La scrittura di testi a scuola con la scatola Inventa Storie. Promuovere l’oralità per scrivere meglio

Qual è il vero scopo della scrittura? Scrivere è comunicare. Fin dai tempi dell’uomo preistorico il sapere e le storie si sono tramandate per via orale. Solo in un secondo momento è arrivata la scrittura e la scelta di trasformare in testo scritto ciò che inizialmente era orale. Scrivere testi dovrebbe essere un naturale passaggio attraverso diverse fasi: pensiero – linguaggio – scrittura. 

Per imparare a scrivere occorre, quindi, prima imparare a parlare e ad esprimere i pensieri ad alta voce e poi trasformare questa competenza in scrittura. Al fine di conseguire questo obiettivo è necessario prevedere nella programmazione delle ore di Italiano degli spazi dedicati proprio alla competenza “oralità – ascolto e parlato”. 

L’attività che proponiamo oggi è ispirata all’albo illustrato “Non ho fatto i compiti perché…” di Davide Calì e Benjamin Chaud nel quale un bambino cerca di spiegare alla maestra il perché non ha fatto i compiti assegnati. Il bambino ad ogni pagina inventa scuse sempre più strampalate e rocambolesche generando l’ilarità e soprattutto l’incredulità di chi lo ascolta. Si potrebbe pensare che proporre un libro che parla di bugie possa essere diseducativo, in realtà le scuse trovate sono talmente lontane dalla realtà che nei bambini si innesca un vero e proprio desiderio di trovare idee sempre più inverosimili.

Stefano Bordiglioni, nel suo libro “Giochi di scrittura” dedica un ‘intero capitolo alla validità di scrivere testi legati a bugie e finzioni, in quanto: Scrivere fiction richiede la capacità di saper dire bugie molto speciali. I bambini vengono invitati a mescolare ciò che conoscono con elementi di fantasia dando libero sfogo alla loro creatività all’interno di cornici ben strutturate come quelle delle diverse tipologie testuali. 

La lettura del libro “Non ho fatto i compiti perché…” è un ottimo spunto per innescare nei bambini la voglia di emulare il protagonista cercando di trovare idee fantasiose che possono essere inizialmente espresse a voce e poi trasformate in piccoli racconti di poche righe. Ad accompagnare l’attività la scatola Inventa Storie, all’interno della quale si trovano parole che possono essere usate come spunto per nuovi racconti improbabili.

Il video qui proposto è suddiviso in tre parti:

  • prima parte: lettura e interpretazione della storia;
  • seconda parte: presentazione del lavoro;
  • terza parte: videotutorial con i passaggi per realizzare la scatola Inventa Storie.

Video

 

MATERIALI AGGIUNTIVI

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LE AUTRICI

Ginevra G. Gottardi
Esperta di attività storico -artistiche, insieme a Giuditta Gottardi ha fondato il centro di formazione Laboratorio Interattivo Manuale, un atelier dove creatività e didattica si incontrano.

Giuditta Gottardi
Insegnante di scuola primaria, insieme a Ginevra Gottardi ha creato il sito Laboratorio Interattivo Manuale, una piattaforma digitale di incontro e discussione sulla didattica attiva per migliaia di insegnanti.

Entrambe sono autrici Fabbri–Erickson.

Certificazione delle competenze della lingua latina e didattica

A partire dal 2012 in diverse regioni d’Italia si è sviluppata la sperimentazione della Certificazione delle competenze della lingua latina, non un certamen, ma un test, analogo mutatis mutandis a quello delle lingue moderne, per valutare il livello di apprendimento degli studenti. Nel 2019 si è arrivati a un protocollo nazionale siglato far Consulta Universitaria di Studi Latini (CUSL) e MIUR, che, quando diventerà operativo, coinvolgerà tutta Italia e, sperabilmente, potrà influire sugli OSA dei diversi tipi di liceo.

Attualmente sono previsti i livelli A1-A2, B1-B2, che, nell’ambito di difficoltà crescenti, sondano la conoscenza della morfo-sintassi del latino, ma soprattutto la competenza di comprensione e di minima rielaborazione dei testi.

Ma come influisce tutto questo sulla didattica? Non ritengo affatto che si debba curvare la programmazione “in vista” della certificazione, ma che il lavoro quotidiano in classe porti al raggiungimento di un livello; allo stesso modo non penso minimamente che si debba rinunciare alla versione nella pratica didattica, tuttavia, come è ben noto, la traduzione non mette in campo solamente competenze nella lingua di partenza, ma, per una resa corretta, prevede la sinergia con le competenze in quella d’arrivo. È altresì evidente che un buon “allenamento” nella comprensione con un conseguente incremento nella conoscenza del lessico non possa che favorire anche gli esercizi di versione.

Non va dimenticato infine che le attuali modalità di insegnamento, che prevedono l’uso massiccio di strumenti informatici, rendono difficilmente verificabile l’autenticità delle versioni fatte dagli studenti; esercizi analoghi a quelli proposti per la certificazione, che possono anche essere somministrati, ad esempio, per mezzo di un g form, offrono, a mio avviso, una maggior garanzia di correttezza nello svolgimento.

Più nello specifico le prove di certificazione partono da un testo d’autore che può essere più o meno rimaneggiato a seconda del livello, e, attorno ad esso, costruiscono esercizi volti appunto a sondarne la comprensione sia generale sia analitica, il suo sviluppo argomentativo, nonché il riconoscimento puntuale di elementi morfo-sintattici e la trasformazione di alcuni costrutti in altri equivalenti. Solo al livello più alto è richiesto di tradurre senza dizionario una porzione di testo e di produrre delle frasi in latino a commento di immagini pertinenti a quanto letto.

Per la comprensione generale si può fare riferimento alla scelta di un riassunto in italiano fra tre proposti del brano letto; a mio avviso sarebbe utile allenare gli studenti anche a riassumere loro stessi un brano senza l’uso del dizionario, anziché tradurlo parola per parola, proprio per spingerli ad intrepretare e ricostruire la trama anche senza conoscere tutto il lessico incontrato. Un’altra possibilità è il riordino delle sequenze nate dalla parafrasi/semplificazione del testo letto, disposte in modo casuale. Infine il completamento della parafrasi del brano, che inevitabilmente sarà semplificata rispetto al testo di partenza, favorisce l’acquisizione dei sinonimi o delle perifrasi, nonché il riconoscimento di costrutti diversi con cui si possono esprimere gli stessi concetti. Se inoltre i vocaboli mancanti vanno anche flessi, si ottiene la sinergia fra competenze di comprensione/riconoscimento a quelle di minima produzione.

Nell’ambito della comprensione più analitica dei brani rientrano esercizi quali ‘vero/falso’ rispetto ad affermazioni sul testo o le domande a risposta multipla, in latino, su informazioni che si possono ricavare dal testo o il completamento di una sequenza con una parte da scegliere sempre in una rosa data, facendo riferimento a quanto letto. Gli studenti dovranno porre attenzione ai connettivi che vengono usati, nonché agli avverbi che circostanziano le affermazioni, e dovranno anche esercitare l’inferenza rispetto al dettato del brano. Dovranno quindi capire più nel dettaglio e “rassegnarsi” ad imparare anche quelle parole che spesso a loro sembrano “insignificanti”, quali appunto gli avverbi.

Inutile dire che, nell’ambito degli esercizi volti alla comprensione, l’ostacolo maggiore è costituito da una scarsa conoscenza del lessico, aggravata dalla limitata competenza lessicale italiana che rende ostici anche vocaboli latini sufficientemente trasparenti per un parlante nativo. Una buona conoscenza del back ground storico-antropologico del mondo romano, benché non venga testato in una prova di lingua, costituisce indubbiamente un aiuto.

Per lo “studente medio” diligente, gli esercizi che chiedono il riconoscimento di elementi morfo-sintattici non costituiscono un problema, probabilmente perché sono i più abituali nell’ambito della didattica curricolare di tutti i licei. Meno scontati gli esercizi di trasformazione che aggiungono al riconoscimento di una struttura l’abilità di modificarla in una affine suggerita e implicano una minima competenza produttiva; sono tuttavia fondamentali per fissare l’apprendimento dei costrutti sintattici e prodromo, a mio avviso, di una corretta resa in italiano nell’ambito delle competenze traduttive. Ogni insegnante infatti ha studenti che, pur riconoscendo la struttura di un periodo “in teoria”, non la padroneggia in modo sufficiente da renderla in un italiano non solo corretto ma anche corrente.

Solitamente gli studenti, almeno quelli abituati ad un metodo “tradizionale”, risultano inizialmente un po’ spiazzati dalle richieste; se però si abituano ad affiancare questa tipologia di esercitazione alla versione, finiscono non solo per migliorare il loro apprendimento, ma anche per apprezzarla. Sono favorevoli gli studenti non parlanti nativi che non devono passare attraverso il medium di una seconda lingua. Per quanto riguarda gli studenti con BES, invece, credo vadano fatti dei distinguo in base alla tipologia di disturbo: se l’alleggerimento nell’uso del dizionario è un vantaggio, così come le richieste poste sulla base di un testo dato e contestualizzato, può risultare comunque penalizzante l’utilizzo dello scritto e sicuramente la previsione di testi in modalità audio sarà d’aiuto.

Per approfondire

Scopri l’opera

In Verba Iuvant, il nuovo corso Latino per la Scuola Secondaria di 2° grado di Nicola Flocchini, Piera Bacci, Anna Flocchini, Marco Sampietro, trovi la sezione dedicata alla certificazione linguistica del latino nel volume Laboratori di latino.

Il patto della montagna | Uguale lavoro, uguale salario

Forse non tutti lo sanno, ma il primo atto in Europa con cui si stabilisce la parità salariale tra uomo e donna nasce proprio in Italia. Siamo nel Biellese, in piena guerra tra il 1943 e il 1945: imprenditori tessili, operai e partigiani si riuniscono clandestinamente per siglare un accordo con cui mantenere attive le fabbriche e migliorare le condizioni di lavoro, affermando parità retributiva a parità di lavoro.

Insieme raggiungono un risultato straordinario: la parità di stipendio tra donne e uomini, una conquista che diverrà legge italiana ed europea solo negli Anni 60. Quell’accordo viene chiamato «Il patto della montagna» perché sono state le Alpi biellesi le testimoni dello storico incontro. A distanza di molti anni, la parola d’ordine “Uguale lavoro, uguale salario” rimane un traguardo ancora lontano.

Bastano pochi numeri. In Italia il  gap salariale di genere si attesta sull’11,1% (Fonte OCSE, Statista), anche a causa del minor accesso delle donne a posizioni apicali. Degli oltre 400.000 posti di lavoro persi dall’arrivo del Covid-19, più di 300.000 riguardano l’occupazione femminile. Nel settore della scuola le donne rappresentano l’80%  delle risorse umane, ma scontano il prezzo di un forte precariato (25%) e dei vincoli sulla mobilità.

Interpretare i numeri non è semplice e i motivi che spiegano le differenze salariali uomo/donna partono da pregiudizi culturali per arrivare alle difficoltà nel conciliare lavoro e vita privata e all’intenso lavoro di cura che grava in modo disomogeneo sulle spalle delle donne. Si stanno facendo passi in avanti. Ma quella montagna del patto ancora oggi più che ad un accordo, ci fa pensare a una strada in salita.

In Una Storia per riflettere, il nuovo corso di Storia per la Scuola Secondaria di 2° grado, trovi “Perché le donne guadagnano meno degli uomini?” con stimoli per discutere il tema in classe.

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Per approfondire

 

Elementi innovativi delle prove internazionali di scienze TIMSS

Le prove TIMSS 2019 hanno previsto due innovazioni: la sostituzione del formato cartaceo con quello digitale e l’introduzione, per la prima volta, della proposta agli alunni di simulazioni in contesti reali, in cui gli allievi risolvono problemi matematici e simulano esperimenti scientifici virtuali e interattivi.

Più della metà dei Paesi partecipanti, tra cui l’Italia, ha utilizzato il formato elettronico. I Paesi che hanno utilizzato il formato digitale delle prove, nei rapporti ufficiali sono indicati con la lettera “e” davanti al nome. I Paesi “e” hanno anche somministrato una parte delle prove in cartaceo per creare un “ponte” tra TIMSS 2015 e TIMSS 2019. I dati sono stati analizzati in modo tale che per tutti i Paesi partecipanti, sia “e” sia non “e”, i risultati fossero tra loro comparabili e riportati su una stessa scala TIMSS.

Digitale è stato anche il formato dei questionari rivolti alle famiglie, agli alunni, agli insegnanti e ai dirigenti che permettono di avere un quadro sulla situazione socioeconomica, sull’interesse e la motivazione degli alunni, sull’organizzazione scolastica. Ancora in formato cartaceo solo il questionario rivolto alle famiglie degli alunni della classe quarta primaria.

Le prove eTIMSS sono state certamente più coinvolgenti e accattivanti per la grafica colorata, per la presenza di animazioni e video. Inoltre, come è facile immaginare, in una modalità computer based, oltre alle consuete domande con risposte a scelta multipla e domande con risposte aperte costruite dagli allievi, è stato possibile sperimentare nuove tipologie di domande attraverso l’uso di immagini, menu a tendina e altre modalità che hanno privilegiato l’interattività: aspetto che ha reso certamente più dinamiche e motivanti le prove.

L’aspetto fortemente innovativo e rilevante dal punto di vista didattico e pedagogico è stato l’introduzione in eTIMSS 2019 di una serie di prove di problem solving e di indagine scientifica (Problem Solving and Inquiry – PSI) per matematica e scienze, sia per la quarta classe primaria che per il terzo anno della secondaria di primo grado. Queste prove simulano situazioni reali o di laboratorio per le quali gli alunni sono chiamati a integrare e applicare conoscenze e competenze di processo, permettendo di indagare più a fondo gli ambiti cognitivi di applicazione e ragionamento, da sempre presenti nei quadri di riferimento TIMSS.

Un esempio: gli studenti sono invitati a progettare un edificio di stoccaggio calcolandone le dimensioni, seguendo le istruzioni presentate in un video (fig. 1). Un altro esempio è centrato sull’impostazione  interattiva delle condizioni ottimali di crescita di piantine (fig. 2).

 

Fig. 1 Aiuta a progettare questo edificio: un video ti mostrerà cosa fare
Fig. 2 Imposta le condizioni di crescita per le piantine

Queste nuove prove suggeriscono ai docenti le scelte verso cui orientare la didattica: l’insegnamento delle scienze deve partire dall’osservazione della realtà e abituare in modo concreto al problem solving, attraverso investigazioni e attività laboratoriali. 

Questa innovazione in eTIMSS conferma l’attualità delle scelte operate nella stesura del libro di testo Alla scoperta! di A. Alfano, V. Boccardi, E. De Masi, G. Forni (Fabbri Editore – Rizzoli Education, 2019), impostato interamente su una didattica di tipo investigativo.

Sul piano dell’efficienza operativa, con eTIMSS è migliorata la modalità di preparazione delle prove in più lingue, è stato più veloce registrare le risposte degli studenti, caricare i dati e analizzarli. Si sono ridotti al contempo i costi di stampa e spedizione.

FONTE: Valutazione TIMSS 2019. Copyright © International Association for the Evaluation of Educational Achievement (IEA). Editore: TIMSS & PIRLS International Study Center, Lynch School of Education, Boston College.

Per approfondire

Scrivere è risolvere problemi

La tendenza non è nuova e non riguarda solo il nostro Paese: l’offerta di corsi di scrittura è costantemente in crescita. Online o in presenza, agganciati a nomi famosi o solo animati da buone intenzioni: questi corsi promettono di compensare il vuoto di competenza legato al creative writing

Eppure, il luogo in cui si dovrebbe insegnare la scrittura creativa, ma non solo, dovrebbe essere la scuola. Il fenomeno non è sufficientemente analizzato, almeno dal punto di vista della didattica. In genere si tratta di corsi che si occupano cioè di come si scrive un buon testo, raramente di come si insegna a scrivere. 

Che cosa possono insegnare allora i corsi di scrittura creativa a chi lavora nella scuola di base?

Innanzi tutto che la scrittura è una competenza reale e ha un proprio appeal se, come tale, viene trattata. Una competenza reale ha bisogno di destinatari reali. In fondo i corsi di creative writing promettono – o lasciano intendere – uno sviluppo comunicativo con pubblicazioni o articoli. È un punto di forza delle scuole di scrittura, ma può essere facilmente implementato nei percorsi didattici della scuola di base. Scrivere per essere letti, che cosa c’è di più semplice e immediato? Allo stesso modo, e questo è forse l’aspetto da inserire con maggior attenzione nella scuola di tutti i giorni, le strategie di scrittura adottate da autori più o meno famosi vengono analizzate per essere poi impiegate da parte dei corsisti.

Sul tema delle strategie ci sarebbe molto da dire perché scrivere è un’attività di problem solving, non semplice applicazione di un algoritmo. Questa semplice constatazione dovrebbe spazzar via due delle pratiche più consolidate nella comune didattica della scrittura: l’adozione di una scaletta per lo svolgimento del testo e le attività di scrittura spontanea. Entrambi questi esempi (scaletta e scrittura spontanea) fanno riferimento a un mondo interiore a lungo sollecitato dalla didattica tradizionale. Una sollecitazione che produce convergenza e buoni sentimenti, ma difficilmente buoni scrittori.

Un buon laboratorio di scrittura con le nostre classi dovrebbe avere le caratteristiche della continuità, della sistematicità, ma soprattutto dell’apertura, della sfida autentica, della ricerca di soluzioni laterali e divergenti, del divertimento e della costruzione di teste ben fatte.

La legge e la democrazia nel mondo greco

Legge e religione nella πόλις

È stato efficacemente sostenuto che la legge – espressione della pòlis greca (πόλις) – veicola “il più alto tentativo dell’uomo di vivere con i suoi simili: è l’umano sforzo di mantenere giustizia (δίκη) e pacifica convivenza attraverso le proprie leggi (θεσμοί / νόμοι) e i propri ordinamenti” (M. Mancini, Nomos e polis fra l’Antigone e il Critone, Pisa 2014). 

Mancini prosegue sostenendo che la legge nasce dal tentativo di uniformarsi al sentimento religioso, per garantire la conservazione della solidarietà e della Dike fra gli uomini. La legge diviene così il tentativo umano di tenere assieme politica e religione.

La genesi linguistica del termine νόμος

La legge quindi essendo una convenzione stabilita fra e per gli uomini (ἄνθρωποι), non sempre, per l’intrinseca debolezza dei suoi legislatori (νομοθέται), riesce a realizzare il proprio compito.

Ed è proprio in quel “sentimento religioso” ed in quella tensione alla sintesi tra politica e religione che ritroviamo una perfetta coincidenza con la valenza semantica espressa dal radicale di derivazione: la genesi di nòmos (νόμος) parrebbe da ricercare tenendo in conto questa prospettiva.

La testimonianza omerica: il tema della giustizia aveva poco rilievo

La più antica espressione e testimonianza della letteratura e, al tempo, della cultura ellenica, sono i poemi omerici; essi esprimono e comunicano un ideale di uomo, l’eroe, e di società, quella dominata da una ristretta aristocrazia guerriera, che trova alimento e, al tempo, fondamento in alcune qualità o virtù (in greco ἀρεταί) delle quali l’eroe, per essere tale, deve necessariamente essere partecipe.

Dato che “nei poemi omerici aveva trovato espressione l’ideologia di una casta, che fondava i propri valori… …sulla mentalità aristocratica e sulla virtù militare…” (M. Mancini, op. cit. pag. 19), il problema della giustizia, unitamente a quello della legge non appare avere un particolare rilievo; anzi, chi, come Tersite, azzarda una pur fondata contestazione nei confronti di coloro che detengono il potere (gli Atridi, nel caso), viene brutalmente battuto tra la generale approvazione di tutta quanta l’assemblea.

La prima svolta con Esiodo (metà VIII secolo a.C. – VII secolo a.C)

In effetti, le prime ricorrenze della parola nòmos parrebbero risalire a Esiodo, nella cui poesia – specie con riferimento a le Opere e Giorni – “è celebrata la quotidianità e affermata la rivalsa di un mondo subalterno che riconosce se stesso nella fatica e nella dignità del lavoro come strumento capace di riscattare le differenze natali e di censo” (M. Mancini, op. cit. pag. 19). 

I movimenti delle prime “costituzioni” pre-età classica

A partire dalla metà dell’VIII secolo a.C. e sino alla prima metà del VI, si apre una stagione che interessa l’intero scenario geopolitico dell’Ellade (comprese le colonie – ἀποικίαι da ἀπό  + οἰκέω –  molte delle quali, proprio in quella fase, furono fondate), ponendo le decisive premesse alla nascita delle costituzioni e degli apparati legislativi dei successivi decenni: tale fase è caratterizzate dalla presenza di legislatori e vede operanti figure, in varia misura, di mediazione sociale, i quali tentano, con maggiore o minore successo, di appianare le lotte tra classi, introducendo delle costituzioni scritte.

In particolare, per quanto riguarda Atene, la tradizione riporta che la città conobbe uno dopo l’altro due legislatori: Dracone, un nobile ateniese della fine del VII secolo, e Solone, il più famoso di tutti, che visse all’inizio del VI secolo e che apre per noi l’epoca classica, destinata a divenire ad Atene l’epoca democratica (δημοκρατία, πολιτεία, ἰσονομία).

La democrazia e le leggi prima di Clistene

Con la comparsa della democrazia, la legge acquisì ad Atene il significato che avrebbe rappresentato la sua originalità nel pensiero greco. Meglio di alcuni principi generali stabiliti in nome di una rivelazione divina, meglio di semplici norme pratiche che regolavano la punizione di certi crimini, le leggi – νόμοι – in un regime democratico, dovevano organizzare, con il consenso di tutti, i diversi aspetti della vita comune; e la loro autorità doveva sostituirsi così a ogni sorta di sovranità, di un individuo o di un gruppo, da quel momento percepita come un’offesa.

La legge si oppone all’arbitrio. E qui appare evidente il relativo insuccesso di Solone. Perché, dopo essere stato arbitro nella sua patria tra i poveri e i ricchi e aver promulgato una serie di leggi incise su legno, non ebbe la consolazione di poter dire, morendo, di lasciare Atene ben organizzata: un anno prima della sua morte e malgrado tutti i suoi sforzi, Pisistrato si impadroniva del potere e Atene, dopo numerose altre città greche, conosceva la tirannide. 

La svolta di Clistene

Gli ateniesi sarebbero divenuti responsabili della propria vita politica solo dopo il rovesciamento della tirannide e sotto un nuovo legislatore, più nettamente democratico di Solone: la costituzione stabilita da Clistene rompeva il quadro delle caste familiari, metteva fine al potere delle grandi famiglie (γένος, plur. γένη) e, suddividendo il popolo in tribù (φύλη), instaurava la costituzione che doveva reggere l’Atene classica, con il suo Consiglio dei Cinquecento (Βουλή) e la sua assemblea del popolo (ἐκκλησία). Da questo momento, la legge, fondamento ed emanazione della democrazia, diventa legge politica, diventa nomos.

È quanto conferma l’esame del vocabolario. Infatti il termine nomos, che in greco indica la legge, è stato applicato al campo politico solo a partire da quest’epoca.

Conclusioni ponderate

È possibile dunque datare con certezza il nuovo uso alla fine del VI o all’inizio del V secolo. E il fatto che thesmòs (θεσμός) scompaia tutto a un tratto nello stesso periodo autorizza a pensare che la popolarità improvvisa di nomos (νόμος) sia legata all’avvento della democrazia. È evidente che questa popolarità ha inizio in un momento ben preciso tra Pisistrato e Pericle. Pensare che sia in rapporto con la riforma di Clistene “è un’idea allettante” (J. De Romilly, La legge nel pensiero greco, trad. it. Milano, 2005).

Consigli di visione

Per approfondire

  • De Romilly, La legge nel pensiero greco, Milano, Garzanti, 2005.
  • Mancini, Nomos e polis fra l’Antigone e il Critone, Pisa 2014.

Educare alla cittadinanza plurale attraverso il patrimonio culturale

In una società sempre più multietnica e culturalmente polifonica, il patrimonio, portatore di segni plurimi e complessi, caratterizzato da processi di contaminazione e di continue integrazioni, è eccellente strumento per il riconoscimento e la comprensione critica dell’identità come della diversità culturale, del mondo proprio e altrui, sollecitando il dialogo costruttivo e il confronto tra individui e comunità interpreti di differenti istanze. Un approccio interculturale (nel significato più ampio, attuale e originale del termine), relazionale e dialogico pone al centro il tema dell’accessibilità fisica, economica, sensoriale, cognitiva, culturale.

Le esperienze nell’ambito dell’educazione al patrimonio in chiave interculturale sollecitano le Istituzioni culturali, al fine di farsi interpreti delle esigenze di partecipazione e di co-costruzione di significati delle diverse testimonianze da parte dei pubblici di ogni provenienza culturale. Tra le tematiche indicate dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica (legge 20 agosto 2019, n. 92) è compresa l’“educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni”, che deve essere intesa quale educazione alla cittadinanza culturale plurale, caratterizzata dagli elementi più pregnanti della contemporaneità.

Ne parliamo con Simona Bodo e Silvia Mascheroni, responsabili di Patrimonio e Intercultura. 

D: Dottoressa Bodo, prima di tutto, può presentarci Patrimonio e Intercultura: quando nasce, quale l’ambito di azione, la sua specificità?

 SB: Patrimonio e Intercultura è un progetto di Fondazione ISMU che nasce nel 2005 con una finalità di fondo: quello di promuovere una nozione aperta, processuale e dinamica di “patrimonio”, non più come sistema chiuso, come un marchio di distinzione identitaria, ma come un corpo vivo in cui chiunque si può rispecchiare, attivando risonanze con le proprie conoscenze, i propri vissuti e le proprie emozioni.

Ecco perché tutte le attività e risorse in cui si articola il progetto – dall’omonimo sito ai corsi di formazione, dalle pubblicazioni alla co-progettazione di percorsi interculturali insieme a musei, biblioteche e istituti scolastici – sono ideate e realizzate per offrire un sostegno a chiunque sia interessato a promuovere non solo la partecipazione culturale dei “nuovi cittadini”, ma anche e soprattutto lo sviluppo di comunità patrimoniali eterogenee, allargate e inclusive.

Solo per fare un esempio, nella sezione “Progetti” del sito (che ad oggi conta un centinaio di schede dettagliate) abbiamo sempre prestato particolare attenzione a documentare e diffondere le esperienze tese a costruire politiche per l’accesso e la partecipazione rivolte a un pubblico interculturale, a coinvolgere individui autoctoni e di origine immigrata su un piano di parità, in un’esperienza “generativa” per tutti, e a far emergere insieme nuovi significati inclusivi intorno al patrimonio.

Lo stesso vale per le nostre co-progettazioni, dove l’accento è sempre stato sul coinvolgimento attivo di destinatari eterogenei per background linguistico-culturale, ma uniti nella costruzione condivisa di nuove relazioni di senso con il patrimonio museale, diffuso o librario che sia.

Il risultato – di cui siamo particolarmente orgogliose – è che nel corso degli anni si è andata aggregando intorno a noi una comunità di pratica sempre più ampia, interdisciplinare (ad esempio, operatori museali, bibliotecari o archivisti, docenti e studenti, educatori, antropologi, mediatori, artisti in dialogo con il patrimonio culturale tangibile e intangibile) e aggiornata riguardo a tutte le sfide connesse alla conoscenza e all’uso responsabile del patrimonio in una società plurale.

D: Dottoressa Mascheroni, da quanto ci ha detto Simona Bodo, le esperienze documentate da “Patrimonio e Intercultura”, per alcune delle quali siete anche state progettisti e formatrici, pongono al centro il partenariato educativo culturale: può spiegarcene gli elementi portanti?

 SM: Il partenariato museo-scuola-territorio è una “pietra angolare” in quanto il progetto educativo concertato e condiviso permette a Istituzioni e realtà con finalità e culture diverse sia di costruire insieme un percorso di apprendimento e di formazione con caratteristiche e requisiti specifici, sia di ideare proposte operative per perseguire esiti spendibili, concreti, verificabili. Nessun attore istituzionale dovrebbe operare isolatamente nell’ambito dell’educazione al patrimonio, ma piuttosto attivare un sistema formativo multipolare integrato, ossia una sinergia di competenze adeguate a ciascuna iniziativa. La complessità del patrimonio richiede infatti la partecipazione e la collaborazione di più soggetti, portatori ciascuno di una varietà di saperi specifici, ovvero di competenze metodologiche, disciplinari e professionali, nonché di missioni educative.

Progettare in partenariato comporta il reciproco riconoscimento e il rispetto delle specificità proprie di ogni istituzione, distinguendone ruoli, funzioni e competenze; una mediazione continua e una contrattualità attenta, rigorosa e partecipata tra coloro che rappresentano realtà differenti a partire dai bisogni dei destinatari per i quali costruire le azioni progettuali; una riflessione su cosa si intende per partenariato (soprattutto in chiave operativa) e sui saperi di appartenenza: gli attori che costituiscono il gruppo di lavoro sono ognuno portavoce della propria formazione, cultura e professionalità, in una relazione di scambio; una disponibilità a confrontarsi rispetto a modalità consolidate per superare eventuali conflitti, coniugare prospettive differenti, integrare in un insieme coerente saperi, competenze e strategie.

D: Quali sono gli indicatori che rendono un progetto educativo davvero interculturale?

 SB: Un equivoco ancora difficile da superare è che un progetto sia interculturale quando punta su una “didattica delle differenze”, ovvero sul confronto astratto tra “culture diverse”, viste come organismi statici e chiusi.

I lunghi anni di ricerca, formazione e progettazione in questo ambito, per contro, hanno rafforzato in noi la convinzione che un progetto sia interculturale quando promuove lo sviluppo nei pubblici, in tutti i pubblici, non solo di quelle conoscenze, ma anche e soprattutto di quelle competenze, di quelle attitudini, di quei comportamenti che sono sempre più indispensabili in una società plurale: ad esempio l’ascolto di sé e degli altri, l’apprendimento reciproco, lo scambio dei punti di vista e delle storie, la messa in gioco del proprio vissuto e delle proprie emozioni, la problematizzazione del proprio punto di vista, il superamento del proprio egocentrismo (personale e culturale), lo sviluppo di diverse chiavi di lettura della realtà che ci circonda, il riconoscimento delle identità molteplici di cui ognuno di noi è portatore…

Se intendiamo l’educazione al patrimonio in chiave interculturale come pratica trasformativa, l’“altro” cessa di essere considerato come un oggetto di conoscenza, per diventare una persona con cui si entra in relazione.

D: Potete parlarci del recente corso di formazione “Cortocircuiti”, che ha visto quali destinatari i docenti di Scuola secondaria superiore?

SM: Il Dipartimento Educativo di Pirelli HangarBicocca ha promosso con Fondazione ISMU “Cortocircuiti. Educare a una cittadinanza plurale attraverso l’arte contemporanea”, percorso di formazione e ricerca-azione (dicembre 2020-marzo 2021) rivolto a docenti di Scuola secondaria superiore di tutte le discipline e nato intorno alla mostra temporanea “Short-circuits” dedicata a Chen Zhen (attualmente in corso), al cui cuore vi è il concetto di transesperienze: nelle parole dello stesso artista, una condizione dell’esistenza vissuta “quando si lascia la terra dove si è nati e ci si sposta da un luogo all’altro”, ma anche, più in generale, “il fatto di immergersi nella vita, di fondersi e di identificarsi con gli altri”. I temi della mostra, che comprendono anche una riflessione su idee ed elementi in apparente contraddizione (tradizione e modernità, centro e periferia, spiritualità e consumismo), si prestano ad alimentare conoscenze afferenti diversi insegnamenti disciplinari, oltre a quello della storia dell’arte.

D: Come è stato strutturato e quali le fasi di lavoro?

 SB: Il corso si è strutturato in cinque incontri. Il primo è stato dedicato sia ad alcune caratteristiche fondanti del partenariato educativo-culturale, sia a un’esplorazione dei concetti chiave e delle acquisizioni più recenti sul fronte dell’educazione al patrimonio in chiave interculturale, con la disamina di casi di studio particolarmente pertinenti al contesto formativo, ovvero esperienze realizzate da musei e istituzioni culturali dedicate all’arte contemporanea. Nel secondo, gli insegnanti sono stati guidati in un percorso di visita (in modalità on line anziché in presenza come inizialmente previsto) da Laura Zocco del Dipartimento Educativo di Pirelli HangarBicocca, che ha approfondito le tematiche rilevanti (spaesamento, cortocircuito, transesperienze) e ha fornito ai docenti un’esaustiva documentazione per l’approfondimento inerente non solo alle opere presentate, ma all’intera mostra. Il terzo e il quarto incontro hanno visto i docenti protagonisti di una progettazione partecipata di percorsi che saranno declinati all’interno dei rispettivi gruppi classe, sia in presenza sia in DAD. Le matrici progettuali, dedicate a una o più opere di Chen Zhen e predisposte in base alle conoscenze/competenze acquisite negli incontri precedenti, nonché alle esperienze pregresse degli insegnanti, sono l’esito del lavoro realizzato in piccoli gruppi, costituitisi intorno all’interesse per un tema specifico e/o all’opportunità di confrontarsi con docenti di discipline diverse. Durante il quinto e ultimo incontro i gruppi di project work hanno condiviso quanto realizzato grazie al lavoro condiviso, divenuto così risorsa per il confronto tra tutti e patrimonio comune.

D: Oltre che per l’insegnamento dell’Educazione civica ritenete che l’educazione al patrimonio in chiave interculturale sia, più in generale, risorsa per la didattica d’aula che vede coinvolte diverse discipline?

 SM: L’educazione al patrimonio in generale, e nello specifico in chiave interculturale, è caratterizzata da una forte trasversalità, che consente di perseguire una pluralità di obiettivi di apprendimento, di competenze, di comportamento non acquisibili da una singola disciplina. Le aggregazioni di contenuti teorici e di specifiche metodologie sono strumenti per sviluppare processi di interconnessione tra saperi disciplinari ed extradisciplinari. L’interculturalità e l’interdisciplinarietà sono strutturalmente inclusivi, in quanto assumere un tema-problema con un approccio globale facilita l’apprendimento di tutti, valorizzando le identità e le caratteristiche peculiari di ognuno. Ne sono la dimostrazione concreta le matrici di progetto messe a punto dai docenti afferenti a differenti ambiti disciplinari che hanno partecipato al percorso di formazione e ricerca-azione “Cortocircuiti”: storia dell’arte, matematica, tecniche pittoriche, discipline geometriche, scenotecnica e scenoplastica, italiano, inglese, storia e geografia.

D: Dottoressa Mascheroni, Le chiedo di parlarci di “LAB’IMPACT”, un altro progetto da voi appena concluso, destinato anche a docenti di Scuola secondaria superiore.

SM: Nell’ambito del progetto regionale diLAB’IMPACT (Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione 2014-2020), Fondazione ISMU ha promosso una serie di corsi di formazione, tra cui “Educare alla cittadinanza attraverso il patrimonio culturale”, al quale hanno partecipato docenti di scuola secondaria di secondo grado insieme a insegnanti di primaria, secondaria di primo grado, CPIA; dunque, non solo interpreti di saperi disciplinari diversi, ma anche afferenti a contesti professionali differenti, con un forte grado di disomogeneità tra loro. Eppure, l’esito del lavoro dei tre gruppi di project work che si sono costituiti ha ancora una volta confermato la rilevanza trasversale e interdisciplinare dell’educazione al patrimonio, assunto nella progettazione educativa. Un aspetto da evidenziare è la scelta da parte dei corsisti di ambiti e temi quali, ad esempio, il patrimonio di prossimità (lo spazio urbano, ambiente di vita degli studenti) e l’acqua, con tutte le implicazioni inerenti ai conflitti tra popoli e l’educazione alla sostenibilità consapevole.

D: Penso sia di interesse conoscere il grado di coinvolgimento e di partecipazione dei docenti in occasione di questi percorsi di formazione ricerca-azione.

 SB e SM: Dobbiamo precisare che, purtroppo, l’attuale situazione ha imposto che ogni incontro, ogni fase di lavoro si svolgesse a distanza, mentre sappiamo bene quanto sia importante la relazione “viva”, soprattutto in un contesto formativo e di ricerca-azione.

Educare al patrimonio culturale richiede il contatto diretto con le testimonianze contestualizzate nei loro ambienti di vita, che si tratti di un’Istituzione culturale, del patrimonio di prossimità o del paesaggio; la dimensione virtuale è stata ancor più penalizzante per “Cortocircuiti”, in quanto le opere di Chen Zhen sono installazioni che richiedono un contatto fisico-sensoriale, una sorta di “attraversamento” corporeo.

Tutto ciò premesso, possiamo dire che i partecipanti ai due corsi di formazione ricerca-azione hanno superato questi vincoli grazie all’interesse e all’impegno costanti nonché al clima di intensa condivisione e vivace confronto che si è creato nel corso degli incontri, per quanto da remoto. Abbiamo rilevato una acquisita (o potenziata) consapevolezza nel considerare e saper utilizzare il patrimonio in chiave interculturale quale risorsa per i processi di insegnamento-apprendimento che mettono al centro i cittadini in formazione.

Seguiremo lo sviluppo delle matrici progettuali nei loro contesti scolastici, e ci siamo dati appuntamento per conoscerci di persona e vedere gli esiti del lavoro realizzati dai loro studenti: ce lo auguriamo di cuore!

Simona Bodo, ricercatrice e consulente in problematiche di diversità culturale e inclusione sociale nei musei.

Silvia Mascheroni, docente al Master “Servizi educativi del patrimonio artistico, dei musei storici e di arti visive”, Università Cattolica di Milano; Scuola di Specializzazione in Beni storico-artistici, Università di Pisa.

Per approfondire

  • Fondazione ISMU – Iniziative e Studi sulla Multietnicità
    www.ismu.org
  • Patrimonio e Intercultura
    www.patrimonioeintercultura.ismu.org
  • Mostra temporanea “Short-circuits” dedicata a Chen Zhen (attualmente in corso)
    https://pirellihangarbicocca.org/mostra/chen-zhen/Immagine di apertura: Chen Zhen – Round Table, 1995 – Veduta della mostra, “Short-circuits”, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2020
    © Chen Zhen by ADAGP, Parigi -Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano (Foto: Agostino Osio).


Dudù Kouate, musicista e mediatore museale, durante un incontro del progetto “Brera: un’altra storia”, Pinacoteca di Brera (2012-2014).

Teaching with podcasts

As teachers we have big challenges in front of us such as finding diverse materials, engaging students, dealing with current affairs, involving teenagers outside the classroom and many more…

An interesting and innovative solution is working with podcasts.

https://www.youtube.com/watch?v=4-Cv5Nu-Uss&feature=emb_logo

Podcasts have a lot of potential for language teachers. First of all they are authentic. They provide examples of how people talk in real life and moreover students have the possibility to listen to a variety of accents and types of spoken English. Many explore completely niche subjects that are generally not taken into consideration in “normal” lessons.

They can be any length, from 2 minutes to 3 hours and therefore can be used for any purpose in the ESL classroom.

How to use podcasts in the classroom

Teaching with podcasts is more than simply listening to the audio file. They can be used to boost grammar, vocabulary, to teach listening skills but also speaking skills, for CLIL and civics and for many more reasons but the lesson with podcasts should be planned carefully.<

First of all podcasts should be chosen only when they align to the lesson plan and curriculum (both for language level and content), secondly podcasts should be followed by fun and interesting activities in order to keep students engaged.

In the following part of this article there will be a list of great podcasts to use in ESL classrom and some useful teaching ideas.

Good podcasts for ESL

But why: A podcast for curious kids
https://www.vpr.org/programs/why-podcast-curious-kids#stream/0
Level A2

The American life
https://www.thisamericanlife.org/
Level B2-C1

The English we Speak
https://www.bbc.co.uk/programmes/p02pc9zn/episodes/downloads
Level A2-C1

Podcasts in English
https://www.podcastsinenglish.com/
Level A1-B2

The Travel diaries
https://podcasts.apple.com/za/podcast/the-travel-diaries/id1471130008
Level C1-C2

Song Exploder
https://songexploder.net/
Level B2-C1

More or Less: Behind the Stats‬‬‬‬‬
https://podcasts.apple.com/us/podcast/more-or-less-behind-the-stats/id267300884
Level C1-C2

Ted Radio Hour
https://www.npr.org/programs/ted-radio-hour/?showDate=2018-02-16
Level B1-C2

Free Resources: ONLY TRANSCRIPTSThe Flywheel
https://podcasts.apple.com/us/podcast/ep0-what-did-amazon-do-now/id1551197011?i=1000506905496
Level B2-C2

General English
https://learnenglish.britishcouncil.org/general-english/podcasts
Level A2-C1

Anything Goes
https://podcasts.apple.com/us/podcast/anything-goes-with-emma-chamberlain/id1458568923
Level B2-C1

The Michelle Obama Podcast
https://open.spotify.com/show/71mvGXupfKcmO6jlmOJQTP
Level B2-C1

The Allusionist
https://www.theallusionist.org/

Listening comprehension (A2)Teaching Ideas

LE Podcasts: S01E01: https://learnenglish.britishcouncil.org/general-english/podcasts/series-1/episode-01

STEP 1 – Work with your students on the topic “Introducing yourself” (vocabulary, grammar, phrases, expressions)

STEP 2 – Play the podcast

STEP 3- Play the podcast again and ask your students to make some notes following these guiding questions

  • What is the episode about?
  • Who is speaking?

STEP 4 – Use the quiz provided by British Council on the same webpage. https://learnenglish.britishcouncil.org/general-english/podcasts/series-1/episode-01

STEP 5 – Boost language and vocabulary with the 5 tasks provided https://learnenglish.britishcouncil.org/general-english/podcasts/series-1/episode-01

STEP 6 – Ask your students to work in pairs, choose a celebrity and organize the script for an episode in which they introduce the VIP chosen.

Discussion+Debate (B2-C1)

EP2: ‬ Product Targeting & Hotdogs ‬‬‬‬

STEP 1- Warm up activities with questions like

  • What is product targeting?
  • Which ad types support it?
  • Which ad types are best for product targeting?

STEP 2- Visit Amazon homepage with your students. Try and find targeted products

STEP 3 – Personal experience on Amazon. Ask your students if they uy on Amazon and how the choose the product they want to buy

STEP 4 –  Listen to the podcast

STEP 5 – Ask your students to answer the questions

  • What is product targeting?
  • Why is it underutilised?
  • What does this ad look like on Amazon?
  • What are the three pillars for ads on Amazon?

STEP 6 – Discuss and debate about the way Amazon advertises products.

STEP 7 – Ask your students to invent an ad for the last product they bought on Amazon

Project-based learning (B2-C1)

Class podcast

STEP 1 – Ask your students to choose the topic for their class podcast. Here are some suggestions:

  • Travel guide/Virtual guided tour of your city
  • Music
  • Current affairs
  • Around the world in 10 dishes
  • Biographies
  • Book reviews
  • Film reviews

STEP 2 – Listen to a podcast on the topic they have chosen and consider the main features (mood, language, music, sounds)

STEP 3 – In pairs, ask your students to write the script for their episode.

STEP 4 – Record and edit

STEP 5 – Play the podcasts in class. You can give an oral mark for the project.

Flipped classroom (B1-B2)

WW1 poetry

STEP 1 – Introduce historical background

STEP 2 – Divide the class into small groups. Every group will listen to a different podcast

STEP 3 – Ask your students to prepare and present the topic they’ve investigated to their classmates

STEP 4 – In class start each of the following lesson with the presentation given by the students of one group and then, if necessary, integrate with details and information.

Literature (B2-C1)

The history of Literature: 293 Ebeneezer Scrooge 

STEP1 – Work on the novel “A Christmas Carol”

STEP 2 – Work on the background (Use the opening scene of the movie)

STEP 3 – Investigate the main characters starting from the podcast

Podcasts for vocabulary (A1-A2)

 Word of the day

STEP 1- Divide the students into groups

STEP 2 – Give each group a “new word podcast” to listent to

STEP 3 – Ask each group to make 3 sentences using the new word

STEP 4 – Mingling activity: Ask your students to stand up and walk around the class. Provide them with a list of sentences with a blank space that replaces the words you’ve chosen for the lesson. 

EXAMPLE: If one of the words you’ve chosen is SINGER give them a sentence like this one

MY FAVOURITE__________ IS JON BON JOVI

With the help of their classmates they will fill in the blank spaces. Each student will help with the word he has studied so that at the end of the lesson your class will know all the new words.

Le terre rare tra chimica, tecnologia e politica

Questo articolo non esisterebbe se non fosse per le terre rare. Non tanto perché è l’argomento di cui parlerà ma piuttosto per il ruolo fondamentale che proprio le terre rare ricoprono nella tecnologia moderna. Sono infatti alla base del funzionamento di computer e tablet ma le loro applicazioni spaziano dagli auricolari alle turbine eoliche passando per le auto. Quindi sostanzialmente tutta la nostra attuale tecnologia.

Le terre rare sono un insieme di elementi della tavola periodica che comprende tutta la serie dei lantanidi, dal cerio al lutezio, e tre elementi del 3° gruppo lo scandio, l’ittrio e appunto il lantanio. Gran parte di questi elementi ha valenza tre sebbene alcuni siano bivalenti e altri tetravalenti. Questa particolarità è dovuta al fatto che al crescere del numero atomico gli elettroni vanno a completare gli orbitali più interni senza modificare quello di valenza. Questo è alla base della versatilità di questi elementi che sebbene condividano molte caratteristiche chimico fisiche ciascuno ha delle peculiarità.

Il termine terre rare è un po’ fuorviante e un retaggio di tempi lontani. Adesso sappiamo che questi elementi sono abbastanza comuni ma sono ancora necessari processi laboriosi e costosi per isolarli. Infatti, sono presenti in natura sotto forma di ossidi, carbonati, silicati e fosfati combinati ad altri elementi a formare minerali. I più comuni di questi sono la monazite, la bastnaesite, la xenotina, l’apatite e l’uraninite.

Recentemente le terre rare sono entrate nelle cronache dei giornali a causa della loro importanza strategica. Proprio a causa delle loro vaste applicazioni, infatti, la disponibilità di questi elementi gioca un ruolo importante per gli equilibri geopolitici e commerciali. Sono pochi i paesi con ampie riserve di questi minerali e ancor meno quelli con le capacità estrattive e produttive necessarie per isolarli. Attualmente il maggior produttore mondiale è la Cina seguita dagli Stati Uniti e questo non fa che aumentare i punti caldi tra le relazioni internazionali tra i due paesi.

Per approfondire

Il ruolo delle dimostrazioni in matematica

Cara lettrice, caro lettore,

una delle attività principali in matematica è quella della dimostrazione. Tratto distintivo della disciplina, permette di verificare che un’affermazione sia vera oltre ogni ragionevole dubbio. Ma è davvero questo l’unico ruolo delle dimostrazioni?

Dimostrazioni per spiegare

Secondo il professor De Villiers della Stellenbosch University in Sudafrica le dimostrazioni ricoprono altri quattro ruoli oltre a quello di verificare le affermazioni matematiche. Oltre alla verifica, infatti, una buona dimostrazione dovrebbe spiegare il motivo per cui una certa affermazione è vera. Questo ruolo è assente in alcune dimostrazioni ottenute mediante i computer, come quella del teorema dei quattro colori. In quel caso molti matematici concordano che il teorema sia stato verificato, ma che la dimostrazione non abbia portato a un reale aumento di conoscenza.

Dimostrazioni per sistematizzare

Un terzo ruolo delle dimostrazioni è quello di sistematizzare la conoscenza acquisita. Questo ruolo entra in gioco solo nel momento in cui sono già stati dimostrati diversi risultati che, a posteriori, possono essere sistematizzati mediante assiomi e definizioni. In questo caso il lavoro del matematico non consiste nel produrre nuova conoscenza, ma nell’organizzare quella precedente in un quadro unitario che possa fornire un approccio unificante a risultati all’apparenza slegati. La dinamica appena descritta è avvenuta per esempio all’inizio del Novecento con l’assiomatizzazione della geometria e dell’aritmetica.

Dimostrazioni per scoprire

L’attività di dimostrazione di un teorema può permettere ai matematici di scoprire delle proprietà ulteriori rispetto a quelle dalle quali erano partiti. Questo succede ogni volta che una dimostrazione aiuta a capire come generalizzare un teorema, per esempio eliminando delle ipotesi che si sono rivelate superflue.

Dimostrazioni per comunicare

Infine le dimostrazioni hanno un ruolo sociale: quello di stabilire delle forme di comunicazione accettabili all’interno della comunità matematica. Utilizzando questo metodo, matematici di tutto il mondo possono ragionare insieme sulle stesse idee, costruire un consenso o identificare errori mediante controesempi. Secondo il professor Thom dell’Institut des hautes études scientifiques francese, questo aspetto delle dimostrazioni come strumento di comunicazione ha permesso nel corso della storia di evitare o di affrontare in modo tempestivo errori che, se non riconosciuti, avrebbero potuto invalidare l’intero edificio della matematica.

Le dimostrazioni nella didattica della matematica

Secondo il professor Hersh della University of New Mexico, a scuola il ruolo principale delle dimostrazioni non deve essere di verificare le affermazioni, ma di spiegarle. Se una dimostrazione è troppo complessa per gli studenti, Hersh propone di sostituirla con attività diverse, per esempio delle verifiche empiriche (che, nella pratica matematica, sono spesso l’origine delle congetture che poi verranno dimostrate) o la ricerca di esempi e controesempi.

Per approfondire