuando a circolare, generarono sovrabbondanza di informazioni; l’acquisizione di una conoscenza realmente efficace divenne, e lo è sempre più, impegnativa.

Con l’avvento della scrittura il poeta perse valore. Nella Grecia classica si dibattè a lungo se un testo scritto potesse riprodurre compiutamente il pensiero del suo autore. Lo stesso Platone fu contraddittorio; ne intravedeva l’utilità, ma temeva che i giovani, potendo disporre del testo scritto, considerassero superfluo l’insegnamento orale del maestro.

La comunicazione orale è ridondante 

Il termine ‘comunicazione’ significava, sia in greco sia in latino, ‘rendere partecipe’, cioè avviare una relazione per condividere e coinvolgere. La comunicazione orale era considerata la forma più appropriata perchè ridondante; il libro non poteva esserlo.

Anche oggi, durante lo svolgimento della lezione, il docente tende a ripetere più volte gli stessi concetti; un po’ per consentire a qualche studente distratto di tenersi agganciato al filo del ragionamento, un po’ per presentare gli stessi concetti con altre parole e aggiungere particolari. La ridondanza aiuta a stabilire quel rapporto empatico senza il quale l’apprendimento non può essere nè profondo nè duraturo.

Il libro di testo

Nel libro di testo i concetti sono esposti in forma sintetica, senza alcuna ridondanza. Se è vero che gli studenti possono accedervi in piena autonomia, è anche vero che l’esperienza mostra altro. Senza la figura del docente, che li prende per mano e li accompagna lungo il cammino, lo studente procede a singhiozzo, impara a memoria e si illude di conoscere qualcosa.

Il libro di testo appare come un lavoro di pavimentazione del sentiero sul quale docente e studenti sono in cammino; passo dopo passo i viandanti procedono tra i suoi contenuti; al docente il compito di aggiungere la ridondanza necessaria per rendere l’apprendimento profondo e duraturo.

Il libro provvede ad una pavimentazione solida, magari senza ornamenti ed effetti speciali; mira ad agevolare l’acquisizione delle conoscenze di base, fondamentali e di lunga durata, tutt’altro che scontate.