Natale è anche un viaggio tra storia e antropologia

Il Natale è una delle festività più amate e celebrate nel mondo. Nella scuola primaria assume una rilevanza particolare, poiché rappresenta un’occasione educativa per avvicinare bambine e bambini a tradizioni culturali, valori sociali e conoscenze storiche. Questo periodo non è solo un momento di festa, ma anche un’opportunità per esplorare le radici storiche della celebrazione e il suo significato antropologico.

La celebrazione del Natale, intesa come ricorrenza della nascita di Gesù Cristo, risale al IV secolo d.C., quando la Chiesa cristiana fissò la data del 25 dicembre. Questa data non fu scelta a caso: coincideva con festività già esistenti nell’Impero Romano, in particolare i Saturnalia.

I Saturnalia erano una delle festività più popolari dell’antica Roma, dedicate a Saturno, il dio dell’agricoltura e del tempo. Celebrati originariamente il 17 dicembre e poi estesi fino al 23 dicembre, i Saturnalia rappresentavano un periodo di gioia, festeggiamenti e inversione sociale. Durante questi giorni, le gerarchie venivano temporaneamente sospese: i padroni servivano i loro schiavi, si scambiavano doni e si indulgeva in banchetti e giochi. Uno degli elementi chiave dei Saturnalia era il senso di libertà e uguaglianza temporanea. Le case venivano decorate con piante verdi e luci, e i romani si scambiavano piccoli regali, come candele e statuette di terracotta. Queste tradizioni hanno influenzato profondamente alcune delle usanze natalizie che conosciamo oggi, come lo scambio di doni e le decorazioni luminose.

La Chiesa cristiana, cercando di integrare e cristianizzare le celebrazioni pagane, adottò molte di queste pratiche nei festeggiamenti del Natale, trasformando i Saturnalia in un’occasione per celebrare la nascita di Gesù. In questo modo, una festa profondamente radicata nella cultura romana si adattò al nuovo contesto religioso, diventando parte integrante della tradizione natalizia.

Includere i Saturnalia nella narrazione del Natale nella scuola primaria offre un’occasione unica per spiegare ai bambini come le festività si siano evolute nel corso della storia. Attraverso racconti e attività, gli insegnanti possono mostrare come il Natale sia una fusione di tradizioni cristiane e pagane, sottolineando che molte delle nostre usanze attuali hanno radici antiche. Ad esempio, si possono proporre attività che ricreano i Saturnalia, come lo scambio di piccoli doni simbolici o giochi di ruolo che rappresentano l’inversione delle gerarchie sociali. Queste attività aiutano i bambini a comprendere che la storia è fatta di continuità e cambiamento, e che molte tradizioni moderne sono il risultato di influenze culturali diverse.

Dal punto di vista antropologico, i Saturnalia offrono un esempio di come le festività siano state utilizzate dalle società per rafforzare i legami sociali e celebrare il ciclo della vita. Nella scuola primaria, questa prospettiva può essere esplorata attraverso attività che confrontano i Saturnalia con altre festività invernali, come lo Yule nordico o il Sol Invictus romano. Questi confronti mostrano ai bambini e alle bambine che, nonostante le differenze culturali, molte civiltà hanno celebrato la fine dell’anno come un momento di speranza, rinnovamento e comunità. Le decorazioni verdi e luminose dei Saturnalia, ad esempio, erano simboli di prosperità e vita eterna, temi che ritroviamo anche nel Natale cristiano.

Per rendere la storia del Natale e dei Saturnalia più coinvolgente, a scuola, come in fondo facciamo sempre, possiamo organizzare laboratori creativi. Si possono creare decorazioni ispirate alle antiche tradizioni romane, come corone di alloro e candele simboliche, oppure partecipare a giochi che riproducono le attività tipiche dei Saturnalia. Un’altra idea è quella di organizzare una “giornata dei Saturnalia”, durante la quale i bambini possano scambiarsi piccoli doni simbolici e partecipare a banchetti simbolici in classe. Attraverso queste attività, gli alunni e le alunne possono sperimentare in prima persona l’atmosfera gioiosa e inclusiva di questa antica festa, rafforzando il loro interesse per la storia e le tradizioni.

Inserire i Saturnalia nel contesto del Natale consente di insegnare l’importanza delle influenze culturali e del dialogo tra passato e presente. Attraverso il racconto di questa festa romana, le classi apprendono che le tradizioni si trasformano nel tempo, mantenendo però un nucleo di valori universali, come la condivisione, la solidarietà e la speranza. Questa prospettiva aiuta anche a sviluppare un senso critico e inclusivo, riconoscendo che le celebrazioni moderne sono il risultato di una lunga evoluzione storica che ha coinvolto molte culture e religioni.

In conclusione, l’inclusione dei Saturnalia nella narrazione del Natale nella scuola primaria arricchisce il racconto storico e antropologico di questa festività. Attraverso racconti, laboratori e attività creative, i bambini e le bambine imparano a conoscere le radici antiche del Natale, scoprendo come tradizioni diverse si siano intrecciate per dar vita alla celebrazione che conosciamo oggi. Questo approccio non solo rafforza la loro conoscenza storica, ma li aiuta anche a sviluppare una maggiore consapevolezza culturale e un profondo rispetto per le diversità.

In fondo, lo spirito del Natale è proprio questo!

“Hai studiato ingegneria spaziale, quindi vuoi fare l’astronauta?”

Penso di aver perso il conto del numero di volte in cui mi è stata fatta questa domanda. Di solito sorrido e scuoto la testa. Subito dopo mi fermo a riflettere e a chiedermi se forse avrei dovuto spendere due parole in più per spiegare, cosa vuol dire essere un’ingegnera spaziale. Da brava ingegnera, numeri alla mano, posso dire con certezza che meno del 0.1% di chi lavora nel campo spaziale è astronauta, e quasi nessuno di loro ha una laurea in ingegneria spaziale. 

Ma allora in cosa consiste il settore spaziale?

In questo campo ci si occupa soprattutto di progettazione, sviluppo, test, lancio e attività di satelliti artificiali. La maggior parte di questi satelliti sono fondamentali per la vita di tutti i giorni e ce ne serviamo giornalmente a partire dal navigatore che troviamo sul nostro cellulare. Ovviamente in orbita ci sono anche satelliti che si occupano di scienza, che osservano la terra e, ad esempio, ci permettono di avere dati meteo per poter rendere le previsioni sempre più accurate, oppure satelliti che hanno l’obiettivo di scoprire di più sull’universo o sul sistema solare.

Il settore spaziale si occupa di tutto ciò: dalla componente più piccola a bordo, che può anche essere una batteria, al satellite nella sua interezza. Come si può intuire si tratta di un ambito piuttosto ampio. Con una laurea in ingegneria spaziale puoi lavorare sia nel pubblico che nel privato. Quando si parla di pubblico ci si riferisce soprattutto alle agenzie spaziali come l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) o quella Italiana (ASI), ma non solo: quasi ogni paese europeo ne ha una (se non di più).

L’ambito privato però è quello più ampio e ci sono centinaia di industrie che si occupano di progettazione, costruzione, lancio e operazioni dei satelliti. Come in molti altri casi c’è anche la possibilità di scegliere la strada della ricerca sia in ambito universitario (con un dottorato o un postdoc) o anche nelle aziende o agenzie, aiutando e promuovendo lo sviluppo di nuove tecnologie o di nuove metodologie.

Ma quali sono quindi le professioni che si possono esercitare con una laurea in ingegneria spaziale?

Eccone alcune aree di lavoro: 

  • Analisi di missione e dinamica di volo: si tratta della progettazione e del mantenimento delle orbite dei satelliti, insieme alla loro orientazione nello spazio. Richiede una grande conoscenza della meccanica orbitale, della fisica-matematica e della programmazione.
  • Progettazione: questo lavoro spazia dallo studio di fattibilità di una missione spaziale alla progettazione di tutti i suoi sottosistemi (come ad esempio quello elettrico, di controllo di assetto, propulsivo, termico, telecomunicativo).
  • Sviluppo/mantenimento software: l’ambito di applicazione può essere molto vario. Si va infatti dai software relativi alla progettazione (del satellite, delle orbite), a quelli usati per controllare le missioni e le antenne di terra (usate per comunicare col satellite). Si arriva fino a quelli utilizzati per pianificare le attività da portare avanti all’ intelligenza artificiale (ora sempre più utilizzata). 
  • Operazioni: tutto ciò che riguarda i satelliti dopo il loro lancio. Questa fase va dai test iniziali, fatti giusto dopo il lancio per assicurarsi che tutti i sottosistemi funzionino alla perfezione, alle attività giornaliere, includendo la risoluzione di anomalie. 
  • Processo dati: molte missioni, soprattutto quelle scientifiche, forniscono un’enorme quantità di dati che vanno appunto gestiti ed archiviati. 
  • Mantenimento e progettazione delle antenne di terra: queste vengono utilizzate per comunicare col satellite, sia per ricevere dati che per dare istruzioni.
  • Integrazione e test: costruzione vera e propria del satellite con relativi test per assicurarsi che sopravviva al lancio e ad un ambiente ostico come può essere lo spazio.

Ma solo studiando ingegneria spaziale si può lavorare in questo settore? 

La maggior parte delle persone che lavora in questo ambito ha una laurea in ingegneria (spaziale, ma anche meccanica, telecomunicazioni, informatica, etc), in Fisica, in Matematica, ma non solo. C’è anche chi è laureato/a in Biologia, Medicina, Comunicazione e Giurisprudenza, questo solo per menzionarne qualcuna. Per alcuni tipi di lavori è sufficiente la laurea triennale, ma per la maggior parte è richiesta una magistrale, soprattutto se si ambisce a lavori con maggiore responsabilità. Il dottorato, invece, non è richiesto.

Avrete capito che si tratta di un settore in continua espansione, stimolante ed innovativo, dove le opportunità sono molteplici se si sa dove cercare. Lo spazio aspetta solo di essere esplorato. Ogni scoperta, ogni innovazione, ogni passo in avanti ci avvicina a un futuro dove le stelle non sono più solo un sogno, ma una destinazione. Siete pronti a far parte di questa avventura?

A cura di Generazione Stem

Greta De Marco è laureata in ingegneria aerospaziale (triennale) ed aerospaziale (magistrale) al Politecnico di Milano e alla Universidad Politecinca de Madrid (erasmus) dal 2012 al 2018. 

Inizia la sua carriera lavorativa facendo un interniship nella sede di Madrid dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA/ESAC). Si trasferisce poi nel cuore della Germania per iniziare a lavorare nel settore delle operazioni spaziali: inizia dal settore privato, sviluppando il concetto di operazioni per un satellite dell’agenzia spaziale tedesca con obiettivo di testare nuova technologia per le telecommunicazioni. Nel 2021 entra nell’Agenzia Spaziale Europea che ha sede in Germania (ESA/ESOC), prima come contractor e dal 2024 come staff lavorando sui telescopi spaziali INTEGRAL e XMM-Newton.

Las Campanadas y la Nochevieja en España

La Nochevieja en España es una de las celebraciones más esperadas y emocionantes del año, y lo que la hace realmente especial es la tradición de las 12 campanadas. A medianoche, el sonido de las campanas de la Puerta del Sol de Madrid marca la llegada del Año Nuevo y da inicio a una de las costumbres más singulares y fascinantes del país.

Cada campanada, que señala el comienzo de cada mes del nuevo año, se acompaña de un gesto simbólico que trae buena suerte: comer una uva por cada campanada. Esta tradición, que se originó a finales del siglo XIX, se conoce como “Las doce uvas de la suerte”. Se dice que comer una uva con cada campanada trae buena fortuna, prosperidad y felicidad para el año que comienza.

La tradición tiene un significado profundo: cada uva representa un deseo o una esperanza para los meses venideros, y la hazaña de comérselas todas antes de que suene la última campanada se convierte en un ritual colectivo en el que participan millones de personas en toda España. A pesar de la dificultad de comer una uva por campanada, el desafío se enfrenta siempre con entusiasmo y risas, creando un ambiente de alegría y esperanza.

La Nochevieja en España también es un momento de fiesta y convivencia, donde toda la familia se reúne para celebrarlo juntos. La tradición de las 12 campanadas se sigue no solo en las grandes ciudades como Madrid, sino también en las plazas de los pequeños pueblos, donde el sonido de las campanas resuena en el corazón de la comunidad.

Otro aspecto interesante de la celebración es el uso de ropa elegante y una copa de cava, que acompaña el brindis a medianoche. Nuevamente, la tradición se celebra con una buena dosis de optimismo y alegría, listos para dar el primer paso hacia un nuevo año.

Si estás en España durante Nochevieja, no te pierdas la oportunidad de unirte a esta tradición tan especial: prepara un plato con 12 uvas y, con la esperanza de buena suerte, déjate llevar por la magia del momento. Comerlas una a una, con la última uva marcando el inicio de un nuevo capítulo, es una de las experiencias más memorables del Año Nuevo español.

L’autrice

Alba di Egness, madrelingua spagnola, laureata in economia e con un master in marketing, si trasferisce in Italia nel 2016 e si specializza nell’insegnamento dello spagnolo per studenti di madrelingua italiana. Content creator e Fondatrice dell’Accademia Egness, la prima scuola online di spagnolo per italiani.

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Christmas Architects

Una delle tradizioni più amate e diffuse in molti paesi di lingua anglosassone è la costruzione e la decorazione delle casette di pan di zenzero. Durante i giorni che precedono il Natale le famiglie si riuniscono, di fronte al camino acceso, con brani musicali stagionali di sottofondo, raccogliendo dolci di tutti i tipi e, in piena collaborazione tra grandi e piccoli, si creano dei piccoli capolavori di architettura domestica a base di biscotto, gelatine, panna montata, zuccherini… è un momento caratteristico delle festività natalizie, che riunisce la famiglia in un’attività piacevole, collaborativa, in grado di mettere in risalto le abilità di ciascuno, sia chi la più creatività, sia chi ha più senso pratico, sia a chi ha più senso estetico…

Il pane di zenzero è un dolce tipico dei paesi del nord, poco diffuso in Italia, ma comunissimo in zone più fredde dell’Europa e del continente non l’americano. Triangoli  e rettangoli di pan di zenzero formano la base per la costruzione delle classiche casette natalizie, che vengono poi decorate con zucchero, caramelle, confetti…

 

Su le maniche e… costruiamo una Gingerbread House!

La prima attività che permetterà agli insegnanti di “creare l’atmosfera” e di costruire l’aggancio grazie al quale partire per tutti gli sviluppi contenutistici successivi, sarà la costruzione vera e propria delle casette di pan di zenzero. Pur non potendo usare elementi commestibili, il tutto è realizzabilissimo sostituendoç

  • Il pan di zenzero con cartoncino grezzo marrone
  • I dolci con perline, bottoni, glitter, pezzettini di carta collage, etc…
  • La glassa con colla liquida e tempera bianca

I bambini potranno lavorare da soli o in gruppi, in primis elaborando e disegnando su un foglio di carta millimetrata la rappresentazione bidimensionale del solido che stanno per costruire; i più grandi potranno essere introdotti, se l’insegnante lo riterrà fattibile, ai primi rudimenti di proiezione ortogonale. Dovranno poi decidere come e con cosa decorare le loro creazioni. Anche questo passaggio dovrà essere definito in un progetto preciso.

L’insegnante potrà decidere se lasciare libero sfogo alla creatività di ciascuno oppure se definire a priori quali e quanti materiali potranno essere utilizzati, dando una base fissa che ciascun bambino poi potrà rielaborare a piacimento; in questo modo sarà interessante constatare come individuo sappia utilizzare diversamente gli stessi materiali, messi a disposizione nello stesso modo a tutti. Come ultimo step, ci sarà la realizzazione delle casette vera e propria, utilizzando i materiali a disposizione e l’abilità manuale di ciascuno.

Suddividere i bambini in gruppi permetterà ai bambini di contribuire ad un progetto collettivo mettendo le proprie capacità individuali al servizio del gruppo. Ci sarà chi ha migliori abilità manuali, chi invece è più pratico nella progettazione e nel disegno tecnico, chi invece ha uno spirito più artistico. In questo modo le abilità e le potenzialità di tutti saranno messe in evidenza, senza una carenza individuale in un certo ambito comprometta tutto il progetto.

Quando tutte le casette saranno pronte, potranno essere disposte a formare un vero e proprio villaggio natalizio che servirà come base per alcune delle attività successive.

Gingerbread houses to expand our English vocabulary

Portare questa tradizione nelle nostre aule aiuta a lavorare su diversi contenuti e obiettivi didattici legati alla lingua 2, mantenendo le attività in un contesto emotivo legato alla stagione e alle festività che sicuramente permette di creare una situazione di coinvolgimento in cui l’apprendimento può avvenire più facilmente”. In particolare sarà interessante concentrarsi su due obiettivi: l’ampliamento del vocabolario e la conoscenza e condivisione di tradizioni legate al periodo invernale.

  • AMPLIAMENTO DEL VOCABOLARIO: Per quanto riguarda l’utilizzo della L2 usando le casette di pan di zenzero, si possono identificare tre grandi aree di intervento:
    • FORME GEOMETRICHE: nell’ottica della didattica CLIL si potranno adattare all’età e agli obiettivi disciplinari del programma di matematica numerose attività di riconoscimento e nomina delle figure geometriche in Lingua Target. Si potranno proporre attività di costruzione di forme geometriche usando gli stecchini del gelato, seguendo solo indicazioni in Inglese, che includano, dove possibile, altri elementi linguistici (es: i colori). In questo caso si forniranno ai bambini indicazioni molto chiare e definite, come “Now build a green triangle” o “Create a big square”. In questo modo si lavorerà anche sulla corrispondenza tra aggettivo qualificativo e sostantivo.
  • DOLCI e CARAMELLE: poiché i dolciumi e le caramelle sono alla base della costruzione dei villaggi di pan di zenzero, sarà interessante proporre questo argomento in classe, abbinandolo alla definizione delle preferenze. In particolare si potrà:
      • Creare un cartellone in cui, sotto forma di istogramma, si rappresenteranno le preferenze degli alunni
      • Giocare agli anagrammi, usando molte tessere su cui siano segnate le lettere, e chiedendo ai bambini di usare tali lettere per ricostruire i nomi di quanti più dolciumi possibile
      • Intervistare gli adulti della scuola, offrendo loro domande aperte come “What’s your favourite treat?” o domande chiuse e specifiche come “Do you like jellybeans?”
        Alcuni dei dolci che si potranno includere sono:
      • Jellybeans
      • Candy Corn
      • Lollypop
      • Gumdrops
      • Candy bars
      • Taffy
      • Candy Canes
      • Ribbon Candies
  • LA CITTA’ E I SUOI RUOLI: molte casette di pan di zenzero possono formare un villaggio di pan di zenzero, e ogni villaggio che si rispetti ha numerosi edifici con numerose funzioni, oltre a diverse persone che svolgono diversi ruoli. Si creeranno numerose attività per avviare i bambini ad apprendere il vocabolario relativo a:
    • Shops and Shop workers: si potranno creare brevi descrizioni in prima persona dei diversi personaggi, o disegnare i negozi e etichettare i prodotti che vi si trovano all’interno; si potranno creare semplici indovinelli come: “I sell milk, who am I?” o “I don’t see many vegetarians, who am I?” e invitare i bambini a crearne di loro.
    • Community Helpers, ovvero quelle persone che lavorano per il bene della comunità (insegnanti, poliziotti, vigili del fuoco, operatori ecologici…). In questo caso si creeranno semplici frasi tipo “A teacher helps others by…” oppure “The person who helps us by keeping us safe is…”. Si potranno anche abbinare semplici flashcards dei community helpers con i loro elementi identificativi.
    • Toponymy: pianificare insieme su un grosso cartellone la mappa di un villaggio permette di utilizzare il vocabolario in maniera concreta e anche di lavorare sugli indicatori spaziali. Come si potrà andare dal punto A al punto B? Quali indicazioni dare a un passante che si sia perso? I bambini possono allenarsi a chiedere e dare indicazioni in Lingua Target.
  • Conoscenza di tradizioni legate al periodo natalizio: nei Paesi di lingua anglosassone sono presenti numerose tradizioni natalizie che, grazie alla TV, ora sono diffuse quasi in tutto il mondo, ma che nel passato erano tipiche di certe, specifiche aree. In particolare:
    • Christmas Caroling
    • Christmas Crackers
    • Personalized Christmas Stockings
    • Elf on the Shelf
    • Ugly Sweaters (Christmas Jumpers)Chiederemo ai bambini di scegliere una tra queste tradizioni e di svolgere un breve ricerca. Dove ha avuto origine? Di cosa si tratta? Come e quanto si è diffusa? Chiederemo inoltre ai bambini di condividere le loro personali tradizioni natalizie o invernali. Se in classe sono presenti bambini di altre tradizioni culturali o di altre religioni, sarà interessante scoprire come viene vissuto questo periodo nelle loro case, cosa entra a far parte delle loro vite, cosa viene lasciato fuori, quali sono i riti e le storie di ciascuna cultura. Per esempio, nelle famiglie di religione ebraica in questo stesso periodo ci si prepara ad Hanukkah, mentre altre famiglie potrebbero celebrare Kwanzaa. La condivisione dei diversi modi di vivere questo periodo dell’anno non potrà che portare arricchimento per tutti.

Piccole casette: grandi obiettivi!

Tutti gli obiettivi che sono stati presentati qui per la Lingua Inglese, possono essere facilmente traslati anche nella Lingua Madre della classe in cui lavoriamo. Presentare attività sulla geometria, sull’orientamento spaziale, sulla matematica dei dolci, sulle preferenze individuali, ai settori lavorativi… tutto questo può essere proposto sia come obiettivo linguistico, sia come obiettivo collaterale legato al filo conduttore delle casette di pan di zenzero che lega insieme le attività proposte sopra, a prescindere dalla lingua utilizzata dal docente e dagli studenti.

Che Storia! | La polveriera d’Europa: una lettura geostorica dei Balcani

TRA GEOGRAFIA E STORIA

La geostoria, approccio storiografico fondato da Fernand Braudel a inizio Novecento, fornisce una chiave di lettura interessante dei fenomeni complessi, in quanto costringe lo storico a domandarsi quali siano le dinamiche profonde che reggono gli eventi, lo studio dei quali non è sufficiente a dare ragione dei movimenti lenti della Storia. Tali movimenti possono essere colti se le due componenti delle azioni umane, cioè spazio e tempo, vengono posti sullo stesso livello, perché le scelte delle comunità umane sono sempre influenzate dall’ambiente in cui esse vivono. Da qui la necessaria interazione tra Storia e Geografia.

Questa breve riflessione ha l’obiettivo di indagare il profondo legame tra l’instabilità politica dell’area balcanica e la sua geografia fisica.

Ponte tra Europa orientale e Anatolia, tra Mar Nero e Mediterraneo, i Balcani hanno una morfologia complessa, caratterizzata dalla catena dei Monti omonimi, dai Carpazi e dal Danubio. L’unità geostorica che vogliamo trattare in questa sede si estende più a nord, fino a comprendere tutta la catena dei Carpazi e le Alpi orientali: si costituisce così un’area che isola la regione dalle grandi pianure dei Bassopiani Germanico e Sarmatico. Le vicende storiche mostrano come il controllo politico e militare dei Balcani non sia affatto semplice: la frammentazione culturale dei popoli che vi abitano, dovuta da una parte alle discontinuità del territorio fisico, dall’altra alle continue migrazioni, non ha mai dato origine a entità statali forti e durature capaci di governare l’intera regione; la conseguenza è che soggetti esterni abbiano visto nei Balcani una preda da conquistare o il luogo dove sfidare gli stati avversari in scenari di guerra indiretta.

 

CONFINI E VARCHI

Come dimostrano i piani di conquista completa della regione, principalmente romani, austriaci e turchi, per un controllo diretto e stabile non è sufficiente fissare i confini lungo i rilievi. Il Danubio apre tre grandi varchi spezzando la continuità delle montagne: il passaggio tra le Alpi e i Carpazi (dove sorge, non a caso, Vienna), la gola delle Porte di Ferro tra i Balcani e i Carpazi (lungo la quale Traiano fece realizzare opere viarie utili alla penetrazione in Dacia) e la sua foce che, chiusa a ovest dai Carpazi e a est dal mar Nero definisce il corridoio di Focșani. Questi punti devono essere controllati se si vuole godere del controllo sull’area, che peraltro comprende due tra le pianure più fertili d’Europa, la Pannonia (odierna Ungheria) e la Valacchia (oggi divisa tra Romania e Ungheria).

 

L’ESPANSIONE OTTOMANA

Che la conoscenza del territorio sia la chiave per pianificare una conquista lo si vede nei piani di espansione dei turchi in epoca medievale, quando il tentativo di sottomettere la parte meridionale della penisola Balcanica seguiva due direttrici ben precise: verso le Porte di Ferro a nord-ovest e verso la foce del Danubio a nord-est. Nonostante i numerosi interventi militari delle monarchie europee a supporto di polacchi e ungheresi, che avevano ambizioni regionali, a metà Quattrocento i turchi detenevano saldamente il controllo di quei due punti strategici e quindi buona parte dei Balcani meridionali cadeva nella loro sfera di influenza.

Interessante è notare come la fase di espansione successiva dovesse inevitabilmente prevedere di puntare al corridoio Alpi-Carpazi, quindi Vienna. I due assedi falliti del 1529 e del 1638 impedirono di saldare i confini turchi alla geografia e resero indifendibili tutti i territori a nord delle Porte di Ferro, costringendo i sultani a un’espansione mutilata.

Espansione ottomana tra il XIV e il XVI secolo

 

LA QUESTIONE D’ORIENTE E LA SCINTILLA DELLA GRANDE GUERRA

Nel gioco balcanico il successivo intervento dell’impero russo e il suo appoggio ai serbi non è casuale. L’obiettivo di rendere accessibile il Mediterraneo alla flotta russa del mar Nero era difficilemte raggiungibile tramite uno scontro aperto con gli Ottomani, lo dimostra la sconfitta nella guerra di Crimea (1853-1856). Il tentativo russo di inserirsi nella regione seguì due vettori, entrambi dettati dalla geografia: soffiando sulle braci dei nazionalismi slavi, i russi da una parte puntarono ad accedere alla foce del Danubio (acquisizione della Bessarabia meridionale nel 1878, al termine della guerra russo-turca), dall’altra diedero il loro appoggio alla Serbia, divenuta indipendente nello stesso anno. Cuore geografico dei Balcani, il Principato poi Regno di Serbia, deteneva il controllo delle Porte di Ferro, come visto, punto strategico.

Sulla scia di queste dinamiche si può leggere anche l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo. Il tentativo austriaco di mantenere una certa influenza in area balcanica attraverso l’occupazione militare della Bosnia fallì miseramente; la regione si stava disgregando sotto i colpi dei nazionalismi (dalla guerra russo-turca alle guerre balcaniche) e delle molte ingerenze straniere. 

Impero Ottomano 1877-1913

Si evince, da quanto detto, che la stabilità della penisola balcanica ancora a inizio Novecento dipendesse molto alla sua morfologia, infatti agganciare i propri confini ai rilievi e ai varchi definiti dal Danubio era l’unico modo per garantirsi il controllo dell’area. Oggi lo sviluppo delle tecnologie militari ha mitigato il legame tra controllo politico e geografia fisica,  ma non lo ha del tutto eliminato. Le barriere geografiche rappresentano ancora dei confini tra culture, popoli e aspirazioni politiche. Per questo, ancora oggi, molte aree balcaniche rimangono altamente instabili.

 

PER APPROFONDIRE

Ti proponiamo alcuni materiali da La Storia in 100 lezioni di Antonio Brancati e Trebi Pagliarani 

  • L’espansione ottomana fra XV e XVI secolo.
  • La questione d’Oriente .
  • Verso la prima guerra mondiale.

Unwrapping Christmas Traditions in Literature

Il Natale, celebrato con grande entusiasmo in tutto il mondo, assume forme uniche nei paesi di lingua inglese, mescolando radici storiche e influenze moderne.  Questo articolo esplora le tradizioni natalizie nei paesi anglofoni viste attraverso le opere di noti scrittori. Gli scritti di autori come Charles Dickens, Robert Frost, Chesterton e Christina Rossetti catturano lo spirito di un Natale che, pur nelle sue diverse tradizioni, celebra universalmente l’amore, la generosità e il legame familiare.

Il suino italiano pesante da trasformazione

Il suino italiano pesante, anche noto come “suino da trasformazione”, è una delle principali razze suine impiegate nella produzione tutelata del prosciutto crudo di alta qualità a denominazione di origine (DOP e IGP, reg. CE n. 1151/2012 e 1143/2024). Si tratta di un patrimonio zootecnico di grande valore, in grado di ottenere prodotti di eccellenza conosciuti e rinomati a livello internazionale. 

I prodotti italiani a base di carne suina a denominazione tutelata sono 40 (21 DOP e 19 IGP) tra i quali spiccano il prosciutto crudo di San Daniele, di Parma, il Veneto Berico Euganeo ed altre specialità tipiche che, non solo sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo, ma individuano, valorizzano e identificano uno specifico territorio (MASAF, 2024). Questa tipologia di suino è caratterizzata da animali con un peso vivo commerciale medio di 160 kg ± 10% e da una struttura corporea robusta. Questi animali sono selezionati per le loro caratteristiche muscolari, la qualità e la quantità del grasso, che conferiscono al prodotto finale un gusto e una consistenza unici (Bozzi et al., 2018).

Il suino pesante italiano è caratterizzato da una notevole massa muscolare, in particolare nei quarti posteriori, che rappresentano la parte principale utilizzata per la produzione di prosciutti crudi. Le cosce si presentano allungate e con una buona globosità, la qualità del grasso, densa e ricca di acidi grassi monoinsaturi, è essenziale per il sapore dolce e la morbidezza del prosciutto. Tutte queste caratteristiche lo rendono idoneo anche per i processi di stagionatura.

La selezione genetica e l’alimentazione bilanciata sono aspetti cruciali nel garantire una crescita lenta e una carne idonea a un processo di stagionatura prolungato. La gestione alimentare dei suini prevede una dieta a base di cereali e soia, con un apporto calorico moderato per evitare un eccessivo accumulo di grasso sottocutaneo (Fantini et al., 2020). Da un punto di vista genetico gli ibridi utilizzati per la produzione del suino pesante italiano, derivano da schemi di incrocio a tre vie che utilizzano programmi di selezione in purezza e sistemi di ibridazione secondo un’organizzazione piramidale. All’apice troviamo le linee pure che costituiscono il nucleo di selezione, dove vengono selezionati i riproduttori in purezza (Grand Parents) riconducibili prevalentemente a 3 diverse razze:

  • razza A – Large White Italiana;
  • razza B – Landrace Italiana;
  • razza C – Duroc Italiana.

La scelta di queste tre razze fondatrici deriva dallo sfruttamento delle caratteristiche positive delle 3 razze quali:

  • incrementi ponderali;
  • aumento della conformazione anatomica dei tagli di maggior valore commerciale;
  • aumento della prolificità;
  • miglioramento della distribuzione adiposa di copertura e tra i fasci muscolari delle cosce.

I nuclei di selezione poi riforniscono i riproduttori in purezza al secondo livello della piramide rappresentato dai centri di moltiplicazione per la produzione di femmine ibride A x B (Parents). I maschi nati da questo incrocio nel secondo livello, saranno poi destinati all’ingrasso per la produzione del suino leggero da macelleria.

Infine, abbiamo il terzo livello rappresentato dagli allevamenti commerciali dove le femmine AB vengono incrociate con verri della terza razza (C x AB) al fine di ottenere il prodotto ultimo dello schema di incrocio rappresentato dai soggetti da ingrasso e destinati quindi alla macellazione.

Le modalità di allevamento richieste dai disciplinari di produzione comportano un significativo incremento dei costi di produzione mediamente pari al 20-25% in più rispetto alle produzioni suinicole europee. Questi costi sono dovuti a minori ritmi di crescita (-20%), a maggiori indici di conversione in termini di kg di mangime/kg di accrescimento (EU 1,20 Vs. IT 1,50), cicli di allevamento più prolungati nel tempo (+80%) con un conseguente 40% di suini allevati in meno per posto/stalla/anno (Gallo, 2022).

Gli allevamenti suini italiani seguono regolamentazioni rigorose per garantire il benessere animale, riducendo al minimo lo stress per favorire una qualità ottimale della carne. Gli animali vengono allevati in spazi ampi e in condizioni controllate, riducendo il rischio di patologie e migliorando la qualità del prodotto finale (Bosi et al., 2019).

Esistono due tipologie di allevamento:

  1. ciclo aperto: qui troviamo due tipologie distinte di allevamento ovvero la riproduzione (scrofaia) e l’ingrasso;
  2. ciclo chiuso: qui coesistono nella stessa azienda sia la parte riproduttiva sia quella dell’accrescimento/ingrasso.

Esiste, inoltre, una variante del ciclo aperto, la modalità multi-site (Harris, 2000), dove la stessa azienda possiede diversi siti produttivi lontani tra loro (scrofaia, post-svezzamento, accrescimento e finissaggio). Quest’ultima modalità permette di effettuare il vuoto sanitario, riduce il rischio di trasmissione di patologie e ha effetti positivi sul profilo sanitario degli animali.

 

Fig. 1 Large White Italiana

Fig. 2 Landrace Italiana

Fig. 3 Duroc Italiana

 

L’Artificial Intelligence Act

Insegnamento della storia e cultura storica

Lo scopo supremo che viene assegnato all’insegnamento della storia nella letteratura internazionale è espresso con vari concetti: coscienza storica, pensiero storico, cultura storica. I tre concetti non sono alternativi, sono integrabili. Ma a fondamento sia della coscienza sia del pensiero dobbiamo pensare che ci sia la cultura storica. Dunque, le domande da porsi sono varie: 

  1. Che cosa si intende per cultura storica di alunni di scuola secondaria di I grado?
  2. Di quali conoscenze è formata la loro cultura storica?
  3. Con quale selezione di conoscenze si forma la loro cultura storica?
  4. Con quale didattica si forma tale cultura storica? 

L’articolo cerca di dare risposte a queste domande.

Che cosa si intende per cultura storica di alunni di scuola secondaria di I grado?

La maggioranza degli insegnanti ha verificato e verifica tuttora il sapere storico acquisito dagli alunni e dalle alunne mediante le interrogazioni e i test rivolti a controllare la padronanza di nozioni (date dei fatti, nomi di personaggi, riferimenti spaziali, definizioni di concetti…), insomma il pulviscolo delle informazioni presenti nel testo storiografico manualistico. La presentazione degli argomenti e la verifica dell’apprendimento fatta in tal modo respinge studentesse e studenti che confessano che le principali difficoltà del loro rapporto con la storia insegnata consistono proprio nella memorizzazione delle nozioni e nella mancanza di significato dei fenomeni storici studiati. 

Prendiamo la definizione che il dizionario Treccani dà di “cultura” e vediamo come utilizzarla per formarci una idea della cultura storica da formare con le conoscenze proposte nei tre anni della scuola secondaria di I grado. 

Cultura. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo.

Ecco, si tratta di insegnare le conoscenze storiche in modo che diventino elemento costitutivo della personalità degli alunni, del loro pensiero, del loro modo di considerare il mondo come mondo generato storicamente. Che caratteristiche devono avere le conoscenze storiche insegnate per concorrere alla formazione della cultura storica così intesa?

Quali conoscenze possono formare la cultura storica così intesa?

Innanzitutto quelle che possono dare conto dei rapporti tra passato e presente. Sono le ricostruzioni di processi di trasformazione che hanno prodotto effetti che si protraggono fino ai giorni nostri sono sufficienti due esempi:

1. la diffusione della carta dalla Cina – dove era stata inventata nel II secolo a. C. – verso occidente per opera degli arabi;
2. La invenzione e la diffusione dell’orologio meccanico dal XIII secolo in poi. 

Altre conoscenze possono riguardare stati di cose, contesti come, ad es., caratteristiche della civiltà. Ma in questo caso è importante che apprendano a mettere in connessione le caratteristiche in modo da applicare il ragionamento ai nessi tra le caratteristiche delle civiltà presenti oggi sul pianeta. 

Infine, possiamo attribuire un forte potenziale formativo alle conoscenze che permettono di sviluppare i concetti fondanti della storia e della geografia, che gli alunni potranno applicare alla comprensione di fenomeni attuali (si pensi alle questioni relative ai rapporti tra clima, ambiente, territorio e tecnologia).

Quante conoscenze formano la cultura storica di alunni e alunne della secondaria?

Bastano poche conoscenze opportunamente selezionate, ma trattate in processi di insegnamento e di apprendimento impostati in modo da promuovere le abilità e le competenze a usarle per comprendere le caratteristiche del mondo attuale e le storie che vi si stanno svolgendo. 

Si immagini che possano essere insegnate a regola d’arte 6 conoscenze storiche ogni anno. Alla fine del triennio gli alunni disporranno di 18 conoscenze rilevanti e significative e grazie ad esse potranno rendersi conto del vantaggio cognitivo ricevuto e saranno disposti ad interessarsi alla Storia e ad acquisire altre conoscenze lungo la loro vita. 

Gli insegnanti non dovrebbero pensare che tutti i capitoli del manuale vadano spiegati e assegnati come oggetti di apprendimento. Le indicazioni per il curricolo non l’impongono, anzi incoraggiano a selezionare conoscenze in rapporto con gli obiettivi formativi e i traguardi di competenze assunti nella programmazione. 

Quali sono i criteri per connettere le conoscenze selezionate in un sistema o in un sapere sistematico? Il primo criterio è che ciascuna delle conoscenze contribuisce alla comprensione del mondo attuale. Il secondo criterio è che tutte insieme inducono a pensare il mondo storicamente. Il terzo è che tutte alimentano il pensiero storico critico. 

Con quale didattica si forma tale cultura storica? 

  • Innanzitutto occorre introdurre ogni conoscenza proposta in modo che risulti il rapporto col presente.  Agli alunni e alle alunne deve apparire chiaro che la conoscenza storica tematizzata ha un rapporto col mondo attuale.
  • In secondo luogo, conviene tematizzare la conoscenza in modo che siano evidenti il periodo e lo spazio nei quali il fenomeno si è realizzato.
  • In terzo luogo, si tratta di comunicarla giovandosi di buoni testi storici che permettano la trasposizione didattica efficace e coinvolgente.
  • La quarta mossa del processo di insegnamento deve consistere nel mettere in correlazione la conoscenza trattata in nesso con le altre che sono state insegnate o che verranno insegnate, affinché i processi di apprendimento generino il sapere sistematico che dà fondamento alla cultura storica.

La meccanizzazione in arboricoltura: i trattori

Oggi l’arboricoltura si avvale di un’eccellente meccanizzazione per l’esecuzione della maggior parte delle operazioni colturali che vengono così svolte in modo più tempestivo, meno faticoso e con minor personale.

A livello di costi il ricorso alle macchine permette spesso un contenimento degli oneri di esecuzione delle specifiche operazioni; i costi, tuttavia, non sono semplicemente quelli legati ai tempi di intervento ma sono gravati dalla rispettiva quota di ammortamento della macchina; questa può essere utilizzata per differenti operazioni colturali o su specie differenti, come per esempio su melo e vite, come accade con la trattrice, oppure può essere un attrezzo specifico dedicato a una particolare operazione, come, per esempio, la vendemmiatrice. 

In questo articolo ci concentreremo sulle trattrici.

Le trattrici 

Descriviamo qui le principali trattrici di utilizzo in arboricoltura

La trattrice è il mezzo simbolo della meccanizzazione in arboricoltura e svolge nel corso della stagione il maggior numero di ore poiché costituisce il ‘motore’, nel vero senso della parola, per tutti gli altri attrezzi, salvo per le macchine semoventi. Le trattrici per l’arboricoltura sono compatte, più strette e più basse delle trattrici da pieno campo, pur se spesso dotate di una potenza elevata.

Si distinguono trattori per vigneto o per frutteto, in funzione della loro larghezza; nel vigneto generalmente si utilizzano trattori più stretti che possono essere classificati per classi di potenza o per tipologia di trazione. La tendenza è quella di dotarsi di trattori con potenza medio elevata, fra 80 e 120 hp, anche se macchine di 40-50 hp hanno il vantaggio di essere più leggere.

Per tutti i trattori a ruote, in funzione delle dimensioni strette, con punti di appoggio ravvicinati, è fondamentale la doppia trazione, ormai irrinunciabile. Le gommature devono essere il più possibile ‘galleggianti’, per limitare i compattamenti; in certi casi, a questo scopo, si installano semi-cingoli posteriori e, in altri casi, anche anteriori. I trattori cingolati classici restano una prerogativa delle viticolture collinari. I trattori con ruote isodiametriche, invece, trovano ancora spazio in arboricoltura.

La cabina pressurizzata non è più considerata un accessorio per la sua importanza sia ai fini del comfort sia della sicurezza oltre che per la protezione delle apparecchiature elettroniche, sempre più sofisticate, presenti a bordo macchina.

Il sollevatore anteriore permette l’installazione frontale di alcuni attrezzi, talvolta per avere una migliore visibilità in fase di lavoro, ma anche per permettere l’esecuzione di operazioni combinate con due attrezzi.

La dotazione idraulica deve essere adeguata a tutte le esigenze delle attrezzature più moderne; deve pertanto offrire olio abbondante e un sistema di raffreddamento adeguato per evitare l’installazione di centraline idrauliche supplementari.

In ambito fruttiviticolo si inizia a parlare di trattrici elettriche che, pur se in fase di sperimentazione, offrono interessanti potenzialità (per esempio nelle operazioni di potatura). Iniziano anche a diffondersi i robot a guida autonoma che potrebbero raggiungere un’ampia diffusione fra i filari.

 

Fig. 1 Le trattrici per l’arboricoltura sono potenti,
cabinate, con doppia trazione e sollevatore anteriore.

 

Fig. 2 Trattore a doppia trazione
con ruote isodiametriche.
 

Fig. 3 Trattrice cingolata per le aree collinari.

Fig. 4 La cabina è un accessorio irrinunciabile.

Fig. 5 Semicingoli su trattrice da frutteto.

 

Fig. 6 Semicingoli isodiametrici.

 

Fig. 7 Attrezzi installati frontalmente e
posteriormente alla trattrice per operazioni combinate.

Fig. 8 Robot portattrezzi a guida autonoma
con irroratrice.