L’impatto del Pnrr sugli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’agenda 2030 dell’ONU

Aprile 2022

Il modello di sviluppo delineato nei piani della Commissione europea attraverso il programma “Next Generation EU” (NgEU) e il precedente “European Green Deal” è fortemente ispirato ai contenuti dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Di conseguenza, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) approntato dal Governo italiano nel quadro del NgEU è improntato al concetto di sostenibilità, declinato nelle sue componenti sociali, economiche e ambientali,  

In questo articolo di Olimpia Capobianco e Simona Diani andiamo quindi alla scoperta di questo importante aspetto del Pnnr, che lega la ripresa del nostro Paese e al più ampio destino della comunità mondiale.

L’articolo arricchisce il corso Società futura. Tutte le informazioni sul corso sono disponibili nel nostro catalogo online.

Una riflessione per un insegnamento dell’arte secondo una prospettiva di genere

Abbiamo ormai compreso come non sia da considerarsi neutro il racconto ininterrotto di profili maschili che, per anni, svolgiamo nelle classi quando insegniamo storia, letteratura, filosofia o storia dell’arte e di come, al contrario, possa essere molto condizionante a livello di percezione di sé e delle proprie capacità. Si tratta di una prospettiva che è importante, se non doveroso, correggere per il pericoloso insegnamento implicito che veicola.

Il punto è come correggere questa parzialità. La tentazione è spesso quella di cercare di integrare presenze femminili, anche a costo di andare a riscoprire personalità modeste, artiste dilettanti di scarso spessore, meritevoli solo d’averci provato – il che, soprattutto in determinati momenti storici, non è certo poca cosa – ma forse più rilevante a livello di biografia che non di professione. Così facendo, il rischio è di avallare l’idea, il bias cognitivo per usare un’espressione oggi molto usata, che la ragione per cui mancano donne è perché queste non siano di fatto in grado di creare grande arte.  

Allora ha forse più senso raccontare le ragioni di queste assenze, ovvero restituire il contesto, il sistema escludente che caratterizzava il mondo dell’arte: scuole, accademie e concorsi erano di fatto chiusi alla donne, e con loro il riconoscimento professionale, un titolo senza il quale non era possibile accedere alle committenze più prestigiose e remunerative. Ma non era solo questo, prima ancora c’erano da superare le resistenze che l’ambiente (la famiglia, la società) imponeva, un condizionamento che agiva in modo più subdolo, rispetto ai divieti manifesti delle Accademie, e quindi più difficile da affrontare.

Ovunque si ripeteva che era sbagliato per una donna avere ambizioni, in tal senso anche la religione rafforzava l’insegnamento proponendo come modelli da imitare ed esempi di virtù donne (prime tra tutte Maria) modeste, ubbidienti e silenziose votate al sacrificio. L’ambizione, la determinazione, l’entusiasmo nel promuovere il proprio lavoro erano considerati pregi da ammirare in un uomo, ma pericolosi segnali di arroganza, presunzione in una donna. L’applicazione alle arti non era sconsigliata, anzi, purché rimanesse nell’ambito del dilettantismo, purché non disturbasse le persone che la donna aveva attorno in famiglia, purché non la distogliesse dalla sua unica e vera vocazione: l’accudimento e la cura. 

Basterà forse ricordare che per Berthe Morisot, appartenente al gruppo Impressionista fin dalla prima esposizione, era davvero difficile fare quello che, con assoluta disinvoltura e facilità, facevano i colleghi maschi, ovvero la pittura en plein air che, non dimentichiamolo, costituiva uno dei tratti più caratteristici della ricerca formale del gruppo. Uscire da sole, gironzolare per la città durante il giorno per cercare e dipingere scorci interessanti della Parigi dell’epoca – e darsi quindi l’occasione per confrontarsi con la descrizione della luce e dell’eccitante frenesia della folla lungo i boulevard o nei tanti caffè e locali – era considerato, nella migliore delle ipotesi, altamente sconveniente.

Anche la partecipazione ai vivaci e stimolanti dibattiti sull’arte era per lei molto difficile: i ritrovi al caffè Guerbois – scelto dai colleghi come luogo informale di ritrovo, in dichiarata opposizione all’ufficialità degli spazi  dell’Accademia – non erano adatti a una signora, soprattutto se priva dell’accompagnamento del marito o di un familiare, quale garanzia di rispettabilità. Eppure l’artista non si è scoraggiata, la sua determinazione, insieme alla fortuna di aver sposato un uomo illuminato le permisero di superare qualche ostacolo: settimanalmente la sua casa si apriva a ricevimenti (come facevano le signore da bene della società del tempo), che però nel suo caso erano più riunioni di lavoro, in cui discutere d’arte, valutare strategie e sedi espositive ecc… 

https://www.hubscuola.it/hub_art/#/dettaglio/21685 

Il caso di Morisot non è certo caso isolato. Sofonisba Anguissola, Angelika Kaufmann, Rosalba Carriera, Rosa Bonheur, per citarne solo alcune, sono esempi che singolarmente ci raccontano la ragione di una così evidente assenza femminile nel mondo dell’arte: alle donne era richiesto, e ad alcuni livelli lo è ancora oggi, un carattere di eccezionalità, sconosciuto agli uomini; le donne dovevano essere eccezionalmente dotate, eccezionalmente determinate e anche fortunate nel trovare, almeno nella prima cerchia di familiari e amici, degli alleati su cui contare…il diritto alla mediocrità era solo degli uomini a cui bastava essere sufficientemente motivati per avere accesso, senza intoppi o fatiche, a un sistema di formazione e, conseguentemente, di un riconoscimento professionale. 

Negli anni, lo studio di specialisti e la ricerca d’archivio hanno permesso riscoperte importanti, basti pensare al lavoro fondamentale di Lea Vergine nel restituirci l’opera di artiste di assoluto interesse nell’ambito delle Avanguardie storiche, e al lavoro che ancora oggi musei e istituzioni conducono nell’approfondire lo studio e la promozione di artiste che per decenni sono state ignorate dal sistema dell’arte. Un caso recente è quello di Regina Cassolo Bracchi (1894-1974) scultrice attiva nelle fila del secondo Futurismo e poi, negli anni del Dopoguerra, nel MAC (Movimento Arte Concreta), che lo scorso anno ha avuto una personale alla Gamec di Bergamo in collaborazione con il Centro Pompidou che, contestualmente ospitava l’esposizione “Elle font l’abstraction”.

La ricerca di Regina Bracco veniva definita al tempo, non senza imbarazzo, un “certo cubismo domestico” nei circoli maschili dell’avanguardia italiana. Eppure sono molti i primati che oggi non esitiamo a riconoscerle, non solo in quanto prima scultrice d’Avanguardia, ma anche e soprattutto per le soluzioni formali, per l’individuazione di materiali non convenzionali, per le modalità espositive. Troviamo infatti un precoce utilizzo del plexiglas che l’artista fa giocare con la luce o la scelta di sospendere l’opera ed esplorare le sue variazione di movimento, come i ben più celebri mobile di Calder.

Tuttavia il pregiudizio nei confronti delle donne distorce la percezione del loro lavoro anche quando si tratta di contributi di notevole originalità e interesse come quello di Regina, e fa sì che vengano utilizzati aggettivi come “intimo, delicato, femminile, domestico” appunto per qualificarne le opere, ricacciandole così nell’ambito del dilettantismo. Si tratta di un pregiudizio così radicato e pervasivo da essere condizionante anche per donne che hanno una percezione lucida del proprio valore. Ne risultò condizionata Regina stessa, e la cosa non ci stupisce agendo lei in un’epoca ancora lontana da una diffusa coscienza di genere: non ebbe mai un suo studio, uno spazio da dedicare al proprio lavoro e alla propria ricerca, che interpretò e adattò, forse proprio per cercare di superare le limitazioni concrete che incontrava quotidianamente, inventando un tipo di scultura che riprendeva, nelle modalità esecutive, i procedimenti della sartoria (le sculture in fogli di alluminio venivano immaginate e pianificate con l’esecuzione di veri e propri cartamodelli tridimensionali tenuti insieme da spilli). 

Pensando quindi all’insegnamento dell’arte nelle scuole, quindi, potrà essere utile intervenire su due fronti: da un lato ricostruendo il contesto limitante con cui dovevano necessariamente confrontarsi le artiste, dall’altro mostrando il lavoro di artiste di indiscusso valore, magari soffermandosi a sottolineare gli elementi contestuali che hanno consentito loro una maggiore libertà di scelta e autodeterminazione e caratteriali grazie ai quali non sono state scoraggiate da un sistema culturale e sociale a questo indirizzato. 

Breve bibliografia di riferimento per approfondire

  • Nochlin L., Perché non ci sono state grandi artiste? (1977)
  • Vergine L., L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche, 1980
  • Trasforini M.A. (a cura di), Donne d’arte. Storie e generazioni, 2006
  • Trasforini M.A., Nel segno delle artiste. Donne, professioni d’arte e modernità, Bologna: Il Mulino, 2007
  • AA VV, Regina Cassolo Bracco, catalogo della mostra, Gamec 2021

Rifletto, analizzo e valuto! L’autovalutazione nella didattica di tutti i giorni

Nell’ultimo anno si è fatto un grande parlare di valutazione; con il passaggio dai voti in decimi ai giudizi descrittivi si è spostata l’attenzione dalla semplice valutazione di quantità di informazioni acquisite, in favore del processo mediante il quale si apprende.

Con questo cambiamento diventa sempre più importante coinvolgere gli alunni e le alunne nel processo di valutazione tramite specifici momenti dedicati all’autovalutazione.

Molto importante è cambiare la percezione che si ha dell’errore, che fino ad oggi ha rivestito un ruolo negativo e penalizzante. Dobbiamo invece proporre un nuovo modello di pensiero nel quale l’errore è la dimostrazione che abbiamo ancora strada da percorrere: del lavoro da fare.

Thomas Edison prima di inventare la lampadina fece molti esperimenti che fallirono. In merito a questi errori di percorso disse: “Non ho fallito. Ho solamente provato 10.000 metodi che non hanno funzionato”.

Ecco, nel superamento dell’idea dell’errore come qualcosa di negativo, il metodo scientifico sperimentale ha molto da insegnarci e può essere utilizzato come termine di paragone.

Nel video “Il metodo scientifico” sul canale di HUB SCUOLA al minuto 2:28 viene proposto uno schema riassuntivo di questo metodo dove, nel caso l’ipotesi non venga confermata si prevede di ricominciare l’esperimento con un altro approccio, mentre nel caso l’ipotesi venga confermata si prevede di continuare ad approfondire l’argomento ciclo dopo ciclo, andando in profondità delle cose.

Questo approccio lo possiamo proporre anche alle bambine e ai bambini. Ad un certo punto del percorso possiamo chiedere loro di fermarsi, osservare cosa stanno facendo, come stanno studiando, se questo metodo è efficace. Possiamo chiedere loro di fare un’ipotesi su quello che sarà il risultato della verifica o dell’interrogazione. Al termine della prova potremo chiedere loro di osservare il risultato e di decidere se il percorso fino a quel momento è stato efficace oppure se hanno bisogno di fare dei cambiamenti nel proprio metodo di studio.

Per aiutare le bambine e i bambini a comprendere meglio il valore positivo dell’errore abbiamo deciso di proporre la lettura del libro “La cosa più grandiosa” di Ashley Spires. In questa storia una bambina cerca di costruire una cosa che ha in mente (fino alla fine non ci viene svelato di cosa si tratta) e si scontra con problemi di valutazione, di montaggio, di proprietà dei materiali e di mancanza di conoscenze adeguate.

Affronta emozioni come la frustrazione e la rabbia. In questo suo percorso però dimostra coraggio, determinazione, creatività e il desiderio di trovare soluzioni; non si ferma perché ha sbagliato, anzi riparte dagli errori per trovare la soluzione.

Alla lettura di questo libro abbiamo affiancato la realizzazione di una ruota per autovalutare il proprio percorso di apprendimento. La ruota presenta quattro faccine, tutte con diversi gradi di positività, che di fatto sostituiscono i quattro giudizi descrittivi: in via di prima acquisizione, base, intermedio e avanzato.

L’obiettivo è quello di utilizzare questo strumento per valutare ogni percorso che si sta facendo, dall’apprendimento della letto-scrittura, allo studio delle tabelline e di qualsiasi altro argomento, in modo da aiutare le bambine e i bambini a visualizzare fin da subito l’apprendimento come un percorso piuttosto che come un punto di arrivo.

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura e interpretazione della storia;
  • seconda parte: presentazione del template “Rifletto, analizzo e valuto!”;
  • terza parte: video tutorial con i passaggi per realizzare il template “Rifletto, analizzo e valuto!”.

Video

MATERIALI AGGIUNTIVI

 

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

La storia della scienza in laboratorio

Nessuno penserebbe di insegnare l’arte o la letteratura svincolandole dal periodo storico e dal contesto culturale nel quale si sono sviluppate, mentre nelle scienze le conoscenze acquisite nel passato vengono solitamente considerate obsolete e trascurabili. Si dirà che le scienze sono per loro natura dinamiche e questo è vero, ma mettere in risalto quali siano state le concezioni scientifiche nei secoli scorsi, le verità anche parziali o gli errori commessi, aiuta gli studenti a costruirsi un’immagine meno dogmatica della scienza. Inoltre, mostrare l’evoluzione delle idee scientifiche permette di far conoscere a studenti e studentesse la fondamentale importanza della scienza per il progresso dell’umanità e il duro lavoro di scienziati e scienziate nel raggiungere i loro obiettivi. Inserire nella trattazione degli argomenti la storia delle scienze permette, a vari livelli, di chiarire questioni di epistemologia e i rapporti tra scienze e filosofia, senza i quali le scienze stesse apparirebbero assai più estranee al pensiero umano.
Come docenti, non si tratta di appesantire la programmazione del curricolo, ma di implementare in ogni fase dell’insegnamento interrogativi sulla storia della conoscenza dell’argomento oggetto di studio.

Nel libro di testo Tra le dita – scienze da esplorare diverse lezioni seguono un’impostazione di tipo storico; prendiamo per esempio l’unità sulla struttura e dinamica della Terra nella quale si parte dalle prime idee mobiliste di Wegener (1915), per arrivare all’espansione dei fondali oceanici (anni Sessanta del secolo scorso) fino al modello della tettonica delle placche (1965). Quest’ultimo è giustamente definito il “modello globaledelle scienze della Terra: una vasta serie di fenomeni geologici, dai vulcani ai terremoti, dall’orogenesi all’espansione dei fondali oceanici, può essere infatti spiegata facendo ricorso a esso. Perciò è importante che venga ben compreso dagli studenti.

Per introdurre l’argomento e catturare l’interesse degli studenti, si propone l’immagine di un mappamondo molto particolare nel quale i continenti appaiono riuniti insieme in un unico “supercontinente”. Esso rappresenta la superficie terrestre come si presentava durante il Mesozoico, circa 290 milioni di anni fa (Fig. 1). A partire da questo engage gli studenti si interrogano su come sia stato possibile passare dalla disposizione delle terre e dei mari rappresentata su questo globo a quella attuale e su quali forze potrebbero avere agito nello spostare i continenti.

Poi si propone agli studenti un’attività investigativa affinché possano rispondere alla prima domanda. Dovranno ritagliare le sagome dell’Africa e dell’America del Sud, per poi constatare come le coste del Brasile e del Golfo di Guinea sembrino combaciare, come le tessere di un puzzle (Fig. 2).

 
Figura 2

La stessa osservazione fece Wegener che, a proposito della sua teoria della deriva dei continenti, scrisse: “Nel 1910, nell’esaminare la carta geografica dei due emisferi, ebbi l’impressione immediata della concordanza delle coste atlantiche, ma ritenendola improbabile non la presi per allora in considerazione”.

Sappiamo che la teoria di Wegener, pur basandosi su una serie di prove indirette, fu molto criticata dai geologi del tempo: come era possibile, infatti, che le enormi masse continentali si spostassero sui fondali oceanici solidi? La teoria non dava una spiegazione convincente di tale meccanismo. A quell’epoca non c’erano ancora strumenti in grado di fornire prove inconfutabili a sostegno di questa ipotesi. Wegener morì nel 1930 durante una spedizione in Groenlandia, alla ricerca di ulteriori prove, e non fece in tempo a vedere che la sua ipotesi su una crosta terrestre attiva, in movimento, sarebbe stata riconosciuta dalla comunità scientifica e che avrebbe posto le basi della teoria della tettonica delle placche.   

Le scienze della Terra si avvalgono spesso di modelli, come quello della tettonica delle placche, che rappresentano il tentativo di “farsi un’idea plausibile” di un oggetto non direttamente indagabile; essi sono in continuo perfezionamento e a volte, come per la teoria della deriva dei continenti, un modello deve essere abbandonato e sostituito da un altro più coerente con i nuovi dati emersi dalle ricerche. 

Un’altra attività di modellizzazione, propedeutica all’attività investigativa sul “modello globale”, è la costruzione di un modello bidimensionale in scala dell’interno della Terra con i suoi diversi involucri, utilizzando cartoncini di colori diversi per indicare i diversi strati individuabili all’interno della Terra (Fig. 3).

Figura 3

Nel realizzarlo, gli studenti si rendono conto di come la crosta sia molto più sottile rispetto agli altri due involucri del pianeta e potranno comprendere meglio il modello della tettonica delle placche che si basa sul movimento delle zolle le une rispetto alle altre. 

A completamento del percorso, di cui in questo articolo sono stati dati solo alcuni flash, si può proporre una prova di competenza che permette di aggiungere qualche altro tassello all’argomento trattato, oltre che fornire un feedback sui livelli di competenze raggiunti da ragazze e ragazzi (Fig. 4).

 
Figura 4

PER APPROFONDIRE

Matescienze LiveLa storia della scienza in laboratorio, Ernesta De Masi e Giulia Forni

SCOPRI L’OPERA

  •  Tra le dita- Scienze da esplorare, di A. Alfano, V. Boccardi, E. De Masi, G. Forni – Fabbri Editore – Rizzoli Education, 2022 – Testo di scienze per la scuola secondaria di primo grado

Le frontiere della computazione IV – DNA computing e bioinformatica

Cara lettrice, caro lettore,
con questo articolo concludiamo la nostra carrellata sulle tecniche di computazione alternative alle macchine di Turing. A febbraio abbiamo parlato del quantum computing e a marzo del machine learning. In questo articolo ci occuperemo di DNA computing e bioinformatica, nate dall’incontro tra informatica e biologia.

Calcoli con il DNA

Il DNA è la molecola alla base della vita. È composta da quattro acidi nucleici: Adenina, Citosina, Guanina e Timina. Possiamo rappresentare le quattro basi azotate mediante le loro iniziali A, C, G e T. Potremmo, quindi, introdurre un modello di calcolo basato non sui bit, che possono assumere i valori 0 e 1, ma sugli acidi nucleici. In questo caso avremmo quattro possibili valori: A, C, G, e T. Potremmo usarli per codificare ogni tipo di dato in modo analogo alla codifica binaria e costruire un computer basato su DNA.
Che vantaggio trarremmo da un ipotetico computer basato sul DNA? Il nostro organismo sa risolvere molto velocemente il problema di determinare a partire da una catena di amminoacidi la struttura tridimensionale della proteina che essi codificano. Nell’articolo di gennaio abbiamo visto che, invece, per le macchine di Turing questo è un problema difficile. Quindi un ipotetico computer basato sul DNA saprebbe risolvere in tempi brevi almeno alcuni problemi difficili che siano riconducibili al folding delle proteine. Fantascienza? No, già nel 1994 l’informatico americano Adleman ha risolto uno di questi problemi grazie a una tecnica di DNA computing.

La bioinformatica

I legami tra informatica e biologia vanno oltre il DNA computing. Infatti, i calcolatori attuali sono già in grado di supportare la ricerca in ambito biologico e biomedico, per esempio per la lotta alle malattie o per la medicina personalizzata (ovvero lo sviluppo di terapie su misura per uno specifico individuo e per una sua specifica patologia). L’informatica infatti permette di gestire con facilità l’enorme quantità di dati che deriva dalle analisi biologiche. Essa permette, per esempio, il confronto tra sequenze di DNA in organismi diversi per cercare somiglianze e differenze, lo studio della funzione di geni ignoti grazie al confronto con geni già studiati, la simulazione di sistemi biologico complessi per capire come essi si comportino al variare delle condizioni ambientali. L’interazione tra biologia e informatica ha dato origine alla bioinformatica, un ambito di ricerca in continua evoluzione. L’esempio più recente è quello dei vaccini contro il COVID-19, che sono stati ottenuti a partire da analisi bioinformatiche sull’RNA del virus.

Riferimenti

È arrivato un mostro! Una lezione sul concetto di pregiudizio

Questa attività è volta ad accompagnare i bambini a riflettere sul concetto di pregiudizio e sul valore dell’inclusione. Rientra principalmente nelle discipline di italiano e di educazione civica. Indicativamente la durata di questo laboratorio è di due ore; i destinatari sono i bambini e le bambine dalla classe quarta.

Fase 1

Leggere con i bambini – in modo drammatizzato – la lettura (che potete scaricare qui), avendo cura di assegnare a ciascuno la propria parte. Invitare ad imitare con il corpo i gesti e i movimenti dei personaggi.

Si tratta di una storia scritta da Bruno Ferrero, tratta dal libro “Nuove storie per la scuola e la catechesi”. Racconta di un mostro all’apparenza pauroso e che suscita disgusto e ribrezzo, affetto da un tremendo raffreddore. Gli abitanti del ridente paesino Dolceacqua lo temono e vorrebbero trovare il modo per cacciarlo. Un bel giorno si recano presso la caverna nera dove si è rifugiato con l’intento di allontanarlo a colpi di mattoni, ma la vicenda non si evolve come previsto e il mostro abbatte tutti i pregiudizi sul suo conto.

Fase 2

Dopo aver letto e drammatizzato il racconto, i bambini disegnano un mostro al centro della pagina del quaderno e, attorno ad esso, scrivono tutte le parole che tale storia ha suscitato in loro. L’insegnante li sollecita a motivare la scelta di ogni termine.

Fase 3

 Il docente – se ancora non è emerso – introduce il concetto di pregiudizio. Con gli alunni analizza la parola e insieme si costruisce il significato.

A questo punto chiede di scrivere una breve riflessione attorno a questo interrogativo: “Ti è mai capitato di avere pregiudizi su qualcuno o di essere a tua volta vittima di pregiudizi?”

Fase 4

Dopo aver raccolto le riflessioni dei bambini, l’insegnante chiede loro di ipotizzare da cosa ha origine un pregiudizio. L’intento è portarli a capire che ignoranza e paura alimentano conoscenze scorrette e comportamenti di esclusione verso l’altro.

Ulteriore sviluppo 

Se l’insegnante lo ritiene opportuno, può ora accompagnare i bambini a ragionare sulle paure più comuni, a condividerle e a rappresentarle in un’opera astratta, magari realizzata ricorrendo a diversi materiali.

L’autrice

Gloria Ragni – Insegnante di scuola primaria, promotrice del “fare per apprendere” e sostenitrice dell’utilizzo integrato del digitale nella didattica. 

Ha un blog didattico https://maestraglo.altervista.org e condivide su Instagram le sue avventure da maestra (la trovate come @maestraglo).

A proposito di valutazione… ora le novità vere!

Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno. Come ogni anno scolastico, è il momento in cui  in molti team si inizia a mettere ordine nelle verifiche, proporre le ultime prove dell’anno, cominciare a fare mente locale sulle valutazioni.

Ormai possiamo dare per acquisito il superamento dei voti in decimi: non si tratta più di una novità e in pratica non ne discute più nessuno.

Non possiamo, però, dare per pienamente raggiunto il vero cambiamento nel processo di valutazione proposto dall’Ordinanza Ministeriale 172 del 2020, ovvero le quattro dimensioni attraverso le quali possiamo descrivere l’apprendimento.

Le ricordiamo velocemente:

  1. a) l’autonomia dell’alunno, cioè la capacità di portare a termine un’azione senza alcun intervento diretto del docente;
  2. b) la tipologia della situazione, cioè la capacità di affrontare una situazione non introdotta in precedenza nella vita della classe;
  3. c) le risorse mobilitate, cioè la capacità di far riferimento a risorse proposte dall’insegnante o reperite spontaneamente dall’alunno o dall’alunna.
  4. d) la continuità con la quale un comportamento ritenuto idoneo viene messo in atto un apprendimento si manifesta.

Queste quattro dimensioni rischiano di restare lettera morta, se le prove di verifica proposte in classe non subiscono alcun cambiamento rispetto al passato.

E’ evidente che, se le prove continuano a basarsi su quiz a risposta multipla o domande a cui rispondere, magari per restituire l’appreso, è difficile che si possa indagare la dimensione delle diverse tipologie della situazione. 

Sarà necessario, quindi, predisporre prove di verifica complesse (che non vuol dire difficili), nelle quali i bambini e le bambine abbiano un sufficiente margine di manovra e possibilità di iniziativa. Allo stesso modo, per verificare la capacità di mobilitare le risorse per risolvere una situazione problematica, la classe dovrebbe avere la ovvia possibilità di reperire in modo autonomo le informazioni necessarie e delle risorse utili. In particolare, quest’ultima osservazione dovrebbe portare con sè una riflessione sull’accesso a Internet e sull’uso dei device durante le prove di verifica.

Le prove dovrebbero poi avere una caratteristica imprenscindibile: l’apertura. L’apertura nella consegna, anzitutto: è importante che i bambini e le bambine abbiano chiaro il compito che devono portare avanti o il prodotto che dovranno realizzare, ma dovrebbe essere libera la possibilità di scegliere come procedere, di scegliere quali risorse utilizzare, come presentare il compito o il prodotto e così via. In questo modo, ciascuno/a troverà la strada più adatta a sé per muoversi nel compito assegnato. E tutti/e riusciranno a produrre qualcosa. Che cosa c’è di più inclusivo? Non solo. Con le prove aperte a diverse soluzioni, sarà più naturale per noi osservare le quattro dimensioni che nella valutazione definiscono i livelli (da in via di prima acquisizione ad avanzato). Non meno importante, infine, solo con consegne aperte possiamo lasciare spazio alle soluzioni creative dei nostri alunni e delle nostre alunne. Le prove che proponiamo dovrebbero avere il carattere del problem solving, che necessita anche del pensiero creativo. La creatività, in fondo, è intelligenza in azione.

Tra le caratteristiche delle prove per la valutazione è importante non dimenticare la novità. Se ci dobbiamo muovere anche in “situazioni non note”, va da sé che dobbiamo creare occasioni per la classe di agire in compiti che pongono elementi di novità. Anche questo ci obbliga a ripensare le classiche verifiche, e a utilizzarle in modo completamente nuovo. 

A proposito di novità, adesso che nessuno discute più nel merito del  “passaggio dai voti in decimi ai giudizi descrittivi”, forse è arrivato il momento di riflettere davvero sulle novità introdotte dalla recente normativa sulla valutazione. 

Novità, queste, che hanno un impatto considerevole sulla didattica e sul fare scuola quotidiano.

Buon lavoro a tutte e a tutti.

Aspettando le giornate del latino 2022

Il 7 e 8 aprile si festeggia la seconda Giornata Mondiale della Lingua Latina, promossa dalla Presidenza nazionale dell’Associazione Italiana di Cultura Classica (AICC) e patrocinata dall’Unesco, dal Ministero dei Beni culturali. La giornata è nata per avvicinare alla lingua latina gli studenti delle scuole superiori, per conoscere autori antichi che sono ancora oggi immortali per le opere che ci hanno lasciato, ma anche per parlare di una lingua che è tuttora viva nella sua eredità.

Ma questo latino studiato, amato, ma spesso anche odiato ha ancora qualcosa da offrire a noi, uomini e donne del terzo millennio? Studiare a scuola la lingua e la letteratura latina ha ancora senso? Proviamo a rispondere a queste domande attraverso le parole dei nostri autori che ci guidano in un viaggio tra passato e presente, tra lingua e cultura.

La bellezza del latino

Il nostro viaggio si apre con il prof. Mario Lentano che ci racconta perché il latino può suscitare ancora interesse. Tanti i motivi: il latino è il bacino da cui sono nate molte lingue che si parlano in Europa, prima fra tutte l’italiano; la conoscenza di questa lingua ci permette di accedere, in originale, ad opere di autori del passato che è sempre più bello “guardare” con i propri occhi e non solo attraverso il filtro di una traduzione; la lingua latina ci racconta di un popolo e ci permette di decodificare una civiltà che fanno parte della nostra nostra storia e le cui tracce troviamo, tante e di tanti tipi, ovunque in Italia e in tutto il bacino del Mediterraneo.

Tutte motivazioni interessanti, ma il messaggio più importante che il professore ci lascia in chiusura del suo intervento è che non tutto quello che si studia a scuola deve essere utile per un motivo pratico, alcune cose sono “solo” belle ed è bello conoscerle.

Come mai il latino suscita ancora interesse? 

Le etimologie

Con Andrea Marcolongo scopriremo alcune parole partendo dalla loro etimologia perché, come ci spiega lei stessa, l’etimologia è una delle scienze più rivoluzionarie che esistano: permette a tutti di noi di risalire alle fonti del mondo che viviamo. Le parole scelte ci guidano in un percorso che parte dall’antichità ma ci riconduce all’attualità: parleremo infatti di ecologia perché la Terra è l’unico pianeta che abbiamo e dobbiamo salvaguardarlo; di femminile che è la capacità di mettere a frutto e di utilizzare al meglio il proprio talento; e di politica ed elezione perché essere cittadini consapevoli e in grado di saper scegliere ci rende liberi.

Il senso civico delle etimologie di Andrea Marcolongo

Latino e greco: un universo armonico?

Con il professor Carlo Campanini si sondano i vari aspetti di un insegnamento, quello del latino e del greco, spesso portato avanti da una stessa persona, fatto non irrilevante e senza dubbio storicamente fondato. Anche il recente Esame di Stato sancisce questa compresenza e sinergia didattica. Ci sono infatti delle indubbie somiglianze: latino e greco sono per esempio entrambe due lingue flessionali. In entrambe c’è inoltre una massiccia presenza di radici indoeuropee. E via dicendo. Non c’è però soltanto armonia. Ci sono anche differenze strutturali, come la presenza in greco dell’articolo come elemento chiave della sostantivazione e anche come elemento d’ordine all’interno della frase. Non ultima differenza anche il sistema verbale: quello greco presenta il genere medio, il latino non ha qualcosa di paragonabile. In quello greco inoltre l’attenzione alla qualità dell’azione (v. differenze congiuntivo vs. aoristo) è assolutamente centrale. Piccole e grandi differenze che non impediscono assolutamente un percorso comune ma che vanno collegate alle diversità di due mondi anche linguisticamente diversi. La classicità greco-latina è quindi un mondo sì armonico ma non unitario.

Latino e greco: un mondo culturale armonico

 

Latino e greco: linguisticamente non solo armonia

Il latino che parliamo

Con la professoressa Anna Flocchini conosceremo i cosiddetti anglolatinismi, entrati, o per meglio dire, tornati nell’italiano attraverso l’inglese, con un significato in parte o del tutto diverso da quello del termine latino originario. Media, plus, tutor, iunior: sono alcuni esempi di espressioni latine, usate in italiano, che spesso vengono percepite, da chi non conosce il latino, come inglesi. Con la prof.ssa scopriremo anche la pronuncia di queste espressioni che spesso oscilla fra quella latina e quella inglese, come nel caso di plus o media. Fra gli anglolatinismi si trovano anche numerosi neologismi nati in ambiti diversi, come internet o computer, e alcuni inglesorum, come audit e summit, ampiamente utilizzati nel lessico quotidiano in alternativa a espressioni italiane. 

Tutti questi discorsi sugli anglolatinismi ci portano a una riflessione: il fatto che il latino continui ad alimentare i linguaggi moderni, generando neologismi anche all’interno di lingue non neolatine come l’inglese, non può bastare per liberarlo da quella brutta definizione di “lingua morta”?

Il latino che parliamo: anglolatinismi e inglesorum di Anna Flocchini

La parola alle statue

Infine, la professoressa Ilaria Torzi ci proporrà un modo accattivante di lavorare in classe con gli imperatori romani, fra latino e storia. La professoressa ci fa vedere infatti come creare una galleria di immagini dei principes con delle didascalie in latino. Si parte da alcune sequenze tratte dal Breviarium ab Urbe condita di Eutropio, un testo con una lingua abbordabile a studenti del primo biennio, che illustrano le caratteristiche e le gesta principali di Traiano, Adriano, Antonino Pio, Lucio Vero e Marco Aurelio e di Commodo: attraverso questi imperatori, le loro storie e le immagini, scopriamo un’epoca fulgida della storia romana, il II secolo d.C., ma che presenta in nuce già gli elementi che la porteranno allo sfascio.

Si può raggiungere il risultato della “Galleria degli Imperatori” anche attraverso un modulo di didattica integrata, storia-latino ed eventualmente educazione civica, che si può visionare nel pdf scaricabile
La parola alle statue.

 

La parola alle statue

Materiali per il lavoro in classe

Di seguito una selezione di materiali utili per fare lezione, anche in modalità flipped.
Trovate qui una selezione di video e una serie di Lesson Plan, ovvero di proposte di lezioni tematiche da affrontare con le vostre classi.

I grandi autori
Video di Maurizio Bettini, autore Rizzoli Education di letterature latine.

Lesson Plan
Per organizzare le tue lezioni sui grandi autori della letteratura latina 

I generi 

Altri materiali per il lavoro in classe

I pdf che trovi in questa sezione sono organizzati per anno, tratti dal corso di letteratura latina
HOMO SUM CIVIS SUM di Maurizio Bettini.

Terzo anno

Quarto anno

Quinto anno